Capitolo XXX

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Dall'alto le persone sembravano dei piccoli omini con tuniche colorate. Parlavano tra loro, passeggiavano, ridevano. La vita scorreva tranquilla al villaggio e dalla sua postazione si rese conto che era veramente piccolo. Un ammasso di case di pietra dove alcune avevano il tetto di paglia. Lì la parola lusso non esisteva, se non per qualche arredo nella sua stanza e anche lì aveva avuto qualcosa da ridire, ma sua sorella era stata irremovibile dalla sua decisione e suo padre Hasan faceva tutto ciò che la figlia maggiore comandava.

Sef era un tipo insofferente, completamente indifferente alle cose lussuose. Tanto era che nelle mura rocciose della fortezza nulla era poco più che modesto. L'unica meraviglia del posto era il giardino in Inverno. Il villaggio si colorava di un manto bianco, freddo, affascinante e misterioso. Le acque si ghiacciavano in fretta e i venti erano più forti, capace di spazzare via qualsiasi cosa di non abbastanza resistente sul terreno.

Gli stendardi a sfondo bianco con il leone ismailita si muovevano ritmicamente al leggero vento che soffiava da Est, dove il sole era sorto da poche ore e riscaldava l'ambiente con la calda stagione, promettendo un Estate più calda delle precedenti. Le rocciose pareti della fortezza erano abbastanza fresche ed era un ottimo posto dove stare.

Lui amava il freddo, amava i posti freddi, amava stare al freddo. Aveva preso così famigliarità con quel clima –che tanto sia addiceva al suo carattere- che ogni volta che si sfiorava la pelle con i polpastrelli li sembrava di toccare il marmo. Ormai credeva che anche nelle vene il sangue non circolasse più tanto caldo. Lui odiava tutto ciò che era caldo, vivo, palpitante.

Ma cosa più irritante per lui era il fuoco. Lo irritava il sole, la prima palla di fuoco della storia, e odiava ciò che si accendeva nei focolari per riscaldarsi o preparare un pasto. A lui piaceva tutto freddo, esattamente come la morte e macabro come il ghigno che dipingeva le sue labbra quando volgeva lo sguardo fuori dalla grande finestra della libreria. Le mani unite dietro la schiena in una posa pensierosa e professionale, lo sguardo rivolto in un punto non specifico e nella mente un gran caos. Troppo irritante caos.

"Il Sultano Saladino ci invia una missiva per ringraziarci della collaborazione e del fatto di aver preso tra noi la ragazza. E inoltre ci ha inviato delle botti di vino."

Sef sospirò appena, grattandosi con due dita la fronte. Suo padre lo stava sfinendo con i racconti sulle nuove informazioni riguardante Saladino e la sua marcia verso Gerusalemme per conquistarla. Ancora non sapeva le sue vere intenzioni. Non era un tipo che le sbandierava ai quattro venti, neanche con chi gli ha promesso fedeltà.

"Perché lei è così importante? Cos'ha di diverso dalle altre donne?" Chiese, un poco spazientito. Non riusciva a capire. Il Sultano parlava di quella donna, Griet, come se si trattasse di una divinità da venerare e temere. Ma in realtà lui vedeva solo una donna, indifesa e con molti problemi a livello psicologico, ricordando cosa era successo neanche un giorno fa e la sua fuga finita male. Lui capiva lo shock iniziale nell'essere stata acquistata come una schiava, capiva la sua ribellione ma li veniva strano pensare di essere paragonato a Dio. E il solo pensiero lo faceva ridere internamente.

Rimando con lo sguardo al panorama di Masyaf, sentì dei passi dietro di lui, segno che suo padre si stava muovendo all'interno della libreria.

"Non saprei. Ma era la protetta del Gran Maestro, Oddone di Saint-Amand, ed era l'allieva di uno dei cavalieri. Un certo Robert de Sablé. Inoltre, poco tempo fa è stata investita del titolo di dama dell'ordine e prima senatrice della città di Magdala. I cittadini sono molto soddisfatti di lei." Spiegò Hasan, chiudendo con un tonfo il grande libro mastro che fino a poco prima aveva tra le mani.

Anche a lui incuriosiva la giovane dalla chioma bruna e lo sguardo fiero, così diversa eppure così simile alle altre donne che aveva conosciuto in gioventù. Non osò proferire parola però, solo per il fatto che suo figlio avrebbe cominciato a fare domande su domande e non sapeva cosa rispondergli. Neanche lui conosceva così bene Griet di Imara, ma intendeva raccogliere qualche informazione al suo riguardo. Non si fidava mai veramente degli acquisti di sua figlia in fattore di schiavi.

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