28.

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Kenneth ebbe modo di rimpiangere più volte la propria scelta nel corso della notte, rannicchiato a terra accanto alla merce. La casa nuova allestita per loro aveva un'ampia stanza d'ingresso che avrebbe accolto il tavolo e le sedie che sarebbero arrivati il giorno successivo, ora ingombra di casse e barilotti che emanavano un lieve sentore di alcol che penetrava dalle scure assi fumigate. Più volte Ken si ritrovò con la testa che ciondolava sul petto e dovette darsi dei crudeli pizzichi per tenersi sveglio; in un paio d'occasioni trasalì scorgendo un'ombra scura avvicinarsi alle finestre ed era scattato in piedi come un pupazzo a molla per poi trovare solo l'ennesima fronda di albero che si muoveva al vento che aveva ripreso a fischiare brioso poco prima del sorgere del sole.

Alle prime ore del mattino, con il cielo di quell'incerto blu tremolante pronto a virare al turchese nel giro di poco, udì un lieve bussare alla porta che gli fece fare un salto per lo spavento, non avendo minimamente udito dei passi premonitori.

«Sono Hazel, posso entrare?»

Dalla porta sbucò la folta chioma riccioluta di sua cognata, che entrò portandosi appeso al braccio un cesto di vimini al cui interno tintinnarono quelli che promettevano essere dei barattolini di unguento.

Kenneth si accigliò appena, cercando di ricordare tra le brume dei ricordi di quella notte eterna quando avesse acconsentito a che la moglie di Ross venisse da lui, poi ebbe un flash e annuì impercettibilmente.

«Aye, grazie, non dovevi. Ho detto a mio fratello di non scomodarti...»

«E infatti non lo stai facendo» lo fermò lei, placida, e gli si inginocchiò di fianco ignorando la mole scura e informe della merce nascosta dagli spessi doppi teli saggiamente messi da Lyon. «Vediamo un attimo» borbottò, concentrata, alzandogli il mento con due dita in modo da esporre il volto alla prima debole luce mattutina che stava iniziando a filtrare dalle finestre. «Mh, un bel lavoretto» commentò asciutta iniziando a rimestare rapida nel cesto accanto a lei.

«L'altro però è conciato peggio» ci tenne a precisare lui in un impeto d'orgoglio che fece increspare appena le labbra piene della cognata.

«Non ne dubito. Sei tale e quale a tuo fratello, sai?» Gli pulì piano gli zigomi con un panno umido per poi applicare su ogni superficie libera della faccia un unguento denso e profumato con tocco leggero e delicato, il visetto a cuore concentrato a captare una sua possibile reazione al proprio gentile operato.

Ken si era aspettato una ramanzina o qualcosa di simile, ragion per cui aveva preferito evitare il contatto tanto con lei quanto con qualsiasi altro membro femminile della famiglia: si stupì del piacevole silenzio pacifico sceso tra i due, i contorni vaghi della sala che lentamente prendevano forma assieme alla crescente luce nel cielo spazzato dalle nubi.

«Fermo: fammi vedere le mani» lo bloccò nel momento in cui stava già per sgusciare via terminato il lavoro sul proprio viso, e sorpreso allungò le braccia verso di lei.

«Va' qua: anche Ross si dimenticava delle mani e poi passavano giorni prima che gli si rimarginassero i tagli» gli mostrò con malcelato orgoglio le nocche scorticate su cui poi si chinò e riprese con la sua meticolosa routine a pulirgli le dita prima di affondare la mano nel vasetto aperto in grembo. «Unguento di genziana. Ai tempi pure mia madre lo usava in grosse quantità per mio fratello.»

«Più piccolo?»

«Sì, esatto.» Hazel esitò una manciata di secondi prima di rispondergli, meravigliata di aver intavolato quel primo accenno di conversazione con suo cognato dopo quasi un mese. «Nick. In effetti... ha proprio la tua stessa età.»

«Gran bella annata, il 1782.» Kenneth si produsse in un accenno di sorriso, per quel che i lividi e i vari tagli gli permettevano, mentre l'altra ridacchiava piano alla battuta.

Of Seamen and Maidens - LUNA NUOVA E ALTA MAREADove le storie prendono vita. Scoprilo ora