Mattia batté la porta con così tanta foga che i quadri appesi alla parete accanto tramarono.
Era appena entrato il terremoto fatto persona.
«Signor Silvestre, la prego di fare attenzione. Siamo in un uffi...»
«Dove sta mia madre?» ringhiò, sbattendo il palmo della mano sulla scrivania della segretaria.
La donna, una giovane signorina dal naso aquilino e i capelli scuri, trasalì, mordendosi il labbro. Si appuntò gli occhiali sul naso e poggiò entrambe le mani sotto il mento. «Una brutta giornata o una tempesta ormonale in atto?» scherzò, sfoderando un sorriso luminoso.
Mattia ignorò la vena ironica della donna e si sporse ancora di più. «Ho chiesto dove sta mia madre.»
La segretaria sbuffò contrariata e afferrò il telefono fisso accanto a lei. «Credo che sia impegnata, in questo momento. È qualcosa di urgente?»
«Le dica che le devo parlare.»
«Signor Silvestre, io non credo che sia opportuno disturbarla...»
«Lo faccia e basta!» sbottò Mattia, senza nemmeno cercare di mantenere il timbro di voce basso. «Lavora per mia madre, nell'azienda che tra qualche anno sarà destinata a me. Quindi se vuole continuare a essere considerata dei nostri, alzi quella fottuta cornetta e la chiami.»
La signorina rimase senza parole e afferrò il telefono senza smettere di guardarlo. Compose un numero e si voltò di lato, mostrando un profilo preoccupato. «Signora Silvestre, mi rincresce disturbarla. C'è suo figlio che...» s'interruppe, mentre si passava una mano sulla fronte «Sì, signora. Lo so perfettamente. Gliel'ho detto.» Altra pausa, stavolta più lunga. Quando riprese a parlare, abbassò la voce a un bisbiglio. «Sembra parecchio irritato, signora. Forse è il caso che lo... va bene, come vuole.» E riattaccò.
Mattia la guardò in tralice, impaziente.
«La signora Silvestre è occupata. Ha detto che parlerete a casa», ripeté, come se fosse un robot.
Mattia indurì lo sguardo e si allontanò dalla scrivania. «Vada al diavolo», sibilò, diretto verso l'ascensore che portava al piano superiore.
La segretaria si alzò in piedi allarmata. «Non può andare di sopra!»
Mattia entrò nell'ascensore e si mise di fronte alla porta. «Peccato, perché è proprio quello che sto facendo.» Le sorrise e pigiò il pulsante del piano. «Non si scomodi. So dov'è l'ufficio di mia madre. E, grazie, signorina. Mi ricorderò sicuramente di lei tra qualche anno.» Le sorrise in modo odioso e attese che le porte dell'ascensore si chiudessero.
Quando arrivò di fronte all'ufficio della madre, prese un bel respiro, carico di rabbia e repressione, e aprì la porta senza neanche bussare. Al diavolo l'educazione. Quel livello di civiltà era stato superato da un bel po' di tempo ormai. Si fiondò nella stanza come una furia, raggiungendo in pochi secondi l'imperiale scrivania della madre.
Cornelia gli dava le spalle, seduta sulla poltrona in pelle girata verso la parete di vetro. Di lei si intravedeva solo la gamba sinuosa accavallata. Sembrava intenta a parlare al telefono con qualcuno.
Quando la donna si accorse di lui, rotò lentamente la poltrona, fino a trovarsi a tu per tu con il figlio. Inarcò il sopracciglio e sorrise. «Scusa, Roberto. Ti richiamo dopo.»
Mattia rimase in silenzio a guardarla, con uno sguardo omicida.
«Sapevo che saresti venuto lo stesso», disse Cornelia, posando il telefono sulla scrivania. «Era una mossa così prevedibile. Non hai mai saputo ponderare le tue scelte, Mattia. Fin da piccolo hai sempre mostrato questo tuo lato impulsivo, tanto impertinente, quanto scomodo.»
«Non sono venuto qui per una lezione di morale», ribatté il ragazzo, poggiando le braccia sull'estremità della scrivania. «Voglio sapere che cos'hai combinato stavolta.»
Cornelia si passò la mano sulla bocca, annoiata. «Ho semplicemente fatto quello che dovevo. Io ho mantenuto i patti, Mattia. Sei tu che sei venuto meno alla parola data.»
«Sei una stronza», sibilò lui, shockato. «Far licenziare il padre di Nadia dal suo lavoro solo perché quella carogna di Anita non si è fatta gli affari suoi? Ti rendi conto della gravità della cosa, mamma?»
Cornelia rimase impassibile e continuò a riassettare i fogli. «Ti avevo avvertito, Mattia. "Se non lasci stare quella ragazza, le conseguenze su di lei". Ricordi quando te lo dissi?», domandò. «Ero seria. Non scherzo mai sugli argomenti che mi riguardano.»
Mattia contrasse la mascella. «Non posso credere che tu l'abbia fatto davvero. Come credi che andranno avanti, ora che il padre è rimasto senza lavoro? Ma ci pensi mai alle conseguenze dei tuoi gesti, tu?»
«Ci penso eccome. E credo proprio che sia stata la soluzione migliore. Dovevi mettere un punto a quella relazione già da tempo, Mattia. Ma non l'hai fatto. Hai preferito tramarmi alle spalle, credendo stupidamente che non ne sarei mai venuta a conoscenza.» La donna lo inchiodò con lo sguardo, tagliente e sottile. «Ti sbagliavi. Hai sprecato la tua occasione per lasciare quella provinciale senza arte né parte in maniera semplice. Sei stato egoista e adesso subirà le conseguenze della tua scelta.»
Mattia rimase in silenzio, a subire l'ennesimo tiro mancino della madre. Era incredibile come sapesse sempre colpire sempre nei punti giusti... Quelli scoperti, feriti, nudi.
Cornelia sorrise nel vedere la reazione del figlio. «Sei venuto a riversare la rabbia su di me per un tuo errore, ma posso assicurarti che tra un po' di tempo starai meglio, e magari capirai anche hai fatto la scelta giusta a lasciarla andare. Non prendiamoci in giro, Mattia... Un Silvestre non sarebbe mai potuto stare con una come lei.»
Mattia indietreggiò e scosse la testa, schifato da quel discorso privo di umanità. Schifato da lei. «Ti odio. E forse credo che anche tu in fondo odi me. Altrimenti non mi avresti fatto questo, mamma.»
«Perché non vai a fare due passi, Mattia? Bevi qualcosa al bar... Rilassati. Ti prometto che tutto si sistemerà con il tempo, e sono sicura che capirai anche tu il favore che ti ho fatto.»
Mattia le puntò il dito contro, a mo' di monito, e le regalò uno sguardo rancoroso. «Nulla potrà tornare a posto, perché hai distrutto l'unica cosa che mi faceva sentire vivo per davvero. Quindi adesso non intrometterti più nella mia vita. Mai più, è chiaro?» Poi le voltò le spalle e uscì dall'ufficio, chiudendo la porta con uno scossone secco.
Doveva uscire di lì. L'ossigeno per lui si era ormai rarefatto.
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Tutto quello che ho sempre cercato
RomanceNadia Savini ha 17 anni e una vita apparentemente tranquilla, trascorsa in un piccolo paese della bassa Toscana insieme al padre. Orfana di madre già da pochi anni dopo la sua nascita e in una condizione economica familiare per nulla agiata, sa beni...