Capitolo 58.

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       Le settimane successive trascorsero velocemente. A scuola la situazione si era calmata: Nadia e Mattia avevano continuato a tenere un regime basso senza dare nell'occhio, comportandosi come due perfetti sconosciuti. Nessuno aveva sospettato in alcun modo della loro relazione, anche se di tanto in tanto si lanciavano occhiate veloci d'intesa.

Mattia aveva risolto anche i guai a casa: sua madre alla fine era riuscita a far revocare la sospensione dopo nemmeno un giorno, mentre Diego aveva fatto tranquillamente una settimana di assenza, per poi tornare in classe come se nulla fosse. Nadia non gli aveva rivolto parola e lui non aveva fatto opposizione quando la sua compagna aveva cambiato banco, spostandosi in prima fila.

Arrivarono le vacanze di Natale, e portarono insieme aria di festa e vento gelido. Al Machiavelli erano tutti in fermento per l'ultimo giorno di lezione: ogni aula era stata addobbata a festa e gli alberi lungo il viale d'ingresso erano stati tutti riempiti di luci colorate. Anche i professori captarono il clima festoso della giornata e concessero agli studenti le ultime ore per organizzare un piccolo rinfresco.

Mentre tutti i suoi compagni ridevano e si scambiavano dei piccoli regali, Nadia rimase per le sue e si appostò accanto alla finestra: fuori il cielo era grigio, ma probabilmente non avrebbe piovuto. Sospirò, poggiando la testa alla parete: doveva trovare un regalo per Mattia al più presto. Natale era alle porte e lei non aveva ancora la più pallida idea di che cosa regalargli. Non aveva molti soldi da parte e non ne avrebbe chiesti al padre. Erano già abbastanza in crisi per aggiungere altri pesi sulle spalle.

Ultimamente Guglielmo lavorava più del previsto e tornava a casa sempre stanco la sera. Diceva che stava facendo gli straordinari per Natale e che lo avrebbero pagato di più, ma lei non ci credeva. I suoi occhi cupi non erano capaci di mentire.

Quando la campanella di fine lezione suonò, Nadia tornò a casa a piedi. Con Mattia avevano deciso di non rischiare di farsi vedere nel territorio del Machiavelli, per non dare adito a pettegolezzi. Lei aveva acconsentito senza problemi. Fino a quel momento la loro relazione era andata a gonfie vele: si vedevano diversi pomeriggi a settimana, facevano lunghe passeggiate per la città e andavano a cena fuori nelle trattorie più casarecce di Roma. Entrambi erano contenti. Ed era quello a contare.

«Papà, sono a casa.» Nadia entrò in casa e posò le chiavi sul mobile accanto all'ingresso.

Guglielmo stava trafficando in sala con un albero di Natale spelacchiato. Quando si voltò, Nadia notò subito due profonde occhiaie a marchiargli gli occhi. Era a pezzi.

«Ehi, bocciolo. Tutto bene a scuola?» chiese lui, facendo finta di nulla e fingendo un sorriso entusiasta. Con una mano applicò una pallina di vetro incrinata sul ramoscello floscio dell'abete.

Nadia non sorrise e lo fissò. Fece un respiro tirato e si avvicinò al padre. «Io sto bene. Ma non posso dire lo stesso di te», replicò secca. «Papà, da quanto tempo non riposi?»

Il padre si bloccò con il braccio a metà tra la scatola delle decorazioni e l'albero. Sul volto gli passò un'ombra scura, che però nascose con un sorriso. «Non sono stanco, piccina. È Natale, dovevo pur fare l'albero, no? Nell'altra casa lo facevamo sempre.»

Nadia alzò un sopracciglio. Nell'altra casa l'albero era un vero abete piantato in giardino, folto e rigoglioso, e non un ramo secco con cinque aghetti come quello. Lasciò da parte lo spirito critico e si passò una mano sul volto. «Quei brutti segni violacei sotto i tuoi occhi non sembrano voler dire la stessa cosa.» Si chinò e lo aiutò ad applicare i nastri colorati, lasciando per un attimo da parte lo sguardo polemico. «Da quanto tempo non hai un giorno di riposo a lavoro? In queste settimane non hai fatto altro che sgobbare senza sosta...»

Guglielmo si schiarì la voce e si alzò. Scosse i pantaloni dai brillantini delle palline di Natale e si avvicinò alla finestra. «In fabbrica c'è molto da fare durante questi giorni. Molti operai sono in ferie e i restanti sono oberati dal lavoro.»

«E, lasciami indovinare... tu sei uno di quelli che si è proposto di addossarsi anche il carico degli altri?»

«Spero che il capo mi dia un aumento, dopo tutti gli straordinari che ho fatto. La nostra economia non decolla, Nadia. La vita a Roma è cara, e io devo trovare il modo migliore per andare avanti.»

«Ma, papà, potrei cercare un lavoro anche io nel tempo libero! Lo sai che sarei felice di aiutarti, soprattutto perché non sono più piccola come prima.»

«Non ci pensare neanche», replicò Guglielmo, severo. «Hai diciassette anni e devi viverli tranquillamente. Voglio solo che ti impegni a scuola e che trovi il tempo libero per svagarti e uscire con il tuo ragazzo. Io sono grande e so cavarmela. Come sempre, no?»

Nadia scosse la testa, in disaccordo. Avrebbe voluto tanto dirgli di sì, ma in tutti quegli anni non lo aveva mai visto in una condizione simile. Era stremato fisicamente, ma si ostinava a convincersi di essere in grado a gestire la situazione. Sbuffò e tirò a sé la scatola delle decorazioni. «Bene, allora lascia che in casa ci pensi io», decretò. «Vatti a riposare. Finirò di preparare l'albero e cucinerò la cena. E se ti vedo uscire dalla camera prima delle sette, giuro che ti sbatto fuori casa», lo minacciò scherzosamente, brandendo il puntale dell'albero.

Il padre rise e si passò una mano sugli occhi. «Sei un tesoro di ragazza.» Le passò una mano sui capelli con dolcezza e si diresse in camera.

Nadia si sbrigò a mettere le ultime decorazioni: le serviva tempo per dedicarsi al regalo di Mattia. Con suo padre avevano deciso di non spendere soldi per farsi doni tra loro già da un po' di anni: esserci era già la cosa più preziosa che si potessero scambiare. E quell'anno era davvero l'unica cosa che contava, visto che avrebbero trascorso le feste da soli, a Roma. Fino ai Natali passati si erano sempre organizzati con i vicini di casa e con la famiglia di Ada, imbandendo tavolate di almeno venti persone.

Con un sospiro si guardò intorno e vide con tristezza solo una casa vuota. Scacciò dalla testa quel pensiero negativo e si mise a camminare su e giù nella sala, in cerca di un'ispirazione valida ed economica... un piccolo pensiero in grado di strappare un sorriso a Mattia.

Alla fine optò per un braccialetto creato da lei. Ada le aveva insegnato la tecnica per intrecciare le strisce di cuoio tra loro, creando dei disegni delicati. Per fortuna, in camera teneva tutto l'occorrente; così si mise seduta di fronte alla scrivania e cominciò il lavoro. Dopo due ore aveva finito.

Nadia guardò soddisfatta il bracciale e rimase stupita nell'osservare la precisione degli intrecci e le sfumature di colore che si alternavano tra un tipo di cuoio e l'altro. Chiuse le due estremità con un cordoncino nero regolabile, all'interno del quale fece scivolare una perlina di legno marrone. Lì ci incise l'iniziale del suo nome, come firma del lavoro. Incartò il regalo in una scatolina rossa e la lasciò sopra la scrivania.

Anche se non era un regalo di chissà quale valore, era fatto con il cuore e sperò con tutta se stessa che a Mattia sarebbe bastato. 

Tutto quello che ho sempre cercatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora