Capitolo 6.

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Il Machiavelli era un edificio maestoso in perfetto stile ottocentesco, con la facciata principale decorata in modo elegante e un giardino antistante ricco di pini centenari e panchine in pietra. All'esterno c'era un ampio spiazzo privato, in cui erano parcheggiate automobili e motociclette, tutte accomunate da una sola caratteristica: il lusso.

Nadia passeggiò di fronte al cancello d'ingresso per qualche minuto, con le cinghie dello zaino strette tra le dita e un'espressione carica di nervosismo, e scorse con la coda dell'occhio la Mercedes nera che l'aveva quasi investita. L'arrogante proprietario, Mattia, era sceso con tranquillità e aveva indossato un paio di occhiali da sole vintage, prima di unirsi a un gruppo di compagni, che lo stavano aspettando a pochi passi da lui.

Nadia distolse lo sguardo da lui, convinta che gli stesse dedicando fin troppe attenzioni, e varcò finalmente i cancelli della scuola, diretta verso l'entrata principale, dove parecchi studenti stavano aspettando il suono della campanella di inizio lezione. Mentre camminava, ebbe l'impressione di avere addosso gli occhi di tutti. Così abbassò lo sguardo a terra e lasciò che i capelli le coprissero parte del volto: odiava il vociferio dei pettegolezzi e il peso degli sguardi addosso al suo corpo. Era una sensazione che riusciva a tollerare poco.

Una volta superata la zona rossa ed entrata nell'edificio, cercò di non rimanere troppo colpita dal lusso che traspirava da tutte le pareti: più che una scuola, quello sembrava un museo.

Nadia si guardò ancora un po' intorno, finché non riuscì a inquadrare la segreteria, una piccola stanza vicino all'ingresso con una scrivania ricolma di fogli e registri, dietro alla quale era seduta una signora, intenta a rimettere in ordine la sua collezione di penne con un fare a dir poco maniacale.

«Ehm, mi scusi... Sono Nadia Savini, la nuova studentessa» mormorò, schiarendosi la voce. «Oggi è il mio primo giorno di lezioni e sto cercando la classe del IV A.»

La donna, una signora di mezza età vestita di tutto punto, alzò appena gli occhi per scrutarla da vicino. «Oh, la ragazza della borsa di studio», ridacchiò, passandosi un dito sopra un neo sporgente, all'altezza dello zigomo destro. «Be', benvenuta al Machiavelli, signorina Savini. Ho seguito personalmente le sue pratiche di trasferimento e devo ammettere che la scelta di questo liceo mi ha lasciata un po' perplessa... In ogni caso, l'aula che cerca è al primo piano. Salga la rampa di scale qui dietro e imbocchi il primo corridoio a destra. Alla prima ora c'è Ridolfi, il professore di storia. Adora le digressioni sulla Guerra Fredda quasi quanto i suoi completi in tweed.»

Nadia ringraziò senza troppi convenevoli la segretaria dalla vena acidula e si avviò verso le scale che le aveva indicato, seguendo il percorso fino ad arrivare di fronte alla soglia del IV A.

L'aula non si distaccava molto dal lusso e dall'eleganza del piano inferiore: il pavimento in linoleum brillava e i banchi non erano sgangherati come quelli del suo vecchio istituto, ma avevano degli scheletri in legno imponenti e decorati, ai quali si trovavano delle sedie rivestite. In fondo alla stanza, poi, c'era una lunga libreria piena di tomi di storia romana e atlanti geografici, che si estendeva per tutta la parete.

Nadia scelse un banco a caso nella fila centrale e ci appoggiò sopra lo zaino, senza smettere di guardarsi attorno con aria stupita, finché il suono della campanella non la fece sussultare sul posto.

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