Il momento giusto

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Imane, all’età di 35 anni, si è ritirata dalla carriera sportiva. Si è stabilita ad Algeri, dove insegna boxe ai bambini. Stare in mezzo a loro la fa sentire se stessa, senza bisogno di sovrastrutture. Viaggia ancora per le missioni umanitarie da ambasciatrice UNICEF, e per qualche evento mondano. Non ha abbandonato totalmente i riflettori, il vezzo di sentirsi riconosciuta e ammirata, che è una piccola carezza nei momenti più difficili.

Il 9 agosto del 2034, il sole brucia quanto dieci anni prima a Parigi, e Imane non può evitare di pensare a quanto la sua vita sia cambiata da quel giorno, da quella vittoria. È felice di essere in palestra, di poter insegnare a un talento come Leila, che le ricorda sé stessa da ragazzina.
Alla fine della sessione, quando Imane si toglie i guantoni e si volta, crede di essere colta da un’allucinazione: una bellissima donna dai lunghi capelli castani, che tiene per mano una bambina, le sorride. È evidente che sia rimasta per tutto il tempo in disparte, a guardarla da lontano.
“Roumy!” Imane grida il suo nome, scende velocemente dal ring. Le corre incontro e la stringe a sé, incurante dei presenti.
Roumayasa è più composta, ma ha gli occhi lucidi, e si lascia andare al lunghissimo abbraccio. “Lei è Imane” - indica la sua bambina, una ragazzina mora dagli occhi vivaci di circa 7 anni.
“Ho capito bene?” Chiede Imane, nel dubbio di aver avuto un’altra allucinazione.

A rispondere è proprio la sua piccola omonima “Sì, mi chiamo Imane, la mamma mi ha dato il nome più bello, significa ‘fede’”
“Anche io mi chiamo Imane, hai ragione, è un bellissimo nome”

“Imàn, aspettami qui con gli altri bambini”. Roumayasa esce insieme a Imane nel cortile della palestra. Sa di doverle molte spiegazioni.
“Roumy, Mashallah, cosa ci fai qui? Non credevo ai miei occhi quando ti ho vista”.
“Lo so, mi dispiace essere piombata qui all'improvviso, ma guardando il calendario ho capito che era il momento giusto, che non potevo rimandare oltre”
“Rimandare cosa? Sei sparita nel nulla, hai idea di quanto abbia sofferto?” - la commozione di Imane, tornata in sé, inizia a far spazio al risentimento - “Hai scelto Hassan, avete una figlia, cosa cerchi da me, adesso?”
“Non ho scelto Hassan, ho scelto ciò che era giusto per noi, Imane. Per le nostre famiglie, per la tua carriera. Sparire era l’unico modo di chiudere tra me te. Restare sarebbe stata una lenta agonia”
“E cosa è cambiato, adesso? E la tua bambina? Non posso credere che Hassan abbia acconsentito a darle il mio nome”
“Non ha acconsentito. Hassan se n’è andato, quando la bambina non era ancora nata. Non sopportava l’idea di sapermi innamorata di te, di vedermi piangere per te mentre ero nel letto con lui. Non ha mai creduto alle mie scuse, quando gli dicevo che mi mancava la mia  famiglia, o la boxe. Mi mancavi tu”.

Imane non riesce a credere che Roumy, in quegli anni, abbia dovuto crescere sua figlia da sola, in un paese straniero.
“Perché non mi hai cercato prima? Avrei voluto aiutarti, anche solo come amica”
“Perché non era il momento. Non sai quanto mi sarebbe piaciuto che quel sogno fosse stato vero. Tu che ti alzi in piedi, che mi dichiari il tuo amore, durante la conferenza stampa a Parigi. La mia parte egoistica lo avrebbe voluto con tutto il cuore, ma cosa ne sarebbe stato di noi?”
Imane resta in silenzio, vuole che sia Roumy a parlare.
“La tua carriera sarebbe finita, forse saremmo state perseguitate. Di sicuro non avremmo potuto vivere in pace”
“Hai ragione. Ma se potessi tornare indietro, lo farei davvero quel discorso. Non rischierei mai di perdere 10 anni di vita con te. Perderei tutto il resto, piuttosto”
“Non era il momento giusto. Il mondo non cambia in un secondo, e non cambia soltanto per noi. Adesso che lo abbiamo desiderato in tanti, fratelli e sorelle, è tutto diverso”.

Le leggi che condannano l’omosessualità in Algeria sono state da poco abolite. Il matrimonio per una coppia omosessuale non è previsto, ma è possibile vivere in pace, e alla luce del sole.
Per l’accettazione che sta più a cuore alla comunità, quella dell’Islam e delle famiglie, ci vorrà ancora del tempo. Altri anni, altre battaglie. Ci saranno altre piccole Imane, che dovranno lottare contro il pregiudizio, ma sarà una lotta sempre meno dura.

Imane Khelif non era stata l’eroina dei diritti civili che si alza in piedi dopo aver vinto la medaglia d'oro, che sfida le leggi e la sorte per dichiararsi alla sua amata. A Parigi 2024 i tempi non erano maturi, e lei non era la persona designata a questo. Non era questo il suo messaggio, il fine più alto della sua vita e del suo successo.

Imane era stata l’eroina nazionale, colei che aveva detto alle famiglie più povere “investite sui vostri figli, sul loro talento. Se ce l’ho fatta io, possono farcela anche loro”; colei che aveva fatto conoscere al mondo intero l’Algeria, quel popolo che in cambio le aveva fatto scudo contro l'intero Occidente. Era stata l'emblema del sacrificio, della resilienza, del continuare a credere in sé stessi nonostante tutto. Lei che era rimasta in piedi, con lo sguardo fiero fisso sull'obiettivo, anche quando tutti l'avrebbero voluta a terra.

“Roumy, tu pensi che sia questo il tempo per noi?”
“Lo scopriremo insieme, se saprai perdonarmi”

***FINE***

Siamo giunti alla fine! Non ho mai scritto un racconto in vita mia ma avrei sempre voluto farlo, e Imane mi ha ispirato anche in questo.
Ringrazio chi ha lasciato un commento, un voto, e chi semplicemente ha letto "in silenzio", e ha avuto la pazienza di tradurre dall'italiano.

Imane, se dovessi leggere questa Fanfiction, mi auguro che tu possa sorridere dei capitoli più "hot" (sì, mi hai fatto un po' perdere il sonno/la testa), e che tu possa rivedere qualcosa di te nella descrizione della tua personalità e dei tuoi stati d'animo.

Mi sono affezionata alla vera Imane, e un po' anche a quella immaginaria della mia storia.

A presto 🙂

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 30 ⏰

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