11. Duemila volte

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Budapest - Settembre 2019

"Ale vuoi che guido un po' io?"

Lo osservai mentre con decisione scuoteva la testa e mi teneva la mano stretta alla sua, appoggiandola al cambio della sua Jeep.

Avevamo deciso di partire solo qualche ora prima, presi da un inafferrabile desiderio di viverci a pieno lontano da tutto; come in passato. E mentre cercavamo la meta giusta, osservando la cartina sul telefono, era stato lui a proporre proprio Budapest. A me non importava molto, bastava stare insieme. Ormai erano più di due anni che che ci frequentavamo con costanza, non avevamo ancora definito nulla. Entrambi non amavamo parlare di noi apertamente, preferivamo più viverci ogni singola emozione, ogni singola giornata, con la consapevolezza, non detta, che nessuno avesse mai prima di ora, provato nulla di simile per un essere umano. Io sicuramente non avevo mai sentito niente del genere per nessuno, niente di paragonabile almeno. Scappare lontano con lui, sembrava l'unica cosa possibile in quel momento e come sempre, avevamo deciso di farlo a nostro modo. Caricammo due valigie, due sacchi a pelo e una tenda abbastanza grande per contenere il nostro amore, ma, forse per quello non sarebbe bastata neanche una villa.

"Ma sei sicuro che si monta in questo modo?" Gli chiesi divertito, osservandolo mentre con fatica cercava di tenere in piedi quella fottuta tenda.

Io avevo fretta, sentivo il bisogno sviscerale di averlo mio, sentirlo mio, di sentire i suoi sospiri nel mio orecchio. Non potevo aspettare altri minuti per quello, o meglio non volevo aspettare altri minuti.

Finimmo per ridere come due bambini, mentre ci baciavamo, appoggiati alla macchina, sopra di noi la luna era talmente luminosa, che sicuramente su quel momento entrambi avremmo potuto scriverci dieci canzoni.

Più tardi, quando i nostri ritmi cardiaci tornarono normali, ci ritrovammo abbracciati a raccontarci delle nostre paure, come mai prima; con una sigaretta in bocca, e le mani intrecciate.

"Ma davvero hai paura di questo?" gli chiesi dolcemente.

"Si beh, si. Ho paura di non essere all'altezza della tua bellezza. Lo trovi così assurdo?"

"Per questo ti stai invasando con la palestra?" Osservai, feci scorrere la mia mano sulla sua guancia. "Alessandro, tu sei bellissimo, in ogni tuo aspetto. Non ti devi sentire inferiore, in nessuno aspetto della mia vita, perché così mi offendi oltre a non capire che non è la verità."- Lo dissi con un tono di voce un pò rabbioso, mi feriva forse in parte quello che aveva detto.

"Si ok, va bene. Scusa, non volevo ferirti."

"Non importa ma non dirlo mai più." Lo baciai e poi entrambi ci girammo uno verso l'altro, per guardarci negli occhi, stesi sul materassino di quella tenda.

"Vorrei che fossimo sempre così, come ora, con questa luna." Lui mi strinse la mano ancora più forte.

"Ti amo" mi disse e io mi emozionai all'istante, perché tante volte lo avevo sentito ma quella era la prima volta in cui ci credevo davvero.

"Ti amo anche io."

E di nuovo respiri, sospiri, mani intrecciate, baci infuocati. Di nuovo io e lui, insieme, come se fossimo un essenza unica.

-

Stare in quella bolla di anonimato era la cosa più bella che potessimo vivere, nuovamente dopo tempo passato a nasconderci nelle nostre case. "Quanto sei bono oggi" commentò lui tirandomi una pacca sul sedere.

Io risi, e poi spostai lo sguardo su di me. "Per un semplice jeans con una maglia bianca?"

Rise e poi mi baciò, dolcemente. Le sue labbra erano così morbide, così delicate.

"Appunto."

Mi strinse la mano e io la baciai, perché non potevo desiderare persona migliore per la mia vita, non potevo desiderare posto migliore dove stare, se non fra le sue braccia.

"Ale, ma lo sai che la prima volta che ti ho visto, ho pensato che fossi una fighetta pazzesca, non so se te lo ricordi."

Continuavamo a camminare mano nella mano, come se fossimo solo due uomini innamorati e null'altro. "Io mi ricordo solo che tu eri super gentile e io ero tanto a disagio."

Deglutii piano, non riuscivo a capire cosa intendesse, o forse non mi ricordavo benissimo delle sue espressioni quel pomeriggio. "Effettivamente non ne abbiamo mai parlato. Perché a disagio?"

"Tu eri così bello, grande, esperto, risoluto." Mormorò lui e si grattò il mento, come faceva spesso quando provava a ricordare i dettagli di qualche avvenimento.

"Risoluto non lo sono neanche adesso."

"Ma lo eri molto più di me, su tante cose"

Sospirai, non era così, o almeno non era così che la vedevo io. "No Ale sul vivere serenamente la tua vita sei sempre stato tu quello più risoluto fra noi due. E ti ricordo che in quel periodo ero in forte crisi con il lavoro; quindi, non lo ero neanche in quello."

Ridacchiai, ricordando con esattezza quel periodo della mia vita, dove mi ero ritrovato a dubitare di ogni cosa. E poi era arrivato lui, mi aveva sconvolto qualunque pensiero e qualunque certezza.

"Non ti ho mai ringraziato per tutto l'aiuto che mi hai dato in quel periodo buio."

"E io non ti ho mai ringraziato per essere stato il mio primo fan, mi hai incoraggiato e fatto credere in me stesso, senza di te non avrei mai vinto Sanremo."

Ci abbracciammo, entrambi ci eravamo stati, entrambi avevamo desiderato esserci, senza dire per sempre, ma di esserci a prescindere da tutto. E quella era l'unica cosa che realmente contava.

"Mi prometti che comunque vada, quando penserai a me, ti ricorderai sempre di questo momento? Di questa luna che illumina i nostri visi e di questa tenda mezza smontata dove ci siamo detti per la prima volta Ti amo?"

Una lacrima scese sul mio viso, quelle parole tanto dolci erano uscite dalla bocca di Alessandro, quanto era cambiato in questi due anni, quanto era emotivamente cresciuto, un tempo non le avrebbe mai dette queste cose. Entrambi stavamo imparando dall'altro, e forse solo in quel momento capii che una relazione era anche quello: prendere gli aspetti positivi dell'altro e farli un po' nostri, alla fine il cambiamento era solo frutto di maturità e crescita.

"Te lo prometto."

"Ti amo." 

"Non smettere mai di dirmelo."


"Vorrei provare a non amare la tua faccia
Ma è come non portare gente ad una festa
Ci vuole tempo
E noi crediamo nella fretta
Cerchiamo voli per andare a Londra
Vorrei scordarmi per un giorno di me stesso
Quando torniamo alle sei
Mi guardi e ti dico
Che vorrei un'altra sigaretta
Una vita perfetta
Vorrei la tua bellezza
Vorrei la tua bellezza"

Duemila volte - Marco Mengoni

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora