Capitolo 21.

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La sua immagine gli era rimasta impressa nella mente, facendolo restare impalato come un idiota davanti alla porta del bagno. Mattia aveva strizzato gli occhi, nel tentativo di mettere meglio a fuoco la piccola figura troppo familiare di fronte a lui.

No, non poteva essere lei, si era ripetuto dentro di sé. Era impossibile. Doveva esserci un errore. Sì, la spiegazione più logica era che avesse avuto una svista, che quel drink con Lorenzo gli aveva dato alla testa, o che la confusione del locale gli aveva fatto immaginare cose che in realtà non c'erano.

Poi però aveva visto indugiare la ragazza per qualche secondo di troppo, come se si fosse appena resa conto anche lei della sua presenza. L'aveva vista cambiare espressione quando i loro sguardi si erano incrociati, passando dalla disperazione alla vergogna.

No, per quanto lo avesse sperato, non c'erano dubbi: era davvero lei.

Il suo cervello ci mise qualche secondo a carburare, formulando interrogativi e domande in continuazione. Cosa ci faceva Nadia all'Elìte? Con chi era venuta? E perché era conciata in quel modo osceno? Ma, soprattutto, perché stava correndo via disperata? Ma prima che avesse potuto trovare una risposta anche a una sola delle sue domande, Nadia si era coperta il volto ed era corsa fuori dal locale.

Mattia scosse la testa e si forzò a tornare con i piedi ancorati alla realtà. Doveva seguirla. Uscire per strada in quelle condizioni era pericoloso, soprattutto per una come lei. Si avviò con grosse falcate verso la porta, avvolto in una nube di rabbia e preoccupazione, ma una presa gelida sul braccio lo fece bloccare, proprio a pochi passi dall'uscita. Si voltò di scatto, infuriato, e vide Anita.

«Ti stavo cercando, Mattia», gli disse, sbattendo lentamente le ciglia in modo provocatorio.

«Ho visto le tue chiamate, ma adesso non è proprio il momento», ribatté lui, facendo avanti e indietro con lo sguardo tra la ragazza e la porta. Ci mancava solo lei, a fargli perdere tempo.

«Sembri nervoso. È successo qualcosa?»

«Anita, seriamente, non adesso», ripeté freddamente Mattia, mentre cercava di allentare la morsa gelida della ragazza dall'avambraccio.

Anita sbuffò e arricciò le labbra. «Non hai mai tempo per me.»

«Oh, ti prego. Non fare la vittima. Non ti si addice.»

Anita lo squadrò stupita, colta alla sprovvista dalla sua arroganza. «Perché sei così freddo con me?»

Mattia alzò gli occhi al cielo e sbuffò, spazientito. Era un periodo in cui riusciva a far piangere tutte le ragazze con cui parlava. Questo pensiero gli fece subito ricordare di Nadia. Le sue lacrime erano di certo più giustificate di quelle di Anita. «Veloce, dimmi che succede», la spronò alla fine.

Anita sorrise e cambiò subito espressione. «Volevo parlarti. In privato

«Non possiamo rimandare a domani? Se non l'hai notato, vado di fretta.»

«È proprio questo il problema», ribatté lei, avvicinandosi al ragazzo e afferrandolo per il colletto della camicia. «È da un po' di tempo che ti vorrei parlare di noi, ma sei sempre sfuggente.» Gli accarezzò i capelli castani, diminuendo sempre di più le distanze.

Mattia si irrigidì. «Anita, che cosa pensi di fare?»

Lei gli sospirò sulle labbra. «Quello che vorrei fare da un sacco di tempo», spiegò. Poi premette il corpo contro il suo e lo baciò, con le braccia strette attorno al collo del ragazzo.

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