L'ultimo atto

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9 Agosto. L’alba è arrivata prima del previsto per Imane, che al rientro nella sua stanza la sera prima, contro ogni previsione, aveva subito preso sonno. Quanto tempo aveva passato lì dentro? Nient’altro che una manciata di settimane; nulla in confronto agli anni di vita che le erano serviti per arrivare fin lì. Eppure, quei pochi giorni erano stati così intensi da esserle sembrati una vita a sé. Certamente erano stati uno spartiacque, il dazio che la vecchia Imàn doveva pagare per fare spazio a quella nuova.

Nonostante tutto, l’idea di preparare le valigie e dire addio al villaggio olimpico e ai pochi, caldissimi metri quadri della sua camera, le suscita una strana malinconia.
Imane sorride pensando ad Anna e Ari, che quel letto di cartone riciclato lo conoscevano bene, ma anche alle ore passate a versare lacrime con lo schermo del telefono davanti agli occhi. Lacrime di rabbia, poi di gioia, quando sempre più persone avevano iniziato a virare dalla sua parte.
Sorride soprattutto pensando a Roumy, al fatto che siano servite quelle olimpiadi in un paese straniero per avvicinarle davvero.

Uscendo nel parco, Imane realizza immediatamente la presenza dei giornalisti, che la seguono passo passo.
Alcuni non fanno domande, limitandosi a riprenderla da lontano. È evidente che cerchino qualcosa di diverso, qualcosa che nelle parole non possono trovare. Forse la camminata di Imane, altissima e con le spalle larghe, che fa ondeggiare le braccia muscolose avanti e indietro. Forse il modo in cui mastica la gomma americana, con la bocca semiaperta, muovendo a destra e a sinistra la mascella spigolosa. O magari l’abbigliamento, che non tutti i giorni riesce ad adeguare al modello femminile che ci si aspetta da lei.

“Imàn! Solo una domanda”. Un giornalista europeo di mezza età interrompe la discussione tra Imane e i suoi coach.
“Sì”. La ragazza si volta e sorride. Sa che è l’ultimo sforzo, l’ultimo atto di quella commedia.
“Pronostici per questa sera? Pensi di vincere l’oro?”
“Non so se vincerò, ma so che voglio vincere. Per tutte le donne, per la loro dignità”. Imane è sicura di sé. Non solo di quella vittoria, ma del messaggio che ha deciso di voler dare al mondo.

Intanto Roumayasa, a pochi metri dal villaggio, sta facendo colazione con la sua amica e collega Fatima.
“Roumy, sei così pensierosa, non vuoi dirmi cosa ti è successo?”
“Ma niente Fatima, forse sono solo stanca”, risponde Roumy con un viso che non riesce a mascherare le sue reali emozioni.
“Oggi è la finale, ci pensi? La nostra amica Imàn che vince la medaglia d’oro, sarà l’eroina dell'Algeria. Saremo amiche di una celebrità!” Fatima ride. Pronuncia quelle parole con la leggerezza di chi non può nemmeno immaginare quanto il solo nome “Imane” arrivi all’amica con la potenza di un pugno nello stomaco.
“Già”. Roumy abbassa lo sguardo e gira rumorosamente il suo latte macchiato.
“E con Hassan, come và? Sei felice?”
Roumayasa inizia a giocare nervosamente con il piccolo diamante che da un mese sporge dal suo anulare sinistro.

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