Capitolo 26.

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Tornare a scuola il lunedì fu piuttosto traumatico. In genere tutti odiavano quel giorno della settimana, ma da quando Nadia si era trasferita a Roma, aveva iniziato a non fare più distinzioni tra lunedì, mercoledì o domeniche. Le facevano abbastanza schifo tutti quanti. Quel lunedì però era diverso dagli altri, perché sanciva l'inizio della settimana seguente alla festa all'Elìte, dove tutti i suoi compagni di scuola l'avevano vista per quello che non era.

Quando varcò il cancello del Machiavelli, con lo zaino in spalla e lo sguardo dritto al suolo, sentì già da subito l'atmosfera cambiare. I ragazzi in giardino si fermarono e iniziarono a ridacchiare tra loro. Qualcuno le fece dei gesti sconci, mentre altri si limitarono a fare battute a sfondo sessuale. La guardavano tutti come se fosse lo zimbello del circo... L'obiettivo da centrare.

«Ehi, insomma dicono che ti sia ambientata bene ai Parioli, eh?», le urlò uno, con il sorriso sui denti. Era un ragazzo poco più grande di lei, riccio e senza un filo di barba. «Quanti soldi hai tirato su, a fine serata?»

«Ci verrai alla prossima festa?», s'intromise un altro, affiancandola. «Dicono che sarà a tema animalier.» Con la mano le mimò il gesto del graffio e se ne andò, lasciandola in mezzo al piazzale con gli occhi di tutti puntati addosso.

Nadia strinse i pugni e chinò il volto a terra, sentendosi il sangue affluire fino alla punta dei capelli. Come potevano giudicarla senza nemmeno sapere chi fosse realmente?

Con un sospiro tirò dritta senza guardare in faccia nessuno. Prima sarebbe entrata in classe e prima avrebbe smesso di ascoltare quelle cattiverie gratuite sul suo conto. Ma quando pensò di essere ormai fuori dal loro mirino, sentì una mano calda poggiarsi sulla sua spalla e stringerla con pressione. Nadia spalancò gli occhi, irrigidendosi di colpo.

«Sei un'idiota.» La voce di Mattia incrinò il silenzio. Era tesa, quasi arrabbiata. «Ne sei consapevole, vero?»

«Vuoi mettertici anche tu?», replicò Nadia, spiazzata dalla sua improvvisa comparsa.

«Cosa? Ma fai sul serio

Nadia trattenne il respiro, stizzita. Non voleva avere altri problemi anche con lui. Si sentiva già piuttosto oberata così. Così si fermò, proprio di fronte al portone d'ingresso della scuola, e strinse le cinghie dello zaino, fissandolo negli occhi. «C'è qualche problema, Mattia?»

«"Qualche problema" è un eufemismo, direi», disse a denti stretti il ragazzo, reggendo il suo sguardo. «A meno che tu non voglia prendermi per il culo. In tal caso, ci staresti riuscendo alla grande, ma non ti converrebbe iniziare questo giochetto con me

«Non capisco perché tu mi stai attaccando in questo modo», mormorò lei a bassa voce, facendogli notare che alcune persone incuriosite si erano avvicinate al portone d'ingresso.

«D'accordo, visto che non ci arrivi da sola ti aiuterò io», ribatté risoluto Mattia. «Facciamo un passo indietro. A sabato

Nadia fece un piccolo scatto, ma rimase in silenzio, imbarazzata.

«Quanto pensi di essere intelligente, Nadia? Dai, parliamone. È il primo passo per iniziare a capire finalmente un po' di cose su di te.»

«Forse è il caso che moderi i toni, o noi due non avremo un bel niente da dirci», replicò lei, facendo un grande sforzo a mantenere fermo il tono di voce. Era incredibile come Mattia riuscisse sempre a destabilizzarle le emozioni.

«Perché sei scappata da me in quel modo? Andartene in giro per strada di notte da sola... Ma ce l'hai, un cervello?», le ringhiò contro, infuriato.

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