Forse chi aveva inventato il termine scocciatura aveva pensato a quella serata. Doveva essere per forza così, rifletté tra sé e sé Mattia. Era seduto su un divanetto di pelle rossa da almeno un'ora. Accanto a lui, gli altri ragazzi si stavano divertendo come matti, tra un bicchiere di liquore e l'altro. Ridevano, facevano battutine sardoniche su chiunque passasse di lì e spettegolavano come vecchie comari.
Lui si trovava all'angolo più esterno del tavolo, in disparte e nel tentativo di non essere immischiato nei loro stupidi giochetti. Guardava la scena dall'alto della sua indifferenza, con una mano a reggersi il volto e uno sguardo spento e annoiato.
Le serate erano spesso così: i compagni facevano gli scemi e offrivano da bere a tutti, le ragazze si fingevano ubriache e davano spettacolo gratuitamente, mostrando lati di loro che di solito erano tenute a nascondere.
Anche il suo atteggiamento era invariabile. Usciva solo per fare numero e limitare al minimo le discussioni con i suoi genitori. In realtà, la sua partecipazione a quelle attività era quasi pari a zero. Preferiva guardarli in silenzio, fingendo qualche sorrisetto e partecipando ai rari discorsi più seri. Il resto era solo una patetica e indifferente sopportazione.
«Hai perso, Anita», sbottò divertito Manuel, indicando la scollatura della camicetta della ragazza. «È evidente che è entrata dentro.»
«È rimbalzata di fuori», ribatté lei con una risata.
Ecco, quello era il tipico livello delle loro conversazioni.
Gli altri ragazzi si scambiarono commenti al riguardo, chiedendosi dove fosse finita l'oliva, oggetto del gioco. «Devi pagare da bere, De Longhi», la prese in giro il ragazzo.
«Io non perdo mai», sibilò lei. «Giada, Carolina, cercate l'oliva sotto il tavolo. È palese che sia cascata.» Le due alzarono gli occhi al cielo e si chinarono a terra.
«Dai, Anita», sbottò Lorenzo con un sorriso sornione. «Offro io, se ti dà così fastidio. Anzi, perché non ordiniamo un po' di champagne per placare gli-»
«Categoricamente no», lo bacchettò lei, alzandosi dal divanetto con uno slancio. La gonna nera di pelle si alzò di qualche centimetro e i ragazzi la guardarono con la bocca semi aperta. Lei sorrise soddisfatta, arricciando le labbra color ciliegia. Adorava attirare l'attenzione di tutti. Era sempre stato il suo forte.
«Non... Oddio, non sono poi così sicuro che... che sia entrata sul serio», balbettò Manuel, imbambolato su di lei.
Mattia alzò gli occhi al cielo e sbuffò in maniera quasi impercettibile, spostando lo sguardo da quella scena patetica.
Anita fece una carezza sulla guancia di Manuel e gli rivolse un'occhiata melensa, carica di finzione, prima di allontanarsi da lui e avanzare sui tacchi a spillo verso Mattia. Si sedette in modo provocatorio sopra al tavolo, accavallando le gambe quasi in faccia al ragazzo. «Mattia, perché tu non giochi?», gli chiese, mordendosi il labbro.
Il ragazzo alzò le sopracciglia e incrociò le braccia al petto con un lungo sospiro. «Stasera non mi va.»
Gli amici borbottarono parole confuse tra loro. Probabilmente insulti rivolti contro di lui.
Anita non si diede per vinta. «Andiamo, Silvestre. È un'occasione unica.»
«Unica? Ma se ci provi ogni settimana a farti infilare le mani sotto alla tua maglietta», ribatté Mattia, con un sorriso sghembo.
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Tutto quello che ho sempre cercato
RomanceNadia Savini ha 17 anni e una vita apparentemente tranquilla, trascorsa in un piccolo paese della bassa Toscana insieme al padre. Orfana di madre già da pochi anni dopo la sua nascita e in una condizione economica familiare per nulla agiata, sa beni...