Angolo dell'autrice.
Nella foto in alto, Nadia Savini.Nadia ripercorse tutta la scena a rallentatore, senza quasi rendersi conto che fosse avvenuta realmente. Sbarrò gli occhi di fronte all'automobile senza riuscire nemmeno a gridare, e l'attimo dopo si trovò spalmata con il sedere sull'asfalto ruvido della carreggiata, i palmi delle mani a terra e il corpo a pochi centimetri dal paraurti anteriore di una Mercedes AMG nera.
Lo sportello della macchina si aprì di scatto, ancora con il motore acceso, e uscì fuori un ragazzo, che la fissò allarmato. «Ma che cazzo ti passa per la testa?», le urlò contro, con la voce affannata e il fiato corto. «Attraversare con il semaforo rosso e lontana dalle strisce pedonali? Stavi cercando di ammazzarti? Cazzo!»
Nadia trovò il coraggio di alzare lo sguardo verso di lui e si trovò davanti un ragazzo alto dai capelli castani, ben vestito. Era di una bellezza particolare, di quelle che si vedono nelle insegne pubblicitarie o in qualche film in tv. Per di più, aveva una macchina sportiva di lusso tirata a lucido, il che lo rendeva il classico figlio di qualcuno dei Parioli.
«Ti sei fatta male?», continuò lui, esasperato. «Merda... Senti, ce la fai ad alzarti? Dobbiamo spostarci dalla strada, o bloccheremo il traffico.»
Nadia si accorse solo in quel momento delle occhiate dei passanti e dello strombazzare di qualche clacson dietro di loro, ma nonostante ciò non riuscì a spiccicare parola, ancora sotto shock per lo spavento.
«Maledizione.» Il ragazzo continuò a inveire tra sé e sé e senza preavviso le afferrò un braccio e l'aiutò a rimettersi in piedi. «Sali in macchina», le ordinò, aprendole lo sportello della parte del passeggero.
Nadia provò a ribattere qualcosa per la prima volta, ma lui non le diede il tempo nemmeno di prendere il fiato e la spinse dentro, prima di tornare dalla parte del guidatore e schizzare via dalla strada a gran velocità.
«Hai sbattuto la testa?» Le chiese all'improvviso, dopo diversi minuti di guida in silenzio. Sterzò il volante verso un parcheggio a ridosso di un parco e inchiodò la macchina nel primo spazio libero disponibile. «Posso accompagnarti al pronto soccorso, se vuoi.»
Nadia scosse la testa in segno di dissenso e lo guardò con la coda dell'occhio, a disagio. «No, sto bene», sillabò a bassa voce. «Mi sono solo spaventata e sono caduta a terra. Ho... Ho giusto i palmi delle mani sbucciati, ma non è niente.»
«Grazie al cielo.» Il ragazzo sospirò sollevato e poggiò per un attimo la fronte sul volante, come a riprendere fiato. Poi aprì un cassetto sotto al sedile e tirò fuori un kit di pronto soccorso, porgendole una garza medicata. «Tieni, disinfetta quei graffi, prima che mi sporchi il sedile di sangue.»
Nadia annuì e lo ringraziò a bassa voce, lo sguardo ancora puntato verso i propri piedi. Si sentiva così tanto un'idiota, in quel momento.
«Lo sai che hai rischiato davvero, poco fa? Se solo non avessi frenato in tempo!»
«Mi dispiace», si scusò Nadia.
«Ti dispiace per cosa, di preciso?» Lui accennò un sorriso sbalordito, mentre la guardava tamponarsi i tagli.
«Sono stata una stupida a non guardare la strada. E poi ti avrei creato problemi alla macchina.»
«Scherzi, vero? L'auto sarebbe stata solo l'ultimo dei problemi. Magari mio padre mi avrebbe reputato un irresponsabile perché stavo andando troppo veloce, ma non me l'avrebbe mai tolta.» Rise freddamente e la guardò di sottecchi. «Insomma, posso sapere come ti chiami, dal momento che ti ho quasi investita?»
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Tutto quello che ho sempre cercato
RomanceNadia Savini ha 17 anni e una vita apparentemente tranquilla, trascorsa in un piccolo paese della bassa Toscana insieme al padre. Orfana di madre già da pochi anni dopo la sua nascita e in una condizione economica familiare per nulla agiata, sa beni...