❝Capitolo 62❞

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Jungkook notò l'impercettibile movimento del capo di Taehyung, eppure riuscì a coglierne il significato: è il momento

𝐈𝐭'𝐬 𝐭𝐢𝐦𝐞

Le nuvole oscurarono il cielo blu della notte, come a palesare ciò che era invisibile agli occhi, perché nei loro animi. Tutti stringevano le armi, pronti a scattare al segnale. Attendevano ordini dal principe Kim che in quel momento era il loro pilastro. Ponevano la loro fiducia in lui; possedeva le loro vite nel palmo della mano e Taehyung lo sapeva. Solo lui era in grado di descrivere la tensione che provava e che non riusciva a esprimere a parole. Non aveva mai ucciso; non doveva essere in campo a combattere con i soldati, ma appartenevano al suo regno. Lui li aveva richiesti, era andato contro suo fratello per aiutare l'uomo che amava, ed era suo il compito di guidarli, perché perdere non era fra le opzioni. Sarebbe stato la mente sul campo e nulla gli avrebbe fatto cambiare idea. Jungkook gli aveva intimato di rimanere in tenda, ma non avrebbe mai potuto farlo. Non era la cosa giusta da fare. Sapeva combattere, gli era stato insegnato. Non sarebbe stato un peso: la testa controlla il corpo, ed era determinato a non indietreggiare.

La formazione era semplice: Jungkook, i regnanti e gli altri soldati formavano una barriera per proteggere il castello, mentre Taehyung e i suoi soldati sarebbero rimasti nascosti per accerchiare i Tyun in un unico punto, senza che se ne accorgessero. Avrebbero rotto la loro formazione e li avrebbero fermati una volta per tutte. Gli uomini in attesa trattenevano il respiro, il battito dei loro cuori risuonava come un tamburo in lontananza. Taehyung, con lo sguardo fisso sull'orizzonte, percepiva l'aria farsi sempre più pesante. Finalmente, un corno squillò, potente e deciso, strappando la calma e segnando l'inizio dell'inferno.

Un grido di guerra si sollevò dalla bocca degli uomini nemici, un coro di rabbia e sete di sangue. La linea nemica continuava ad avanzare e Taehyung ripeteva: "Forza, più avanti." Le spade sguainate brillavano alla luce fioca della luna, mentre le armature colpite dal vento risuonavano in un canto sinistro. Jungkook non lo vedeva, ma Taehyung vedeva lui, e ciò gli infondeva la forza necessaria per mantenere la calma.

Il volto del re Jeon era una maschera di pura determinazione e attendeva, come i suoi amici e i suoi soldati, il segnale. "Non ancora."

I Tyun avanzavano. La natura al loro passaggio sembrava morire. Chiunque fossero, non erano umani: erano mostri. Erano mercenari, uccidevano per soldi, non conoscevano valori. L'aura che emanavano era tutt'altro che positiva e l'aria si fece opprimente. Eppure, nessuno li temeva, perché la fiducia brillava nei loro cuori, pieni di speranza.

Minjae era al suo fianco. Lo guardava, aspettando una risposta. Taehyung scosse il capo. "Non ancora." Serrò le labbra, gli occhi fissi sui nemici, un misto di determinazione e paura. Jungkook avvertì l'aria pesante che circondava i suoi compagni. "Non ancora," ripeté Taehyung.

I Tyun, con le loro spade lucenti, sembravano incarnare la furia stessa; eppure, la loro forza appariva vacillante, come se avessero dimenticato il vero significato di combattere. Jungkook si sentiva pronto, metà volto nascosto nell'oscurità, pronto a scattare, ogni muscolo teso, la mente affilata come una lama.

Si stavano per avvicinare, l'aria tesa come un arco pronto a scoccare. La furia dei Tyun si avvicinava, ma dentro di lui ardeva una certezza: erano pronti a combattere.

I Tyun li avevano superati.

"È ora!" diede l'assenso ai soldati e il boato che seguì il suo ordine si levò come un tuono; in un istante, tutto esplose.

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Better in three ❘ KookvDove le storie prendono vita. Scoprilo ora