12. Voglio ballare nudo

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Milano - Marzo 2020

Marco POV

Mi sentivo abbandonato, solo, stupido. Sapevo che tutto il mondo stava provando le stesse cose che stavo vivendo io, ma io non riuscivo a trovare nulla di positivo in quel periodo. Era l'ennesima crisi nera negli ultimi due giorni, ormai mi ritrovavo così spesso ad avere attacchi di panico forti e a cui non avevo rimedio. Non riuscivo neanche a parlare al telefono con amici e familiari, perché mi stavo completamente chiudendo in me stesso. Ale che era l'unico che sentivo tutti i giorni, stava provando a tirarmi su di morale, ma lui era a casa con sua mamma, non era solo e forse per lui era diverso. Non capiva davvero come io mi sentissi, chiuso in quelle quattro mura, senza nessuno dei miei sfoghi più grandi: musica, tennis e le cene con gli amici.

"Marco ma perché hai sempre quella faccia? Vedrai che fra poco saremo tutti liberi."

"Mi manchi." Lo dissi con un sussurro, come se mi mancasse realmente l'aria, come se fossi chiuso in carcere.

"Anche tu." Il suo viso era teso, dispiaciuto, perché lui la stava gestendo molto meglio di me.

"Perché non vieni qui?" La buttai lì così, perché non riuscivo più a stare lontano da lui.

"In che senso?" Il suo viso era perso, come se gli avessi appena chiesto qualcosa di assurdo.

"Nel senso che ormai sono tanti anni che, ecco... ci frequentiamo. Forse potresti venire a vivere a casa mia. Dici sempre che la tua cameretta ti sta un po' stretta."

"Marco..." La sua voce era così bassa, flebile, che quasi non era udibile.

"Sì, ok... scusa... fai finta che non ti abbia chiesto. Ecco... io" mormorai, grattandomi la barba.

"Marco..." disse ancora lui, ma io avevo abbassato lo sguardo, non lo guardavo più perché mi sentivo completamente stupido, dietro quel telefono, quello stupido telefono.

Quel pensiero mi balenava in testa da tempo, ancora prima che arrivasse la pandemia. Non gliele avevo mai parlato, perché mi sembrava una cosa affrettata e per la paura che lui non avesse le mie stesse idee. Non avevo progettato di dirlo in quel momento, anzi... probabilmente sarebbe passato ancora diverso tempo prima che io glielo chiedessi davvero. Però il dolore che provavo era talmente grande, che quella domanda uscì dalle mie labbra, come fosse un bisogno primario.

"Mi stai ascoltando?" Mi chiese Alessandro.

Tornai immediatamente alla realtà, non avevo sentito una parola di quello che aveva detto, lo guardai e lo vidi piangere.

"Mo' piangi?" Chiesi dubbioso.

"Voglio vivere con te. Svegliarmi e andare a dormire con te. Condividere le lavatrici e le pulizie domestiche. Sì, voglio tutto questo."

Sbarrai gli occhi, avevo le mani che tremavano. Quasi non mi sembrava reale quello che stava dicendo, perché le mie paure avevo di gran lunga offuscato la mia lucidità. Scoppiai a piangere, ero felice; ma felice davvero. Felice come la prima volta che lo baciai, o come la volta che mi aveva a sorpresa raggiunto a NY, o come quella notte che sembrava tanto lontana sotto la luna di Budapest.


Alessandro POV

"Voglio vivere con te. Svegliarmi e andare a dormire con te. Condividere le lavatrici e le pulizie domestiche. Sì, voglio tutto questo."

L'avevo detto davvero? Eppure mi sembrava tanto assurdo che quelle parole fossero uscite dalla mia bocca. Non ero tipo da queste smancerie, non ero tipo da convivenza, da discussioni su bollette e lavatrici. Certo che mi piaceva l'idea, era bello pensare di poter dormire tutte le sere con lui, ma ero davvero pronto a questo passo? O lo stavo facendo solo perché non riuscivo più a vederlo in quello stato? Così triste, così fuori di se, così lontano dalla persona che conoscevo.

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora