Dolore

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Rimasi sicuramente due ore da sola in quella stanza, da quando avevano portato via Daryl. Ogni minuto che passava, la mia paura cresceva, come un peso sempre più schiacciante. La mia mente non riusciva a trovare pace, e il pensiero di Daryl, chissà cosa gli stavano facendo, mi tormentava incessantemente. Non sapevo se fosse vivo o morto, se stesse soffrendo, o peggio... E mentre la fame si faceva sempre più insostenibile, il tempo sembrava dilatarsi, allungandosi in un incubo senza fine.

Poi, improvvisamente, quella luce, sempre la stessa, apparve di nuovo. Seguita da un tonfo, un rumore che mi gelò il sangue nelle vene. Con quella poca luce che entrava nella stanza, vidi la figura di Daryl. Era steso a terra, picchiato a sangue. Un brivido di orrore mi percorse.

Daryl! — urlai, avvicinandomi, ma fu inutile.

Neanche il tempo di muovermi che due mani mi afferrarono con forza, trascinandomi fuori dalla stanza.

Daryl, aiutami! — gridai disperata, ma lui non poteva fare nulla, era troppo debole, troppo ferito. Il suo sguardo mi cercò, ma un'espressione di impotenza e paura mi colpì come un pugno.

Non toccatela, bastardi! — Daryl urlò, cercando di alzarsi, ma fu bloccato.

L'uomo che mi teneva in mano guardò Daryl con un sorriso sprezzante.

Poverino, tranquillo, ora ci occupiamo noi per bene della tua ragazza.

Mi fece sprofondare nel terrore vedere il divertimento nei suoi occhi mentre venivo sbattuta fuori dalla stanza con violenza. Le urla di Daryl si abbassarono man mano che la porta si chiudeva dietro di me. Il suo grido soffocato mi perseguitò, facendomi venire un nodo alla gola.

Mi ritrovai in un'altra stanza. Un uomo, sui 30 anni, dai capelli scuri e dalla barba folta, mi guardava con occhi penetranti, ma il suo volto non tradiva nulla, tranne forse una sfumatura di malizia.

Bene, ora ascoltami. Le cose andranno bene per te se risponderai alle domande che ti faremo. — La sua voce era calma, ma minacciosa. E il suo sorriso... non prometteva niente di buono.

Senza un'altra parola, mi trascinò come una marionetta in una stanza buia, illuminata da una luce fioca. Il sangue, vecchio e fresco, macchiava i muri e il pavimento. Sapevo che era il sangue di Daryl, e il pensiero mi fece rabbrividire.

Mi fece sedere su una sedia e, con mani esperte, mi legò strettamente i polsi dietro la schiena, così che non potessi scappare. Il dolore nei miei arti paralizzati dalla costrizione aumentò, ma non riuscivo a fare altro che stringere i denti e guardarlo. Non dovevo piangere, non dovevo cedere alla paura.

Chi siete? — gli chiesi, cercando di mantenere una parvenza di calma.

Perché siete venuti da noi? — continuai, cercando di ignorare il battito del mio cuore che accelerava.

L'uomo si avvicinò di più, piegandosi leggermente verso di me, i suoi occhi scrutandomi con un'intensità inquietante.

Devi rispondermi.

Non risposi. Non volevo, non potevo. Dovevo restare calma, dovevo pensare a Daryl.

Il colpo arrivò veloce, uno schiaffo che mi fece girare la testa. Il dolore esplose come un fulmine, e la sedia cadde all'indietro con un rumore secco. Sputai sangue, ma non dissi nulla. Li guardai con odio, cercando di mantenere un minimo di dignità.

È solo questo che sai fare? — sputai, sentendo la rabbia crescere dentro di me.

La mia vista iniziò a offuscarsi. Non capivo più cosa stesse succedendo, e il dolore mi schiacciava. Quando ripresi i sensi, mi accorsi di essere di nuovo sdraiata per terra nella cella, con Daryl accanto a me.

Il mio corpo era martoriato, e un forte sapore di sangue metallico mi invadeva la bocca. I dolori erano così forti che non riuscivo a muovermi, ma la presenza di Daryl mi dava una parvenza di conforto. Non ero sola.

Mi toccai il petto. Per fortuna, i miei pantaloni erano ancora al loro posto, ma mi mancavano gli altri indumenti. Un brivido di paura mi fece gelare il sangue, ma un sospiro di sollievo mi scivolò via appena mi accorsi che non era accaduto nulla di più terribile.

Daryl... — la mia voce era debole, ma la chiamai. Parlare mi faceva male, come se ogni parola fosse un colpo al cuore.

Daryl... — ripetei, la paura mi paralizzava. Iniziai a piangere, non riuscivo più a contenere il dolore. Avrei preferito essere morta, trasformata in uno zombie, piuttosto che vivere un altro istante in quel tormento.

Rose, sono qua a destra. — La sua voce, debole ma sempre presente, mi raggiunse.

Cercai di muovermi, ma i dolori mi impedirono di farlo velocemente. Finalmente, gattonando, mi avvicinai a lui, incollandomi al suo fianco. Era l'unica persona che riusciva ancora a farmi sentire al sicuro.

Andrà bene... ho un piano. — mi disse, cercando di infondermi un po' di speranza. Ma in fondo, sapevo che, qualunque fosse stato quel piano, sarebbe stato l'unico modo per uscire vivi da quella trappola.

RIGHT HERE IN MY ARMSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora