46. L'aria non è la stessa e forse neanche tu

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Marco POV

Mi svegliai, stropicciando gli occhi infastidito dalla luce di Giugno che mi cadeva sul viso, entrando dalle fessure lasciate aperte della tapparella. Andrea stava ancora dormendo, i raggi gli illuminavano la schiena, e io avrei voluto baciargliela subito da quanto era bella.
Guardai l'orologio, erano le dieci del mattino. Sbuffai perché non era da me svegliarmi così tardi, ero tendenzialmente un tipo mattiniero, anche se di sera non andavo mai a letto prima delle due di notte.
Forse erano troppe poche le ore di sonno nella mia vita, ma mi sembrava di sprecare troppo tempo, e poi di notte era sempre il momento migliore per l'ispirazione, quella bella, quella dolce.

Cercai di alzarmi senza fare rumore, ma andai a sbattere contro la scrivania, come se non fosse sempre stata lì, in quel punto esatto, dentro la mia stanza.
Lo vidi muoversi e girarsi verso di me, coprendosi gli occhi dalla luce.

"Scappi?"

"No volevo prepararti la colazione."

Mi avvicinai a lui e gli accarezzai una guancia, lui girò la testa e mi baciò il dorso della mano, creandomi dei brividi immediati che correvano veloci dalla colonna vertebrale alla punta dei piedi.

"Non voglio mangiare. Vieni qui."

Mi prese il braccio e io sospirai. "Sicuro?"

"Anzi, si. Voglio mangiare, ma te."

Mi tirò a sé e io mi lasciai cadere a letto, godendomi le sue carezze che a poco poco diventarono sempre più spinte, sempre più focose.
Era innegabile come fra di noi ci fosse una chimica quasi rara e quanto questo fosse determinante nel mio coinvolgimento nei suoi confronti, che più ci stavo insieme, più inevitabilmente cresceva veloce come un fiume in piena.

Andai realmente a preparare la colazione, mentre lui rimase a letto sotto mia insistenza e nonostante le sue rimostranze in merito.

Mentre facevo il caffè, mi misi a pensare a quanto tempo era che non mi sentivo così bene con qualcuno, pensai a quando risalisse l'ultimo ricordo così bello e in testa mi venne in mente solo un'immagine, nitida e definita, come se non fossero passati anni da quel momento.

Alessandro.

La prima volta che avevamo fatto l'amore. Ricordavo tutto, persino i dettagli più stupidi, persino il mio stato d'animo un attimo dopo. Mi ricordai la sensazione di pienezza di quel momento, come se mi sentissi per la prima volta completo e come se non avessi mai fatto davvero l'amore prima, come se in verità prima non ci fosse mai stato niente.

Quello che provavo ora era diverso, era più maturo forse il mio atteggiamento, più protettivo, ma non per questo dovevo ritenerlo inferiore per forza. O forse si, ancora non lo sapevo.

Scacciai quei pensieri, perché quando iniziai a pensare a tutto ciò sapevo già, che sarebbero iniziati i problemi e io di problemi in quel momento non ne volevo neanche mezzo.

Presi un vassoio e portai a letto il cappuccino e le fette biscottate, con la nutella, oggi andava bene così una carica di zuccheri faceva sempre bene al cervello, così come una romanticheria banale, poteva far bene al cuore.
Appena vide il vassoio gli si illuminarono gli occhi.

"E se poi mi abituo a queste attenzioni?"

"Magari voglio che ti abitui."

Mi pentii un secondo dopo averle pronunciate quelle parole, non avrei dovuto dire nulla di simile, almeno non prima di spiegargli tutta la verità.

"Così quasi quasi ci credo."

"Mangiamo ora, che dopo dobbiamo parlare."

Vidi del leggero panico nei suoi occhi, come se i discorsi che era giusto fare in realtà lui non li volesse sentire, forse per la paura di rovinare quella bolla di felicità che ci eravamo costruiti.

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora