Capitolo 42

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Perrie's pov.
Sono ancora nelle sue braccia, mi fanno sentire al sicuro, protetta e tranquilla anche se non mi sento proprio il top.

Vaffanculo tutto!

Adesso ho la gola secca, mi sento battere il cuore nelle tempie, mi sento intontita e riesco a respirare a malapena. I miei polmoni chiedono pietà e le costole fanno un male cane.

«N-non mi sento bene, Mattí» dico strusciando la schiena sul muro fino a toccare terra.

Mi gratto la fronte.
Si china alla mia altezza e prende le guance nelle sue grandi mani.
Respiro profondamente, ma è come se mi mancasse l'aria.

Ho paura.

Ho una paura boia.

«Calmati, calmati» sussurra quando nota che sto respirando sempre più forte.

Inizio a piangere di nuovo.

«Aspettami, piccolè, faccio prestissimo» dice correndo di là come un razzo.

Faccio il possibile per resistere. Una vampata di calore mi invade le guance e l'ultima cosa che vedo prima di svenire è Mattia e Virginia venirmi incontro.


************

Mi sveglio, non so dove sono. Apro gli occhi e vedo, sopra di me, una parete bianca, con un impalcatura in acciaio. Di sicuro non è la sala prove, o forse sì. Non lo so, sono confusa. Ho lo stomaco chiuso e la gola secca. Sposto lo sguardo a destra e sono presenti due letti. Sono in casetta. Sul mio comodino  ci sono delle strane pillole, di colore rosso e un bicchiere d'acqua ancora intatto. E subito mi ricordo: Mattia.

Mi alzo spedita, e vado in cucina/soggiorno, è diverso da come lo vedevo dallo schermo. È più grande, più bello.
Mattia è steso sul divano con le cuffiette nelle orecchie. Mi sento stordita, come se non mi svegliassi da cinque giorni. Appena mi vede si alza, lanciando il telefono sul puff.

Faccio finta di niente, e mi siedo al tavolo, davanti una tanica di latte. La respingo, non ho fame.

Si siede difronte a me, abbasso lo sguardo come per sentirmi pentita.

Sbadiglio e continuo a fissare le mie gambe.

Sento il respiro di Mattia, così vicino al mio corpo, quasi mi dà alla testa il suo buono odore. Se non era per il mio orgoglio a quest'ora stavamo già accoccolati vicino.

Tossisco e noto ancora che il sapore di fumo invade la mia gola.

«Non ti puoi alzare, ritorna a letto» dice Mattia interrompendo questo dannato silenzio.

«Sto bene, adesso.» mento.

Mattia sospira, e lo seguo pure io.
Non ce la faccio a stargli così a distanza, sento come se qualcosa mi mancasse, una parte di me.

Incrocio i suoi occhi verdi, e inizio a tremare.

«Come stai?» chiede.

Stringo i denti, e ticchetto con le unghie sul tavolo. Mattia fissa ogni mio gesto, tanto da mettermi a disagio.

«Bene, ho detto» articolo bene io.

In realtà no, e anche Mattia sta male, è un pezzo di ghiaccio, ma non riesco a tornare come prima.

«Tu?» chiedo interrompendo per la seconda volta il silenzio tombale.

Annuisce e poi prende il respiro.
«Bene.» sussurra.

Mi alzo all'improvviso poggiando la tazza nel lavandino, rimango li, ferma a pensare.

«Vai a letto!» mi ordina con una voce grossa.

Respiro a lungo e fisso il mio volto nel piccolo specchietto presente in cucina.
Ho il viso pallido, di una persona che sta per svenire. Trattengo a malapena le lacrime. Porto una mano alla bocca, come per non bestemmiare.

«Non mi puoi dare ordini!» esclamo con la bocca serrata, quasi come per non farmi sentire.

Ride, allora ho forse la speranza di rivederlo ancora felice, o forse no.

«Ti devo parlare» dice sedendosi di nuovo, di fronte a me.
Annuisco, come per dare il consenso e bevo un piccolo sorso di coca cola.

«Scusa» mormora con le labbra quasi serrate, lo capisco a malapena.

Respiro e sbuffo.

Faccio spallucce e continuo a bere.

«Non puoi continuare con questo silenzio» dice alzando il tono della voce.

«Io posso continuare quando voglio, ieri è stato solo...» continuo.

«Ma io ti a..»dice portandosi le mani tra i capelli, ma lo interrompo sbattendo la lattina sul tavolo, come per richiamare l'attenzione.

Mi lego i capelli in una coda, lasciandone alcuni fuori.

«Lascia le cose così, Mattia» dico con non so che coraggio.
Una voragine in petto mi si apre. È distrutto, adesso l'ho ucciso, e non era mia intenzione. Mi sento colpevole di tutto.

«BASTA!» urla lui sbattendo il pugno sul tavolo, quasi come per romperlo.

Le lacrime raggiungono i miei occhi, devo trattenerle, DEVO.

«È stato uno sbaglio» ripeto come l'ultima volta. Adesso siamo morti entrambi.

«Vaffanculo» sussurra con le lacrime agli occhi.
Passo una mano sul viso cercando di soffocare quel maledetto nodo in gola.

«Io n-non riesco a scrivere, non ho l'ispirazione, cazzo» urla facendomi sussultare.

Adesso sto piangendo davvero.

Mi volto verso di lui, è rosso dalla rabbia.
«Io....» sto piangendo, a dirotto.
Sta piangendo anche lui.
Ci avviciniamo sempre di più.
Non posso stargli lontana, non ci riesco.
«Non dire niente» sussurra.
Mi fiondo nelle sue braccia, ci bagno la maglietta con le lacrime ma non me ne importa. Mattia mi stringe forte.
«Sfogati» gli sussurro all'orecchio.
Ci guardiamo intensamente.
Quelle fottute labbra, non riesco a tenerle lontane da me.
In un secondo, annullo la distanza che c'è tra noi e assaporo quel bacio.

Benvenuta||MattiaBriga.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora