Capitolo 50.

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       «Che brutta cera che hai.» Bruno si schiarì la voce, con la schiena addossata al muro esterno del Nobilitas.

Nadia spostò lo sguardo su di lui, trattenendo il respiro. Non si era nemmeno accorta della sua presenza. Si asciugò in fretta le lacrime dal volto: l'ultima cosa che desiderava era farsi vedere anche da lui in quello stato pietoso. Finse un sorriso cordiale e gli si mise di fianco, con la testa poggiata sulla parete e lo sguardo dritto verso il giardino. «Scusa, non ti avevo notato.»

Il ragazzo sollevò le spalle con fare noncurante e si tirò su il cappuccio della felpa. «Come mai sei uscita fuori con questo freddo?» le domandò, senza rivolgerle lo sguardo.

«Avevo bisogno di prendere aria. In classe mi sentivo come... asfissiata.»

«Qualche altro tiro mancino?»

Nadia annuì. «Anche bello grosso.»

Bruno tirò fuori dalla tasca una delle sue sigarette e l'accese in silenzio. «Scontato. Hai una faccia sconvolta.»

«Quando penso di essermi abituata allo schifo che c'è dentro questa scuola, succede sempre qualcosa che mi fa realizzare che non c'è mai fine al peggio.»

«E non hai nemmeno toccato il fondo.»

«Già, ma non credo che manchi molto al mio», ribatté Nadia, scuotendo la testa. «Tu invece che ci fai qui?»

Bruno espirò una nuvoletta densa di fumo, che si andò a miscelare con la foschia nell'aria. «Niente di più di quello che vedi.»

Nadia si scansò dal muro e si voltò verso il compagno. «Bruno... Noi due non parliamo quasi mai, ma adesso che siamo qui vorrei chiederti una cosa.»

«Spara.»

«Cosa è successo quel venerdì sera al Joker, dopo che me ne sono andata via?»

Bruno rimase per un momento con la sigaretta a mezz'aria. «Perché lo vuoi sapere? Ti manda Silvestre?»

«No», rispose lei bruscamente. «Noi due non ci parliamo più da... be', da un bel po'.»

Bruno scosse la testa e lasciò cadere l'argomento. «Neri ci ha fatto la ramanzina. Secondo lui non dovevamo lasciarti andare», rifletté per un attimo in silenzio prima di continuare. «Soprattutto non con Silvestre. Lo vede come una sorta di... rivale

Nadia annuì. Per un periodo quei due se l'erano contesa come animali in una gara di testosterone. «Perché esci con Diego? Tu non sei come lui, e me lo hai dimostrato dentro a quel locale, quando ero del tutto fuori di me.»

Bruno prese un'altra boccata di fumo. «Lo conosco da troppi anni. È sempre stato così, maniaco di potere, mentre a me non frega relativamente di un cazzo. Vivo la mia vita senza calpestare i piedi a nessuno e mi metto in ballo solo qualcuno li pesta a noi. Come vedi, i nostri caratteri possono coesistere senza cozzare.»

«E sei felice così?», chiese Nadia, poco convinta da quelle parole cariche di freddezza e neutralità.

Bruno lasciò andare un'espressione di indifferenza. «Esserlo o non esserlo non mi cambia niente. La mia vita resta comunque uguale.»

«Ho visto come ti sei schierato a mio favore quel giorno. Ti sei mostrato umano, a differenza di Diego ed Elias.»

«Dove vuoi arrivare, Savini?»

«Non sei come loro, anche se ci esci insieme da una vita.»

«E quindi?» Bruno la fissò, con lo sguardo inamovibile e un po' infastidito.

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