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Per tutta la vita mi ero sentita maledetta. Mi ero sentita come se fossi fuori posto, come se niente fosse mai adatto a me. E forse era davvero così.

Mio padre morì quando avevo dieci anni.

A diciotto anni fui scelta per gli Hunger Games.

Durante gli Hunger Games promisi di mantenere in vita il mio partner. Invece fui costretta ad ucciderlo.

Vinsi miei giochi, ma fui venduta come prostituta.

Tutto quello che avevo non era mio. Era tutto di Snow. Il mio appartamento, il mio cibo, i miei vestiti, persino il mio corpo.

Due mesi dopo i miei giochi mia madre morì. In realtà fu uccisa.

Snow l'aveva uccisa.

A ventitré anni venni mietuta negli Hunger Games. Di nuovo.

 Alla fine sono riuscita a mantenere in vita il mio partner, ma sono stata catturata e utilizzata come cavia in Campidoglio.

Ho perso la memoria. 

Ho perso Blossom. L'unica persona che non mi guardava come se fossi un animale o un assassino. Ma sono stata io stessa ad ammazzarla. 

Una vita non vissuta, rovinata.

E tutte queste cose si riconducono ad un unico uomo, un uomo ridicolo. Il presidente Coriolanus Snow. 

O Snow come mi piace chiamarlo, visto che il titolo di Presidente non lo meriterebbe nemmeno dopo 100 vite.

Ora sto qui. In cima alla scala, mentre la mia unica famiglia se n'era andata, o stava per farlo lottando per risalire.


"FINN! ROLAND!" Strillai terrorizzata mentre i loro corpi venivano scagliati indietro. Poggiai il piede sul primo piolo della scala prima di venirne strattonata via. 

"Lasciami andare Katniss!" Ringhiai divincolandomi. "Non puoi andare laggiù!" I suoi occhi si fissarono nei miei. "Devo salvarli." Mi sorpresi nel constatare che nessuna lacrima mi avesse inumidito gli occhi. Tentennai sulla scala, fremevo nella presa di Katniss dall'istinto di calarmi e raggiungere Finnick e Roland. 

Del metallo urtò la scala,  i miei occhi guizzarono in basso e vidi Finnick risalire. Il sangue gli sgorgava copiosamente dalla spalla, appiccicando la sua pelle al tessuto delle vesti. Tirai fuori la mia pistola e centrai tutti i bastardi che cercavano di afferrarlo da dietro. 

Una volta che mi tesi abbastanza da raggiungerlo, lo afferrai stretto. Il nodo che avevo nello stomaco sembrò essersi allentato mentre costringevo le mie mani, molli e deboli dallo spavento, a mantenere una presa ferrea su Finnick. 

"ROLAND!" Urlai quando Finnick fu in salvo. 

 Non ci fu risposta.

"ROLAND!" Per favore rispondi per favore! I miei occhi si fecero umidi.

"ROLAND". Rispondi per favore! Mi ritrovai a pregare ad occhi chiusi, le nocche sbiancate dalla violenza con cui stavo stringendo la presa sulla scala. 

"CYPRESS!" Un grido echeggiò. "UCCIDIMI!" Il mio cuore cadde. Fu come se il tempo fosse rallentato, il mondo esterno passò in sottofondo, ovattato rispetto alla moltitudine di pensieri che si accavallavano rapidi nella mia mente. Fissai il vuoto in trance, sentivo il pizzicore dei miei riccioli rossi sulle guance, il freddo della scala sui miei palmi. Ma non sentivo davvero. 

Non potevo. No, non avrei potuto. Ho bisogno di lui. No. Non avrei potuto. No. Non potevo. Ho bisogno di lui. No. Non avrei potuto. No non potevo. Ho bisogno di lui. No. Non potevo. No non potevo. Ho bisogno di lui. No. Non potevo. No non potevo. Ho bisogno di lui. NO.

Ho bisogno di lui. Ho bisogno di lui. Ho bisogno di lui. Ho bisogno di lui. Ho bisogno di lui.

"CYPRESS!" La bolla in cui ero sprofondata scoppiò improvvisamente e il tempo tornò veloce, lasciandomi ancora impreparata e persa ad affrontare gli attimi successivi. Mi voltai e vidi Katniss aggrapparsi a Finnick. I suoi occhi si stavano chiudendo e, per quel poco che sapevo di medicina, non era un buon segno. Dovevo sbrigarmi.

Scesi dalla scala e mi avvicinai al suo corpo, inerme a terra. I suoi occhi sofferenti si alzarono su di me, una luce di rimpianto e orgoglio brillava in loro.

Alla fine una lacrima mi rigò il viso. Sforzai di imprimermi quell'ultimo istante nella memoria, insieme agli altri diecimila che avevo vissuto con lui, con Roland. 

Afferrai il suo arco e una delle sue frecce infuocate.

"Puoi?" Rantolò, sapevo cosa avrebbe chiesto.

Tesi la corda dell'arco.

È quello che vuole. E quello che vuole. E quello che vuole. E quello che vuole. È quello che vuole. Provai a ripetermi.

Gli sorrisi con pietà, desiderando di non lasciarlo morire nell'indifferenza, ma prima che me ne rendessi conto le mie dita lasciarono la corda. 

Le sue urla di dolore finalmente cessarono. 

Un canone esplose nella mia mente.

Persone che ho ucciso:

Leo

Zayne

Elliot

Louise

Piers

Reign

Atlantis

Paisleigh

Edmund

Adelynn

Panlo

Cecelia

Madre

Padre

Blossom

Forse Lilac

Roland

Un mentore, un padre. In quel momento mi sentii ancora più sola, di una solitudine meritata. Nessuna giustificazione avrebbe mai tolto il peso dell'avergli tolto la vita.

Silenziosamente tornai indietro, con la mascella contratta misi il braccio intorno alla vita di Finnick, Katniss ed io faticammo per tenerlo su.

"Uccidimi". Borbottò semicosciente. "Usa l'arco, o la pistola, o la tua spada. Fallo e basta." Si lamentò. "No! Non lo farò!" "Angelo." "NO." Sbottai tetra. "Dammi solo il nightlock." Supplicò.

Scossi la testa cupa. Si abbassò ed estrasse debolmente qualcosa dalla tasca. Nella penombra intravidi i brillanti toni della pillola viola.

Brute // Finnick Odair (traduzione italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora