Fuoco

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– Tutto nella norma, Rose. Però ti consiglio di restare a riposo per qualche giorno – disse Siddiq, mentre teneva in mano un aggeggio per misurare la pressione.

Quella mattina, dopo una notte stranamente agitata, mi sentivo più forte. Più coraggiosa. Saranno state le vitamine della colazione, pensai.

Avrei dovuto restare calma, rilassata. Ma diciamocelo: "rilassata" e "apocalisse" non sono parole che possono stare insieme nella stessa frase.

E poi c'era lui. Il mio compagno di casa da qualche giorno. Una presenza che mi causava più stress del necessario.

Scelsi di passare la mattinata in casa. Riposarmi un po', riprendere le forze. Ne avevo bisogno.

Rientrando, mi accorsi davvero di quanto quella casa fosse grigia. Triste, vuota. Per fortuna, un tempo ero un'artista.

Mi addormentai distrutta sul vecchio divanetto. Quel riposo me lo meritavo. Avevo trasformato la casetta in un piccolo rifugio: qualche fiore qua e là, recuperati nel capannone comune. Un tocco di colore in mezzo al nulla.

Sì, ero stata brava.

Dopo non so quanto, qualcosa mi svegliò. O meglio, qualcuno.

Daryl era appena rientrato, portandosi dietro la dolce oscurità della notte. Avevo dormito così tanto?

– Dary... – dissi, ancora stordita.

– Che diavolo è successo qua dentro? – chiese, notando i fiori sul tavolino con uno sguardo che sapeva più di disprezzo che di curiosità.

Ancora mezza addormentata, faticavo a capire se fosse infastidito o solo sorpreso.

– Li ho raccolti stamattina... volevo solo decorare un po' la casa. – cercai di spiegare, sperando in un minimo di comprensione.

Lui sbuffò. – Che cazzate. Tanto moriranno presto.

Sorrisi, ormai abituata al suo modo ruvido di essere. Mi alzai, ma un mal di testa fortissimo mi colpì all'improvviso. Caddi come un peso morto.

– Rose! – esclamò lui.

– Tutto a posto – mentii, rialzandomi a fatica. Notai che aveva fatto un passo verso di me. Come se volesse aiutarmi. Ma si fermò.

– Spero ti piaccia. L'ho fatto solo per rendere la stanza un po' più... solare. Ora vado a farmi una doccia, non ti disturbo più.

– Ve bene – rispose, tagliando corto.

Chiusi la porta del bagno e sospirai.

Non sembrava affatto felice del mio gesto.

– Vaffanculo – sussurrai tra me e me.

Mi spogliai, aprii la doccia. Ma la caduta di prima era stato solo un avvertimento.

Un altro segnale del mio corpo che mi urlava di fermarmi.

Il buio calò davanti ai miei occhi, e caddi.

RIGHT HERE IN MY ARMSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora