43. Perché per troppo tempo ho scelto te dimenticando me

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Marco POV

Fissai il divano vuoto, che fino a pochi minuti prima aveva addosso il peso della persona che per me era l'impersonificazione dell'inferno e del paradiso. Alessandro non c'era più era andato via, davanti a me solo i mille dubbi di quel gesto senza spiegazioni, senza motivi reali. La verità era solo una era un grande egoista e un ragazzino, seppur ormai non fosse neanche tanto piccolo. Era cresciuto, ma restava sempre il bambino che sbatteva i piedi quando le cose non andavano come voleva e desiderava lui.

"Cosa è successo?" Mi chiese Francesco sospirando.

"Dovresti chiederlo al tuo amico."

"Adesso non ci sono amici, stiamo lavorando e mi dispiace per quello che è appena successo, anche se non ne capisco il motivo."

"Non dirlo a me."

Presi velocemente la mia borsa e con un gesto rabbioso ci misi dentro tutte le mie cose.

"Mi dispiace tanto, cerco di risolvere come sempre i casini che crea Alessandro."

Mi girai velocemente e scappai fuori dalla stanza. Dopo pochi minuti stavo guidando, con gli occhi gonfi della rabbia che in quel momento mi pulsava così forte dentro che se avessi potuto avrei rotto qualcosa.

Quando arrivai a casa di Alessandro, trovai il portone aperto e salii le scale a due scalini. Arrivato davanti alla porta iniziai a bussare con vigore.

"Apri questa porta. Lo so che ci sei vedo la luce accesa."

Continuai a bussare, senza fermarmi un secondo.

"Alessandro giuro che la butto giù."

Mi fermai e proprio in quel momento la porto si spalancò, Alessandro la teneva con la mano e mi guardava con uno sguardo torvo. Aveva le guance rosse e gli zigomi tirati, sembrava avesse appena pianto, ma in quel momento non mi importava.
Mi spostai leggermente e passandogli accanto entrai in casa, lui richiuse la porta e rimase per qualche attimo di spalle, fissando la maniglia della porta.

"Si può sapere che cazzo di problemi hai?"

Si girò verso di me, ma rimase in silenzio a fissarmi.

"Allora non dici nulla? Bene allora parlo io. Sei un ragazzino, infantile e stupido. Io ti ho dato tutto, in questi anni ti ho dato tutto."

Mi fermai un secondo, avevo la mano che tremava, per la tensione, per la rabbia o forse era più giusto dire per la delusione.

"Ti rendi conto che ti ho perdonato qualunque cosa? che mi hai distrutto in tutti i modi possibili? Che nonostante questo io sono sempre rimasto qui?"

Lui continuava a stare in silenzio a fissarmi con gli occhi a palla, come se neanche mi stesse ascoltando.

"Ho sempre cercato di capirti, ho sempre cercato di sopportare tutto. Ora tu cosa fai? Invece di sopportare qualcosa anche tu, alla prima occasione fai il bambino e non considerando il fatto che stavamo lavorando prendi e te ne vai?"

Mi avvicinai a lui, forse un po' troppo rispetto al previsto, visto che ora potevo vedere chiaramente le sfumature dei suoi occhi, bellissimi occhi, ma questo li avrei tenuto per me.

"Dimmelo per favore, che cazzo di problemi hai?"

Abbassò lo sguardo, non riusciva a reggere il mio e non riusciva neanche a parlare, visto che continuava a stare in silenzio. Se avessi potuto lo avrei scosso dalle spalle e lo avrei costretto a dire qualcosa, qualunque cosa.

"Ti prego Ale."

La mia voce risuonò quasi come un sussurro, un verso disperato, una supplica senza remore.

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora