52. Ho fatto un po' di ordine nel caos e resti solamente tu

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Alessandro POV

Non avevo chiuso occhio quella notte, dopo mesi passati in letti di camere di hotel, a volte comodi a volte invece un po' meno, ora che mi trovavo nel mio (anche se non del tutto), il mio corpo invece di captare la necessità di riposarsi, aveva deciso autonomamente di stare allerta, vigile e sveglio più che mai. Forse perché, per la prima volta, avrei voluto essere in qualunque posto del mondo ma non lì, con addosso lo sguardo preoccupato di tutti i mie parenti e nella testa una tristezza che mi proibiva di gioire per un tramonto, come avevo sempre fatto in tutte le estati passate lì.

Mi ero appena appisolato leggermente, nonostante la luce del sole che entrava dalle persiane. Non avevo guardato l'orologio e non sapevo che ore fossero, sapevo però che era già mattina inoltrata visto che al piano di sotto, sembrava essere in corso una guerra, che mi fece - oltre che spaventare - scattare in piedi, come se avessi una molla sotto i piedi.

Sbuffai così forte, che ero quasi certo che mi avessero sentito, non mi degnai neanche di indossare una maglietta perché avevo giusto intenzione di scendere e chiedere per favore di abbassare i toni.

Quando scesi, vidi subito mia mamma che faceva un gran baccano parlando con qualcuno che era seduto sul divano.

Sentii la sua voce, ma non lo potevo vedere perché era coperto dallo schienale. Quella voce mi sembrava così famigliare, ma scacciai subito il pensiero, probabilmente il sonno mi stava facendo brutti scherzi, oppure mi mancava così tanto che adesso avevo pure iniziato ad avere allucinazioni realistiche - sì perché quella voce mi sembrava tanto quella di Marco.

"Mamma si può sapere che stai facendo?"

Tutto si gelò attorno a me, mia mamma si girò sorpresa verso di me, e la persona che era nascosta dal divano si alzò improvvisamente in piedi.

Marco.

Lo guardai. Era lui. Davvero lui, davanti a me.

"Marco... cosa..."

Potevo sentire il cuore in gola, battere così forte che avevo paura che mi venisse un infarto tempo due secondi.

"Sto sognando?" Mormorai a me stesso, più che a loro.

Marco fece mezzo passo verso di me e io mi girai verso mia madre.

"L'hai chiamato tu?"

"No, mi ha chiamato ieri chiedendomi se potesse venire. Vi lascio soli."

Non la vidi neanche andarsene, mi ero girato verso Marco e il mio campo visivo era confuso, non vedevo altro che lui.

"Tu... cosa ci fai qui?" Balbettai tremando.

In quel momento potevo sembrare un completo idiota, perché mi sembrava di vivere un sogno o forse un incubo, visto che non sapevo il reale motivo per cui fosse lì, in Sardegna, da me.

Marco non parlava, non diceva nulla. Mi continuava a guardare come se avesse visto un fantasma.

"Sei dimagrito. Mangi?"

Scoppiai a ridere, una risata isterica che poteva racchiudere tutto ciò che stavo provando in quel momento.

"Ti prego Marco, rispondi."

"Mi ero preparato un discorso."

Abbassò lo sguardo per un istante e poi senza aggiungere null'altro si avvicinò velocemente a me, mi prese il viso fra le mani e mi stampò un leggerissimo bacio a stampo.

"Alessandro, io non so un cazzo ma l'unica cosa che so è che ti amo e che non voglio più stare un giorno senza saperti felice, accanto a me."

Deglutii appena, i miei occhi si fecero piccoli, come due fessure nel buio di una notte piovosa, ma per la prima volta da mesi ci vedevo benissimo, finalmente la luce del giorno era distesa davanti a me.

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora