La prima cosa che Nadia notò all'interno del locale fu la confusione. Un'assordante confusione. C'era gente che vagava per ogni dove, in un flusso continuo e caotico. Alcuni si spostavano da una parte all'altra della grossa stanza, facendo avanti e indietro tra il bar e la pista da ballo; altri stavano fermi davanti ai divanetti in pelle e ondeggiavano al ritmo di una musica fragorosa, con un drink in mano. Il tutto rendeva l'ambiente un groviglio di persone appicciate tra loro che si muovevano senza un'apparente logica di base.
Nadia arricciò il naso e socchiuse gli occhi, disturbata dalle luci stroboscopiche e dalle nuvolette di fumo che venivano rilasciate ogni tanto da alcune fessure accanto alla postazione del Dj. Quel posto era infernale: confusione, gente ovunque e assenza di privacy. Cosa poteva esserci di peggio?
Con un sospiro spostò lo sguardo da un angolo all'altro della sala buia. La maggior parte delle persone erano ammassate di fronte a un bancone lungo e dalla superficie in marmo nero, che aveva tutta l'aria di essere il bar; altre invece si distribuivano tra la pista e una zona più appartata, separata da alcuni cordoni rossi. Davanti c'era un cartello con su scritto "Privé".
Lo sguardo di Nadia indugiò attentamente sulle persone che le sfrecciavano accanto, cercando di riconoscere invano qualche volto familiare. Si voltò verso le sue compagne, poco più distanti da lei. Le quattro ragazze sembravano perfettamente a loro agio in quell'habitat, come se non notassero il chiasso tremendo e la musica assordante che vibrava nel petto. Ridevano tranquillamente, mentre ispezionavano il territorio con occhi vispi e attenti, alla ricerca di chissà chi o cosa. Ogni tanto si lasciavano andare a qualche battutina perfida sul vestito di una ragazza o di qualche nuova coppia che si era da poco mostrata in pubblico.
Nadia attirò la loro attenzione, con le mani che le coprivano le orecchie. Non ne poteva già più di quel posto. «Ragazze, fin quando dovremo restare qui impalate?», urlò, per sovrastare il rumore della musica.
«Ti piace il locale?», replicò invece Penelope, ignorando la sua domanda.
«È molto... In, ma non è il mio genere.»
Anita sbarrò gli occhi, quasi oltraggiata. «Ehi, non vorrai già mollarci. Ricordati che mi devi un favore», le sibilò all'orecchio. «Il buttafuori ti ha fatto entrare grazie a me.»
Nadia rimase a bocca aperta e realizzò solo in quel momento quale fosse il contenuto di quella bustina bianca: Anita aveva convinto l'uomo a lasciarla entrare corrompendolo con dei soldi. Sconvolta da quella rivelazione, indietreggiò di un passo e andò a sbattere contro la spalla di qualcuno che stava passando proprio dietro di lei. Si voltò immediatamente e si scusò con la ragazza che aveva urtato, che per un attimo rimase a fissarla a occhi spalancati, per poi andarsene via con l'aria divertita. «D'accordo, resto», si arrese alla fine. Quella battaglia stava durando già da troppo tempo, ed era evidente che ne sarebbe potuta uscire solo sconfitta. Tanto valeva alzare bandiera bianca da subito e dichiarare pacificamente la sua resa.
Sul volto delle ragazze si dipinse un'espressione trionfante.
«Questa è la nostra contadinella!». esclamò Giada, saltellando in maniera aggraziata sui tacchi a spillo.
«Ragazze», strillò Carolina, mentre si sventolava il volto con una mano, in visibilio, «guardate là... Quello con la giacca nera e la camicia beige.» Indicò uno tra i tanti tipi mescolati nella folla.
«Giorgio Tibeschi? Tesoro, non scherzare neppure.» Anita sfoggiò una smorfia disgustata.
«Perché? È un tipo a posto», rispose impacciata Carolina, per la prima volta presa di contropiede.
«Se non fosse che le industrie della proprietà di famiglia stiano andando in banca rotta. Un vero peccato per la nomina, non trovi?», ribatté Anita, sorridendo all'amica in modo tutt'altro che dolce.
«Però...»
«Da quando in qua ti interessi a un futuro poveraccio? Puoi ambire a molto di più, Caro.»
Carolina si schiarì la voce e spostò lo sguardo dal ragazzo. «Hai ragione», sospirò. «Cercherò di meglio.»
Nadia scosse appena la testa, in disaccordo con quelle parole: forse era meglio essere assordata dalla musica, piuttosto che ascoltare discorsi del genere.
Un gruppetto di ragazze in abiti succinti le passarono davanti e quando incrociarono il suo sguardo le risero in faccia. «Ma l'avete vista quella lì?», riuscì a sentire tra la confusione. Si sporse in avanti, cercando di seguirle con gli occhi lungo la sala, e notò che qualcuna ancora si stava voltando verso di lei, coprendosi la bocca con la mano.
«Insomma, andiamo a bere qualcosa?» Giada ricondusse Nadia con i piedi per terra. «Bere? Ancora?» replicò, in tono lamentoso, mentre intanto le altre si avviavano verso il bar. Quei maledetti tacchi non la facilitavano per niente, ma, tra una storta e l'altra, le raggiunse al bancone.
Penelope era intenta ad attaccare bottone con un ragazzo fasciato in un completo blu dall'aria superiore, mentre le altre salutavano chiunque di loro conoscenza nell'arco di mezzo metro.
«Ehi, tesoro, da quanto tempo!», miagolò Anita a una ragazza rossiccia che si era fermata accanto a lei per darle un bacio sulla guancia. «Santo cielo, ti trovo in formissima! Non starai diventando troppo bella?», le sorrise. La ragazza ricambiò i complimenti con tono altrettanto smielato e poi si congedò, dopo averle augurato una buona serata.
Non appena se ne fu andata, Anita si voltò verso Giada e Carolina con faccia sdegnata. «Quella troietta ha anche il coraggio di venirmi a salutare», sibilò. «Al Macchiavelli sanno tutti cos'ha combinato lo scorso anno, alla festa delle matricole della L.U.S.I.»
«Cosa ordiniamo da bere?» Penelope cambiò argomento, riunendosi di nuovo al gruppetto di amiche.
Giada e Carolina si fecero spazio in prima fila davanti al bancone del bar, lasciando il posto centrale ad Anita, che fissò i barman come se fossero delle prede da cacciare. «Dipende da cosa hanno da offrirci questi ragazzi.»
I due barman si lanciarono un sorrisetto sornione a vicenda e si sporsero sul bancone, felici di essere predati. «Dipende cosa offrono a noi queste belle ragazze...», rispose il primo, un moretto dagli occhi leggermente a mandorla.
Le quattro risero, mentre Nadia si teneva più per le sue sulle retrovie.
«Cominciamo dai drink, per ora», rispose Carolina, ammiccando.
«Le negoziazioni si fanno in diretta e in parti eguali», ribatté il tipo a destra, con le braccia tatuate e un piercing al sopracciglio.
«Be', magari potremmo iniziare col darvi i nostri numeri di cellulare e...»
«E niente. Carolina non sa mai tenere la bocca chiusa», la zittì Anita, lanciandole un'occhiata assassina. «Non datele ascolto. Vi farò una proposta molto più allettante», disse ai due barman, affinando lo sguardo come una lince.
Il ragazzo tatuato lanciò un'occhiata complice al collega. «Jordan, iniziaa preparare cinque shot di Tequila per le nostre amiche...»
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Tutto quello che ho sempre cercato
RomanceNadia Savini ha 17 anni e una vita apparentemente tranquilla, trascorsa in un piccolo paese della bassa Toscana insieme al padre. Orfana di madre già da pochi anni dopo la sua nascita e in una condizione economica familiare per nulla agiata, sa beni...