Stranamente, tra me e Daryl non era cambiato nulla. Il suo atteggiamento era identico a prima, nonostante ciò che avevamo condiviso. E non mi dispiaceva affatto: non avrei saputo immaginarlo diverso. Era esattamente così che mi piaceva.
— Bene, Rose — disse tra una forchettata e l'altra — mancano solo due giorni al ritorno alla prigione. Questa casa può restare il nostro rifugio fino ad allora.
— Per me va benissimo. Finora non abbiamo avuto problemi, a parte qualche zombie fuori. Il cibo non manca... potremmo quasi considerarla una vacanza — risposi, con un sorriso amaro.
In fondo, quei momenti intimi con lui erano un balsamo in mezzo a tutto quel caos. E dentro di me, speravo che si ripetessero.
Daryl spostò il piatto al centro del tavolo e si alzò.
— Esco un attimo, vedo se riesco a trovare qualche arma. Tu resta qui e controlla la casa.
— Non voglio che tu esca da solo.
Lui si girò di scatto. Avevo detto davvero quella frase? I suoi occhi si posarono su di me, sorpresi ma non freddi. Si avvicinò lentamente e mi baciò la fronte con una delicatezza quasi inaspettata.
— Torno fra un'ora.
Prese arco e frecce ed uscì, chiudendo la porta dietro di sé. La casa cadde in un silenzio pesante.
Dopo mesi di vita comunitaria, e di Daryl accanto a me quasi ogni giorno, quella solitudine mi fece salire l'ansia. Per distrarmi, iniziai a curiosare in casa.
Scoprii qualche foto di una coppia, ricevute, vecchie pubblicità datate 2020. Sembrava tutto appartenere a una vita lontanissima.
In fondo al corridoio, una porta chiusa attirò la mia attenzione. Provai ad aprirla, ma era bloccata. Poi, un ringhio. C'era uno zombie là dentro. O forse più di uno.
Il rumore aumentava. I colpi alla porta divennero violenti, assordanti. Potevano attirarne altri. Afferrata la mia katana, mi preparai al peggio.
— Che diavolo faccio... — sussurrai.
Decisi di aprire. Sperando fosse solo uno.
Davanti a me c'era una bambina. Forse sei anni. Morta da tempo, ma ancora in piedi. Per un attimo restai immobile, sconvolta dalla sua piccola figura deforme. Ma fu veloce. Troppo veloce. Mi balzò addosso. Con un solo colpo la decapitai, il suo corpo si accasciò a terra mentre il sangue schizzava ovunque.
Rimasi a fissarla. Era stata una bambina. Forse i suoi genitori, per proteggerla, l'avevano chiusa lì dentro... e poi non erano più tornati.
Entrai nella stanza. Era la cameretta. Peluche ovunque, giocattoli sparsi. Sul muro, un foglio scritto a mano attirò la mia attenzione:
"Dolce tesoro, stavi dormendo e non volevamo svegliarti. Siamo dovuti andare via per cercare tua nonna. C'è una brutta malattia in città, ma torneremo presto. Sappi che ti vogliamo bene. Sei il nostro angelo. Mamma e papà."
Lessi e rilessi le parole finché un dolore lancinante mi prese lo stomaco. Iniziai a piangere. Un pianto incontenibile. Quella bambina era rimasta sola ad aspettare, senza che nessuno tornasse mai.
Il fiato mi mancava. Guardai verso la porta, dove il suo corpo giaceva ancora, il pigiama logoro e sbiadito. Non riuscivo a muovermi.
Fu allora che vidi Daryl.
— Che diavolo è successo?
Si precipitò da me, evitando il corpo a terra.
— Rose? Sei ferita?
Scosse il capo mentre notava la lettera sul muro. I suoi occhi si fecero duri, ma pieni di compassione.
— Vieni. Fatti una doccia. A questo ci penso io.
Mi prese per un braccio, con dolcezza, e mi guidò fuori dalla stanza. Il nodo in gola non si scioglieva.
Mi tolsi il sangue di dosso con una doccia veloce. Indossai un vestito lungo di lana nero, cercando un po' di conforto. Tornando giù, la casa sembrava diversa. Il corridoio, prima intriso di sangue e dolore, ora era pulito.
— Grazie, Daryl — dissi.
Lui si voltò, lo sguardo severo.
— Quello che hai fatto era pericoloso.
Abbassai gli occhi. Sapevo di aver sbagliato. Avrei dovuto aspettarlo.
— Lo so. Mi dispiace.
Il suo volto si irrigidì per un istante.
— Rose... io non posso. Non posso rivivere la stessa cosa.
Beth. Stava parlando di lei. Me ne aveva parlato, come anche Maggie.
Mi avvicinai.
— Non mi perderai, Daryl.
Con un gesto improvviso, mi prese tra le braccia. E fu lì, tra quelle braccia forti e protettive, che finalmente riuscii a respirare di nuovo.

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RIGHT HERE IN MY ARMS
FanfictionErano passati troppi anni da tutta questa situazione, avevo paura e non vi mentirò che ho passato tutto questo tempo a pensare alla mia vita prima degli altri. Quando incontrai i suoi occhi azzurri, riuscì a percepire tutto il dolore che aveva avut...