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Sdraiata sul petto nudo di Finnick ascoltai il battito del suo cuore.

Mi sentivo tranquilla. Anche se la consapevolezza di starci nascondendo dal Campidoglio era ben salda in un angolino della mia mente.

"Dovremmo tornare dove sono tutti, non vogliamo che si insospettiscano." Scoppiò in una piccola risata, la voce un po' roca, gli occhi luminosi. "Probabilmente hai ragione. Roland vorrebbe la mia testa." Mi sorrise dolcemente.

Ci alzammo pigramente, nessuno dei due desideroso di tornare alla realtà, e gli tesi la sua attrezzatura mentre mi aggiustavo la camicia.

"Bene, puliamo bene." Finnick rise malizioso. Alzai gli occhi su di lui. "Tutti in Campidoglio pensano che siamo morti, se  solo sapessero".  Ammiccò scherzoso. "Eww Finn, che schifo!" Risi, il cuore leggero.

Mentre mi sistemavo i capelli in una coda di cavallo, le mani di Finnick si posarono sui miei fianchi, le sue labbra tracciarono scie umide sul mio collo. Mugugnai di piacere e appoggiai la nuca sulla sua spalla. 

"Un altro round?" Sorrisi tentata, desiderando di poter dire di sì, ma sapevo che non avremmo dovuto. "Finnick". Lo ammonii. Sorrise colpevole.

"Lo so angelo. Solo che non lo facciamo da molto tempo." Alluse. "EHI!" Lo rimproverai. "Abbiamo detto che non ne avremmo parlato!" Si mosse e si aggiustò le scarpe.

"Ops." Disse innocentemente. Scossi la testa. "Almeno questo te lo ricordi." "Vorrei non averlo fatto." "Ma era la nostra prima volta." Si imbronciò. "Era sesso di pietà." Controbattei ridendo, arrossendo di imbarazzo al ricordo.

"Allora? Peccato che il sesso sia ancora vero sesso." Roteai gli occhi al pensiero.

Era stato quando Atom era diventato un cliente abituale per me. Tornavo nel mio appartamento e Finnick era sempre lì. Un giorno gli chiesi se avesse mai voluto sapere cos'era il vero sesso. Quello armonico, dolce. E una cosa tirò l'altra. Potete immaginare il resto.

Uscimmo dalla stanza, con discreta nonchalance. Nessuno alzò lo sguardo, continuarono a mangiare. Mi sedetti vicino a Peeta ma Finnick si frappose fra noi, fingendo disinteresse.

"Ehy Cypress". Bisbigliò Roland seduto all'altro lato di Peeta. "Puoi prendermi l'acqua dalla borsa?" Annuii e aprii la sua borsa. I miei occhi caddero su un taccuino familiare.

"Roland?" Stavo per chiederglielo ma scossi la testa. Doveva avere una buona ragione per avere il mio taccuino. "Qui." Gli passai l'acqua. "Grazie."

Mentre non stava prestando attenzione, con un movimento rapido frugai nella borsa, afferrando il taccuino e sfogliandolo velocemente.

La capitale.

Il respiro si bloccò in gola. Probabilmente aveva letto. Passai alla pagina successiva che era bianca.

Non avevo scritto molto che non avesse già saputo di Blossom e di come gli avessi mentito.

 La televisione si accese nel completo silenzio, la musica dei tributi caduti riverberò con irruenza nella stanza mentre una sfilza di volti familiari scorse sullo schermo.

Cressida 

Campidoglio

Castor

Campidoglio

In sottofondo esplose un cannone. Proprio avrebbe fatto nei giochi. Che cazzo di scherzo malato era questo?

Brute // Finnick Odair (traduzione italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora