Vulnerabilità

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“Lo sa, era con me”. Mohamed risponde alla domanda di Imane senza indorare la pillola. La ragazza avrebbe dovuto incassare anche quel colpo, prendersi la responsabilità delle proprie azioni.
“Adesso pensa solo a domani, al resto penso io. Se qualcuno dovesse fare battute tu dì che era solo un'amica, che il resto è un'invenzione per metterti ancora in cattiva luce”
“Va bene” - Imane non aveva il coraggio di chiedere di più al suo coach che la stava già aiutando molto, né di insistere sulla questione di Roumayasa.
“Mohamed, pensi che abbiano qualche prova?”
“Non penso, ma non possiamo essere sicuri. Adesso è inutile pensarci. Ma fāt māta (Ciò che è passato, è morto).”

Al termine della sessione di allenamento con il suo coach, che aveva insistito per riprendere, Imane è combattuta. Parlare con Roumy potrebbe rappresentare un duro colpo per il suo stato d'animo già troppo provato, specialmente se la conversazione dovesse andare male. D’altronde, restare con quella morsa allo stomaco non sembra una soluzione migliore.
Imane decide di raggiungere l’amica nell'hotel in cui alloggia, a qualche isolato di distanza. Sa di trovarla lì all'ora di pranzo. Si fa annunciare dalla reception, e Roumy non ha il coraggio di negarsi.

“Ciao”. Un'unica parola, con cui Imane varca la soglia della porta di quella stanza d’hotel. Indossa una tuta bianca e ha i capelli ancora bagnati, pettinati all'indietro. Si è concessa di essere sé stessa e di svestire, in quelle ore di libertà, i panni della donna femminile che tutti sembrano voler vedere.
L’amica è sdraiata sul letto, intenta a guardare il notiziario, come ogni giorno alla stessa ora. Roumy é piuttosto abitudinaria.
La giovane donna si alza in fretta, arraffando la vestaglia poggiata sulla sedia poco più in là, e la indossa a coprire la canotta e le coulotte. Un gesto istintivo, con cui sembra comunicare a Imane non voglio che tu mi veda nella mia vulnerabilità, non più.

“Ciao Imàn, è successo qualcosa? Non dovresti essere ad allenarti?”
“Ho finito. E forse sai già perché sono qui”
“No, non lo so”. Roumy fa fatica a non far tremare la voce.
“Mohamed mi ha detto di quella storia, che c’eri anche tu quando gliela hanno raccontata”
“E allora? Sei venuta a dirmi che non è vero, o cosa?” La ragazza ha ormai le lacrime agli occhi.
“No, non sono venuta a dirti questo. Sono venuta a dirti che mi dispiace, mi dispiace se in qualche modo ti ho ferita”
“Sì, sono ferita. Ferita perché pensavo fossimo amiche. Ma mi accorgo di non conoscerti”.

ImaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora