Capitolo 13.

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La Tizzi si girò verso di lui e lo squadrò con aria interrogativa. «Silvestre... Come mai tutta questa loquacità, stamani?» gli sorrise benevolmente.

Nadia sgranò gli occhi verdi, mentre il cuore continuava a batterle all'impazzata. Quell'improvvisa presa di posizione da parte di Mattia l'aveva lasciata senza parole: non si sarebbe mai aspettata un intervento in sua difesa in pubblico, dopo la loro ultima discussione in macchina. Era contraddittorio da parte sua, ma in quel momento preciso, Nadia non poté provare altro che gratitudine per lui.

Mattia continuò a scuotere impercettibilmente la testa e si passò una mano tra i capelli castani. «Mi creda, vorrei saperlo anche io...» borbottò tra sé e sé, prima di alzare nuovamente il tono di voce ed esprimere le sue perplessità sul testo.

L'insegnante rimase inizialmente spiazzata dalla riflessione del ragazzo, che fino a quel momento aveva fatto di tutto per restare nell'ombra, e di lì a poco cominciò un vero e proprio botta e risposta, tra loro, che occupò l'intera ora di lezione. Mattia riuscì a portare avanti un discorso così articolato con una tale disinvoltura, che tutti lo ascoltarono assorti, compresa Nadia.

Quando suonò la campanella, la professoressa interruppe il dibattito con il ragazzo e lo invitò a spedirle una e-mail per ricevere dei materiali di approfondimento riguardo ai suoi dubbi. Appuntò qualcosa a matita sul registro personale e rimise in ordine i libri con soddisfazione, prima di assegnare dei compiti per casa e andarsene dalla classe.

Nel giro di pochi secondi, tutti i compagni si alzarono dai propri banchi e circondarono Mattia. Le ragazze si complimentarono con lui, mentre gli amici si limitarono a dargli qualche pacca sulla spalla. Lui però non sembrò scomporsi.

«Ottimo intervento», si congratulò Carolina. «È la prima volta che riesco a seguire una lezione della Tizzi senza sperare di ricevere una martellata in testa.»

Anita si sedette sul banco di Mattia e accavallò le gambe, per mettere in mostra il fisico asciutto. «Anche se l'occasione... personalmente avrei evitato.»

Il compagno si limitò ad alzare le spalle, disinteressato.

«Io le avrei fatto fare una figura di merda colossale di fronte alla Tizzi», aggiunse Giada, non così tanto a bassa voce da non farsi sentire da Nadia, pochi banchi più indietro.

«In effetti, ti sei comportato da buon samaritano, Mattia. Non è da te.» Anche Manuel sembrava confuso.

Mattia chiuse di scatto il libro di letteratura e puntò gli occhi in quelli dell'amico. «Volevo solo dei chiarimenti, visto che tra una settimana abbiamo un compito in classe su Pirandello.»

Anita batté le mani per attirare la loro attenzione e scese dal banco. «Va bene, ragazzi, basta così», brontolò. «È l'intervallo. Usciamo a prendere una boccata d'aria, prima che ci si secchi il cervello, qui dentro.»

Mattia annuì e uscì dall'aula per primo, senza degnare di uno sguardo nessuno dei suoi compagni, che lo osservarono defilarsi dalla classe confusi, per poi seguirlo in giardino.

Anche Nadia guardò quella scena. Aveva carpito a grandi linee tutta la loro conversazione e adesso la stava immagazzinando nella mente, in silenzio.

«Non fare caso a loro», disse all'improvviso Diego, comparendole dietro alla schiena. «Sono solo dei bambini viziati che sputano veleno. Non hanno bisogno di essere intelligenti.»

«Mi chiedo che cosa possa aver sbagliato con loro», replicò lei, con un sospiro di disdetta.

«Evita di porti problemi inutili, Savini. Meno usi la coscienza, qui dentro, e più ti sarà facile andare avanti. Spegni ogni emozione e impara a trasformarti in una piccola macchina da guerra.»

«Non ho intenzione di omologarmi a loro per sentirmi integrata.»

Diego scrollò le spalle con disinteresse e lasciò cadere l'argomento con un rapido cenno della mano. «Accompagnami in giardino. Non vorrai passare l'intervallo da sola.»

Nadia lo seguì fuori dalla classe senza nemmeno pensarci su: non aveva senso restarsene lì in classe, isolata dal resto del mondo.

Diego la guidò nella parte posteriore dell'edificio, meno frequentata e più appartata rispetto alla facciata principale del Machiavelli, dove c'era giusto qualche gruppo di ragazzi e una coppia di fidanzati intenta a discutere animatamente di fronte al muro.

Nadia e Diego si avvicinarono a Bruno ed Elias, intenti ad armeggiare con un accendino e a fare delle battute squallide su una nuova supplente di scienze dell'istituto.

I due la salutarono con un cenno del volto, poi spostarono lo sguardo su Diego. «L'hai portata, l'erba?»

Lui annuì e tirò fuori dalla tasca della tuta nera una sigaretta lunga e sottile, accompagnata da una piccola bustina trasparente. «Direttamente dallo Smilzo per voi. Sono arrivato fino a San Lorenzo ieri sera per farmela dare.» Sorrise soddisfatto. «Poi ditemi che non ci penso, agli amici.»

«Non sventolarla ai quattro venti, coglione», lo riprese Bruno, strappandogli la bustina dalle mani e nascondendola nella tasca della felpa.

Diego si accese la sigaretta con l'accendino di Elias e scrollò le spalle, prima di ispirare una lunga boccata d'aria e passarla all'amico. «Chi vuoi che ci veda qua dietro?»

Nadia li fissò basita. «State davvero fumando una canna a scuola?»

Elias fece uscire dalla bocca una densa nuvoletta di fumo. «E allora?»

«Non avete paura che qualche professore vi scopra?»

Bruno rise e scosse la testa, divertito. «I professori chiudono gli occhi su molte cose, dentro questa scuola. Non farti prendere dalle paranoie.»

«Perché non ti fai un tiro con noi, Savini? Scommetto che non ti sei mai fumata una canna in vita tua», la sfidò Diego ridendo, gli occhi già più socchiusi.

Nadia scosse la testa, risoluta. È vero, non aveva mai fumato prima d'ora e non era nemmeno nei suoi progetti cominciare a farlo. «No, grazie.»

«Guarda che non è mai morto nessuno per un tiro!»

«Andiamo, ti rilasserà tantissimo... Vedrai poi che spasso finire le lezioni del giorno», aggiunse Elias, inspirando un'altra boccata di fumo.

«Solo un tiro, dai.» Diego sfilò la canna dalle mani dell'amico e la mise di fronte a Nadia, con l'espressione di chi non avrebbe ammesso altri rifiuti.

Lei sospirò, alle strette, e fissò la sigaretta accesa come se fosse un ordigno pronto a esplodere.

«Dai, sbrigati, che si sta consumando», la spronò Bruno.

Nadia si guardò ancora una volta intorno, scrutando attentamente ogni persona nei paraggi. Non voleva rischiare che qualcuno la vedesse in quel contesto così sospetto.

Diego le si avvicinò ancora di più e, vedendola tentennare, le passò la sigaretta direttamente tra le dita e le sorrise in modo ammaliante. «Non dirmi che hai paura...»

«Diego, io non credo che-» Nadia provò a ribattere ancora una volta, ma stavolta venne interrotta da un rumore di passi proveniente dal sentiero ghiaioso, proprio dietro di lei.

Poi una voce tuonò alle loro spalle. 

Tutto quello che ho sempre cercatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora