Capitolo 12.

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La mattina dopo, Nadia si svegliò con un forte mal di testa. Aveva passato tutta la sera a piangere in silenzio rinchiusa nella sua camera, per non farsi sentire dal padre.

La giornata trascorsa a Roma si era rivelata completamente da dimenticare: aveva rischiato un incidente con un'automobile; a scuola si era già contornata di compagni che la vedevano come una poveraccia di provincia e le uniche persone che si erano mostrate un po' più amichevoli, a detta di Mattia, erano dei tipi poco raccomandabili dai quali sarebbe stato meglio tenersi alla larga. E, per finire, aveva rischiato di subire una molestia per aver accettato un passaggio dal ragazzo della libreria di San Lorenzo.

Totalmente da dimenticare, pensò.

Dopo essersi vestita e aver fatto velocemente colazione in cucina, salutò il padre, già in divisa da lavoro, cercando di mostrarsi il più allegra possibile. Non aveva voglia di caricarlo di preoccupazioni. D'altronde, erano arrivati a Roma da soli pochi giorni.

Una volta uscita dal palazzo, lanciò qualche sguardo furtivo sulla via, per controllare che il ragazzo della libreria non si fosse appostato di nascosto in prossimità di casa sua, ma per fortuna non vide nulla di sospetto e così poté avviarsi verso la scuola con più tranquillità.

Alle sette e quarantacinque, il Machiavelli pullulava già di studenti fuori dal cancello. Nadia indugiò qualche istante nel giardino, poi si spostò verso l'ingresso. Degli sguardi curiosi si spostarono su di lei, seguiti da un continuo vociferio di sottofondo: probabilmente sarebbe dovuto trascorrere parecchio tempo prima che gli altri studenti si fossero abituati all'idea di avere una ragazza comune come compagna.

Quando la campanella di inizio lezioni squillò con vigore, un gruppo studenti entrarono in aula, seguiti da una professoressa bassa e tarchiata, dallo sguardo austero.

«Seduti, prego», gracchiò, appollaiandosi sulla sedia dietro alla cattedra. Scivolò sul sedile con uno sbuffo e puntò i gomiti sulla scrivania.

Diego si defilò in classe qualche minuto dopo il suono della campanella, quando ormai tutti erano già entrati, e raggiunse Nadia all'ultimo banco. Lei gli rivolse un sorriso amichevole, prima di tornare ad abbassare lo sguardo sul banco e ad appuntare la data sul foglio a righe.

«Buongiorno, Savini», sussurrò il compagno, guardandola con la coda dell'occhio mentre sistemava il materiale scolastico. Tirò fuori un grosso tomo dallo zaino e lo poggiò banco.

«Ciao, Diego. Tutto bene?», gli domandò piano, sperando che la sua frase non sembrasse troppo di cortesia.

Lui sorrise, sbieco. «Ora che ho visto te, sì.»

Nadia sbatté le palpebre e finse un colpetto di tosse, per poi iniziare a sfogliare le pagine del libro rapidamente. «Ehm, potresti dirmi cosa insegna questa professoressa?»

«È la Tizzi. Letteratura italiana», rispose divertito il ragazzo, portandosi una biro tra le labbra.

«Avete finito di conversare laggiù, signor Neri?», proruppe l'insegnante all'improvviso. Fulminò i due ragazzi all'ultimo banco e alzò il mento per squadrarli meglio.

«Scusi, prof, stavo soltanto indicando il libro alla signorina Savini», replicò Diego, sfoggiando un sorriso ammaliante ed educato.

«La nuova studentessa...» Si limitò a commentare la Tizzi, con un sopracciglio teso all'insù. Dall'espressione che aveva in volto non sembrava particolarmente entusiasta. «Bene, ragazzi, libri aperti a pagina 321 e silenzio assoluto. Leggete il testo e rispondete alle domande. Avete un quarto d'ora di tempo prima della correzione.»

In classe calò subito il silenzio, e tutti posarono lo sguardo sul volume. Gli unici rumori che aleggiavano nell'aria erano i sospiri annoiati dei ragazzi e il sottofondo di pagine sfogliate.

Nadia abbassò gli occhi sul paragrafo da analizzare. Cercò di concentrarsi e fissò le parole stampate in neretto sulla pagina, poi diede un'occhiata alle domande da svolgere, e sospirò, prima di spostare nuovamente gli occhi sul testo. Non stava prestando la minima attenzione al brano, assorta totalmente nei suoi pensieri: nemmeno quella mattina, Mattia e gli altri compagni di classe l'avevano degnata di uno sguardo o di un saluto.

Sospirò, infastidita, e puntò di nuovo gli occhi sul libro, con la matita spinta sul foglio, pronta a scrivere qualcosa. Il suo tentativo di analizzare il brano, però, andò di nuovo in fumo quando la sua attenzione venne attirata da Diego che, distratto più di lei, era intento da qualche minuto a spulciare foto di ragazze sul proprio profilo Instagram.

Diego la guardò di sottecchi e trattenne una risata sottovoce. «La curiosità ha un prezzo, lo sai?»

Nadia spostò subito lo sguardo dal suo telefono e fissò di nuovo il libro. Aveva la chiara impressione di essere avvampata. «Scusa. Non volevo fare l'impicciona.»

La Tizzi si alzò in piedi e batté il palmo della mano sulla cattedra, facendo sobbalzare metà della classe. «Signorina Savini, il fatto di essere appena arrivata, non la esonera dal leggere il brano che le ho assegnato», l'additò, con uno sguardo arcigno.

Anche Nadia sussultò, sentendosi d'un tratto sotto accusa. «Scusi, mi ero distratta un attimo», balbettò.

«Be', visto che ha una soglia di attenzione così bassa - tipica di chi proviene da una scuola pubblica, oserei dire - perché non si presenta di fronte alla classe con un bel discorso sulla vita e sulle opere di Pirandello? Visto che il testo assegnato l'annoiava così tanto, deduco che la sua conoscenza in merito sia più approfondita...» La professoressa fissò Nadia con uno sguardo serio e incrociò le braccia al petto, in attesa.

I compagni di classe sghignazzarono, scambiandosi tra loro commenti beffardi. Tutti, tranne Mattia, che invece rimase ancora una volta per le sue, con la schiena rilassata sulla spalliera della sedia, lo sguardo puntato sul libro e la mano poggiata sul mento con nonchalance, come se nulla lo potesse scalfire davvero.

Nadia impallidì, con il cuore in gola. Conosceva solo a grandi linee quell'autore, perché nella vecchia scuola non l'aveva ancora studiato, ma non abbastanza da poterci intavolare una discussione critica, sotto l'attenzione di quella donna.

Cominciò a sentirsi affannata ed ebbe l'impressione di avere gli occhi di tutti puntati addosso. Provò a dire qualcosa - qualsiasi cosa - ma le parole le rimasero impigliate in gola, bloccate.

A un certo punto, dal primo banco, Mattia scosse la testa con disappunto e si voltò sufficientemente verso di lei per guardare la sua espressione tesa; poi si sedette di nuovo composto e schiarì la voce.

L'attenzione di tutta la classe si spostò quindisul ragazzo, tanto scocciato quanto infastidito dal suo stesso gesto. «Professoressa,ho appena finito di leggere il testo, ma ho diversi dubbi, che proprio nonriesco a chiarire. Potremmo parlarne insieme?»

Tutto quello che ho sempre cercatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora