Janjaem

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Janjaem è sempre stata un raggio di sole per le sue compagne d’avventura, con la sua capacità di riportare il buonumore anche nei momenti più duri.
I letti di cartone, il caldo soffocante delle stanze senza aria condizionata, il cibo orribile della mensa…Tutti gli atleti si lamentavano della strana accoglienza parigina di quelle olimpiadi, di quella ostentata attenzione all’ambiente che sembrava dimenticare il benessere delle persone. Non Janja, per lei la lamentela era bandita. Serviva solo a rubare tempo ed energie a cose più costruttive, più grandi. 

Lei, con quei denti adorabilmente irregolari, sorride sempre. Soprattutto accanto alla fidanzata, Anong, una graziosa ragazza appena ventenne che per i suoi lineamenti delicati e la pelle perfetta ricorda una bambola di ceramica. Una bambola dai lunghi capelli neri. 
Janjaem, invece, i capelli li porta corti, più corti di quelli di Imane. Ci mette addirittura il gel. Indossa abiti maschili, anche fuori dalle competizioni, ed è sempre protettiva con la sua Anong. Non ci sono dubbi, è lei la donna alpha. 

Imane, seduta accanto a Roumy in quel ristorante thailandese, nota che le due fidanzate si tengono per mano, sotto al tavolo di legno, e il cuore inizia a batterle più forte. Sembrano così affiatate, e sembra così naturale per loro stare insieme, la cosa più naturale del mondo. Com'è possibile che nessuno abbia da ridire, quando in Algeria le due donne sarebbero state perseguitate, se non direttamente incarcerate?
Imane, che ha viaggiato tanto per i suoi allenamenti di boxe, è in realtà ben consapevole che il mondo non si limita alla sua famiglia, al suo paese, e al suo piccolo villaggio. C’é altro là fuori, altri mondi possibili, e queste olimpiadi non fanno che ricordarglielo con una forza dirompente. 
Ma il suo mondo è anche, e soprattutto, Dio. “Inshallah”, ripete sempre. “A Dio piacendo”. E come potevano a Dio piacere certi pensieri? Forse Allah l'avrebbe perdonata per i suoi peccati, se un giorno si fosse davvero pentita, e avesse costruito una famiglia con un uomo. 
Ma una relazione con una donna, una relazione vera, non gliela avrebbe mai perdonata. Di questo Imane ne è sicura.

“Accidenti Imane, si vede che sei stanca, non hai detto una parola stasera”, le fa Roumy poggiandole una mano sull’avambraccio. Quei piccoli contatti fisici, apparentemente casuali, erano una costante tra le due.
“Sai com’è, sono due settimane che dormo su uno stupido letto di cartone, e che il mondo si interroga su cosa io abbia tra le gambe” le risponde Imane con quel sarcasmo che ogni tanto si sostituisce alla consueta compostezza.
“Dai Imàn, è quasi finita. Cosa dovrei dire io? Oggi mi hai gonfiato di botte e ti sto pure offrendo la cena!” Le fa eco Janjaem.

La serata volge al termine, e il cuore di Imane torna a battere regolarmente. La donna, con Roumy che le cinge la vita, abbandona il locale fresco di aria condizionata e si riavvia verso la calda stanza del villaggio. 
Quella notte, però, non riuscirà a prendere sonno.

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