K.O.

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La diciottenne Imane ne aveva fatta di strada, da quando era salita per la prima volta sull’autobus 115 diretto verso la palestra. Quel trabiccolo, che chiunque altro avrebbe detestato, era diventato Il suo lasciapassare verso il sogno di una medaglia olimpica.
Dopo Roumayasa, Imane era stata notata anche da Mohamed, ex pugile che da anni gravitava nel mondo della boxe. L’uomo, che aveva fiutato le doti della ragazza, come logica conseguenza l'aveva presa sotto la sua ala, diventando suo coach a tempo pieno. Era riuscito a convincere Amid Khelif a non metterle i bastoni tra le ruote, mentre con Nasria non ce n’era stato bisogno. La donna, all’epoca, era già venuta a conoscenza delle fughe segrete in palestra della figlia. D’altronde per lei, che era più presente in casa, sarebbe stato impossibile non notare la prolungata assenza di Imane, o le escoriazioni sul suo corpo.

Il passo successivo all’ammissione di Imane era stata, sorprendentemente, l’accettazione quasi immediata di Nasria. La donna, per aiutare la ragazza a pagare i biglietti dell’autobus, aveva addirittura raddoppiato l’impegno nel lavoro. Nel suo cuore di madre era scattato qualcosa. Aveva capito che quella di sua figlia non era una fase passeggera, che non sarebbe diventata una giovane mamma e sposa, che non avrebbe dismesso quegli abiti sportivi per indossare l'hijab. Cambiare Imane non era una possibilità. Le alternative erano rinnegarla, o accettarla e amarla così com’era. E Nasria aveva scelto quest'ultima.

Anche nelle sessioni di boxe con Roumayasa qualcosa era cambiato. Imane non era più, tra le due, quella che incassava più colpi. Al contrario.
Imane cercava di modulare la sua forza il più possibile, per continuare ad allenarsi con lei senza mai passare il limite, senza farle male. Non avrebbe mai voluto.
Il suo corpo, che Mohamed la aiutava a costruire come fosse la sua personale opera d’arte, stava diventando quello di una donna di 1,80 dalle sembianze androgine. Le lunghe braccia muscolose, la vita stretta, le spalle larghe. Quei seni che somigliavano sempre di più a pettorali maschili.
Anche il viso della ventenne Imane era cambiato. Non abbassava quasi più lo sguardo: nei suoi occhi brillava la fierezza di una combattente. Era diventata più sicura di sé.
I lineamenti del viso si erano fatti più adulti, più marcati. In un modo che Roumayasa iniziare a trovare stranamente sensuale, pur non ammettendolo neanche a sé stessa.

Un pomeriggio, in particolare, la rivelazione di una Imane diversa era arrivata all’amica come un pugno nello stomaco.
Le due erano intente ad allenarsi e Imane, presa dal momento competitivo, aveva sferrato a Roumayasa un colpo sul fianco. Un colpo forte, più di quanto non avrebbe voluto, tanto da farla cadere dolorante a terra. Imane era mortificata. In una frazione di secondo si erano affacciate nella sua mente immagini catastrofiche, di Roumayasa che non avrebbe più voluto allenarsi con lei, di quel loro rituale destinato a finire, come tutte le cose belle. Si era subito chinata a terra su di lei per verificare che stesse bene. Le aveva preso il viso tra le mani "È tutto a posto?”, e poi “Scusami, non volevo”.

Roumayasa non era riuscita a rispondere, non tanto per lo shock del colpo, ma perché il suo cuore aveva preso a battere talmente forte da impedirle la parola.
Imane sopra di lei, con il viso a pochi centimetri dal suo, che la guardava come fosse la cosa più preziosa al mondo, e intanto le spostava i capelli dalla fronte.
I suoi occhi neri avevano una luce particolare mentre la fissavano in cerca di una risposta, e Roumy si era chiesta se non fosse proprio quella l’espressione che Imane avrebbe avuto in un'occasione diversa. Se in quel momento, ad esempio, non si fossero trovate su un ring ma in una camera da letto, a fare l’amore.
Le mani grandi e forti che la accarezzavano non erano più le mani di una ragazzina bisognosa di protezione. Al contrario, era Roumayasa a sentirsi protetta, forse amata, per la prima volta.

ImaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora