Spiegazione

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Mi svegliai di colpo, confusa. Non sapevo quanto tempo fosse passato, o se fossi stata rinchiusa in qualche posto. L'unica certezza era il dolore alla testa che mi pulsava forte alla nuca.

Un rumore metallico mi riportò alla realtà.
—Tu.—

Alzai leggermente la testa, cercando di ignorare la fitta.
—Che succede?—

—Muoviti. Rick ti sta aspettando.—

Mi guardai intorno. Le pareti erano sporche, macchiate di sangue. Per terra rotolavano fogli, rotoli di carta, e su un cartellone c'era scritto: "Giorni senza morti: 0."
Non feci troppe domande. Decisi di seguire la ragazza dai capelli ramati e dagli occhi azzurri.

Mentre camminavamo in quello che sembrava essere una prigione, la mia testa si riempì di domande.
Come avevano fatto ad avere un posto simile? Quanti erano lì dentro? Come avevano eliminato tutti quei mostri?
E soprattutto... ero al sicuro?

—Rick risponderà a tutte le tue domande. Io sono Maggie.—

Alzai un sopracciglio. Intelligente, oltre che bella.
Esitai un attimo prima di dire il mio nome.
—Rose Smith.—

Lei non commentò, limitandosi a condurmi in una stanza. Dentro c'erano due uomini: l'arciere e un altro, con lo sguardo da leader.

Maggie indicò una sedia.
—Puoi sederti qui.—

—Sto in piedi, grazie.—

Mi lanciò un'occhiata, poi uscì lasciandomi da sola con loro. Il silenzio che seguì era pesante, troppo lungo per i miei gusti. Istintivamente controllai il mio taschino: il coltello non c'era più.
Ora ero davvero vulnerabile.

Fu l'arciere a rompere il silenzio:
—Siediti.—

Lo guardai negli occhi. C'era una malinconia profonda nel suo sguardo, qualcosa che riconoscevo bene: dolore. Aveva perso qualcuno, come tutti noi. Ma questo non lo rendeva mio amico.
E di certo non mi faceva abbassare lo sguardo.

—Daryl, tranquillo.— disse l'altro uomo. —Io sono Rick, il capo di questo posto.—

Finalmente distolsi lo sguardo da Daryl per concentrarmi su Rick.
—Rose.—

—Daryl dice che sei sola, senza un gruppo. È vero?—

—All'inizio ero con un gruppo.—

—E loro?—

Abbassai lo sguardo sulle mie scarpe.
—Sono tutti morti.—

Un brivido mi scosse.
—Un attacco improvviso nella casa dove stavamo. Uomini, donne, bambini... tutti massacrati. Sono sopravvissuta solo perché ero fuori a cercare provviste.—

Daryl, che fino a quel momento non mi aveva staccato gli occhi di dosso, distolse lo sguardo e lo posò su Rick, il cui volto perse un po' della sua durezza.

—Mi dispiace.—

—È la vita. Anzi... è questa vita. C'è chi resta e chi se ne va. Non si può vivere nel passato, dobbiamo guardare al presente. Siamo vivi.—

Daryl si irrigidì. Una tristezza improvvisa oscurò il suo volto. Si avvicinò, mi lanciò uno sguardo silenzioso e poi uscì dalla stanza.

—Scusalo.— disse Rick. —Abbiamo perso qualcuno di recente. E tu hai appena detto una frase che quella persona ripeteva spesso.—

—Mi dispiace.—

Rick fece spallucce, sospirando.
—Devo farti tre domande.—

Dopo venti minuti in quella stanza, capii di aver superato il "test". Rick mi condusse altrove.
Un pianto di bambino mi gelò il sangue.

Come poteva esserci un neonato, dopo due anni di apocalisse?

—Questo è il blocco dove viviamo. Non sono ancora sicuro di potermi fidare, quindi per ora dormirai nell'altro blocco. Potrai usare quella cella.—

Era una cella normale, spoglia. Diversa dalle altre, senza foto né scritte sui muri.

—Capisco.—

—Hai domande?—

Scossi la testa. Rick mi fece un mezzo sorriso.
—Di solito non sbaglio. Sarei felice di averti nel gruppo. Daryl dice che hai un arco di legno vecchio, ma una mira eccezionale.—

Alla mia destra c'era il ragazzo con il cappello da sceriffo.

—Lui è Carl.—

—Mi dispiace per prima.— disse il ragazzo.

Lo fissai un attimo. Capivo perché aveva fatto quello che aveva fatto.
—Figurati.—

Rick fece un cenno con la mano.
—Vieni, ti faccio vedere il cortile.—

Era immenso. Non potevo negarlo: ero contenta di essermi fatta catturare da loro.

Non mi fidavo ancora, ma avevo bisogno di riposare. Davvero.

In fondo al cortile, vidi Daryl. Camminava avanti e indietro, da solo.

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