Rossetto

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Dopo la breve interruzione le ragazze avevano ripreso a chiacchierare, cercando di includere anche Imane, che però faceva fatica a inserirsi in quei discorsi tutti al femminile. Cosa sarebbe potuto mai importare a lei, che amava il calcio e gli abiti sportivi, della telenovela su Canale Algérie o della nuova borsa?
Ad un certo punto l’attenzione di tutte si era spostata su Raja, sull’annuncio del suo fidanzamento. Fidanzamento, a Tiaret, voleva dire una sola cosa: matrimonio, e figli. Non certo l’avventura di qualche settimana o di qualche mese, che al massimo poteva consumarsi in silenzio. Silenzio di tomba. 

“Hai già deciso come ti vestirai, e come ti truccherai per l’occasione?” Aveva chiesto un’entusiasta Khadidja all'amica.
“È presto per pensarci, manca ancora un anno al matrimonio. La cosa certa è che vorrei fosse Fatma a occuparsi del trucco” aveva replicato Raja. La ragazza, infatti, stava studiando per diventare estetista. 
Khadidja, che fino a quel momento non sembrava essere riuscita in alcun modo a coinvolgere Imane, aveva avuto un'idea.
“Fatma, perché non trucchi Imane? Secondo me ha del potenziale, ma non si sistema per niente” aveva detto per poi voltarsi verso la diretta interessata e proseguire “Dobbiamo trovare marito anche a te”.

Quella era stata la prima volta in cui Imane si era sentita una cavia da laboratorio, prima ancora della disputa sui cromosomi. Detestava il pensiero di quel trucco sulla sua faccia, e Fatma era l'ultima persona al mondo da cui avrebbe voluto farsi vedere così. Ancor meno avrebbe voluto che fosse proprio lei a dover eseguire quell’operazione.
Fatma aveva cercato di agire in modo più razionale possibile. Non poteva far notare il suo imbarazzo, né rifiutarsi…Come lo avrebbe giustificato alle amiche?
Così si era armata dei trucchi presi in prestito dalla padrona di casa, e lo spettacolo aveva avuto inizio.

Fatma aveva già applicato il kajal per incorniciare lo sguardo della giovane Imane. Non era stato facile starle così vicina, guardarla dritta negli occhi senza provare imbarazzo, o peggio. 
E per Imane valeva lo stesso: Fatma era ormai una donna, una bellissima donna di diciotto anni. Per l’occasione aveva indossato l’hijab rosa, intonato al vestito. Aveva lineamenti decisi ma femminili, labbra piene e grandi occhi espressivi color nocciola.

Poi era stata la volta del rossetto. Per Imane lo aveva scelto rosso, pensando che sarebbe stato bene con la sua carnagione olivastra.
Era strano per Fatma vederla così. Non sembrava neppure la stessa persona per cui da anni aveva una cotta inconfessabile. Era ancora più strano per Imane, che si sentiva goffa e ridicola al punto di voler scomparire. “Stai benissimo, ma non avevo dubbi” le aveva detto Khadidja con genuina convinzione.

Le ragazze avevano poi ballato e chiacchierato fino a tardi, troppo tardi per chi non abitava poi così vicino.
“Imane, puoi restare da noi a dormire, non mi va che rientri a quest'ora. Si ferma anche Fatma, c’è spazio” le aveva proposto la madre della festeggiata.
Lo spazio consisteva in un letto a una piazza e mezza nella stanza degli ospiti. Uno solo, per entrambe.
Imane avrebbe potuto insistere per uscire da quella porta e tornare a casa propria, le strade di Tiaret non le mettevano certo paura. Avrebbe potuto risolvere in qualche modo anche Fatma, farsi andare a prendere dal fratello. Ad entrambe, però, si era acceso qualcosa dentro. Quell'occasione era decisamente troppo eccitante per lasciarsela sfuggire.

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