Capitolo 24

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Vaffanculo David, vaffanculo i suoi consigli, vaffanculo Freya!
Che poi, con tutte le ragazze che c'erano, proprio con lei doveva farsela? Lei mi odiava e io odiavo lei! Era uno stronzo, tutti quei consigli su Daniel e poi? Poi si comportava come lui.
David non ti deve niente, disse la voce della mia coscienza, ed effettivamente aveva ragione. In fondo mi aveva solo baciata una volta ed io mi ero fatta i soliti film mentali, come sempre. Ero così ingenua e stupida.
Non avevo bisogno di un ragazzo, per essere felice. Avevo tutto quello di cui avevo bisogno senza dovermi appoggiare ad un ragazzo. Avevo ottimi voti, delle amiche e amici fantastici, avevo tutto ciò che mi serviva. Perché complicarmi la vita con uno stupido, egocentrico, so-ttutto-io, ma bellissimo ragazzo?
Al diavolo!
Mentre camminavo immersa nei miei pensieri venni urtata da un paio di ragazzi che ridevano e facevano un gran fracasso.
<<Ei ragazzina, sta' attenta a dove metti i piedi>> disse uno di loro ed io li ignorai prontamente. Presi una strada secondaria per arrivare a casa così da impiegare più tempo; non avevo voglia di spiegare la situazione alle mie amiche, non ancora almeno. Mentre proseguivo per la mia strada vidi un ragazzo seduto sul marciapiede con la testa fra le mani. Mi sembrava di conoscerlo, ma era difficile dirlo solo dal profilo. Contro ogni buon senso mi avvicinai, preoccupata.
<<Ehi... tutto bene?>> chiesi, titubante.
Il ragazzo trasalii e alzò la testa di scatto.
Era il ragazzo di Mark, Ben!
Aveva gli occhi lucidi di pianto e dal naso gli gocciolava del sangue sul labbro gonfio. Qualcuno lo aveva preso a pugni.
<<Oddio Ben! Tutto bene?! Cosa è successo?! Chi è stato?>> lo inondai di domande.
Lui sorrise e si asciugò il sangue noncurante, ciò voleva dire che fortunatamente non c'era nessuna frattura.
<<Tutto bene. Incidenti di percorso>> rispose, con una nota di sarcasmo.
Mi sedetti accanto a lui e gli misi una mano sulla spalla.
<<Ben. Chi è stato?>>.
Lui non rispose, ma le lacrime che stava cercando di trattenere gli caddero sulle guance.
<<Guardami. Piango proprio come una checca. Hanno ragione>>.
Un presentimento mi investii, ma non sapevo come rispondere. Ero sicura che c'entrassero i ragazzi che avevo incrociato poco prima.
<<Ben... da quanto va avanti questa storia?>>.
Lui ci pensò su un attimo, riluttante se confidarsi con me o meno.
<<Beh, ormai sei qui. Da un paio di mesi, ormai. Sono un gruppetto di quattro ragazzi, non sanno che sto con Mark. Ma uno di loro sa che sono gay, e così lo ha detto agli altri. Avevo avuto un disguido con il "capo" di quel gruppo, ed eccomi qui. Da allora mi danno il tormento. Solo perché mi piacciono i maschi>> rise, sprezzante.
Il mio presentimento era giusto, allora. Erano stati dei bulli omofobi a fargli questo e la rabbia mi ribollì dentro. Com'era possibile che nel ventunesimo secolo ancora la gente si comportava in questo modo così ignorante?! Chi erano quelle persone che si credevano tanto potenti da poter decidere chi era giusto o meno amare?
Nessuno poteva farlo.
Nessuno aveva il diritto di giudicare e di ferire nel profondo un ragazzo, privandolo della sua dignità.
<<Ben, devi dirlo a Mark. Lui potrebbe fare qualcosa...>> provai a dire ma lui mi bloccò.
<<Non esiste. Hai visto quant'è grosso? Li massacrerebbe tutti e quattro in un colpo solo, questo è vero.  Ma poi passerebbe dei guai. No. E poi non si risponde alla violenza con altra violenza, Jen>> disse, risoluto.
<<Ma tu...>>.
<<Ma io niente. Va bene così, prima o poi si stancheranno. È il destino di noi gay, questo>>.
Mi infuriai per la sua pacata rassegnazione.
<<Nessuno merita questo destino! Tu sei uguale a me e a tutti gli altri, non hai niente di diverso! Devi reagire Ben!>>.
Quasi stavo urlando.
<<E dopo? Cosa pensi che accadrebbe, Jen? Io e Mark li affrontiamo, loro finiscono in carcere e i miei genitori scoprono che sono gay, mi tagliano i viveri e mi cacciano di casa. Certo, potrei andare a vivere con Mark, ma sarei senza famiglia>>.
Oh. Non sapevo che Ben nascondesse la sua natura alla sua famiglia.
<<Non lo accetterebbero?>> chiesi.
Lui fece un altro verso sprezzante.
<<Mio padre odia i gay. E il destino, per dispetto, gli ha donato un figlio gay. Comico, eh?>>.
<<Non dovresti nasconderti. Loro sono la tua famiglia, capirebbero>>.
<<Forse. Ma sono un codardo. Non ho il coraggio, non sono pronto>>.
A quel punto non sapevo proprio cosa dire. Provavo un misto di rabbia e tristezza dentro.
Io mi lamentavo per dei ragazzi che facevano gli stronzi, e nel mondo c'era gente che viveva gli stessi disagi di Ben. Perseguitato solo perché amava una persona del suo stesso sesso.
Io ci provavo a capire cosa ci potesse essere di male in ciò, ma proprio non ci riuscivo.
Nessuno merita di essere discriminato, soprattutto non a causa dell'amore, la cosa più pure e genuina del mondo.
Mi alzai in piedi di scatto.
<<Risolveremo questa situazione>> dissi e iniziai a camminare da dove ero venuta.
<<Jen, ti prego. Non dire nulla a Mark!>> mi implorò lui.
<<Non lo farò. Adesso ricomponiti e va' da lui. È quello che ti serve adesso>> risposi e mi allontanai.
Dove potevano essere andati quei ragazzi? Iniziai a correre verso la direzione che potevano aver preso, sperando di avere fortuna.
Li intravidi in un bar squallido alla fine della strada, seduti ad un tavolino all'aperto.
Mi avvicinai, con una sicurezza che non provavo. Loro era in quattro ed io ero sola, oltre che una ragazza che con un pugno poteva finire K.O.
Loro mi lanciarono sguardi languidi e io mi disgustai.
Speravo si capisse il tono disgustato dalla mia voce.
<<Dovete lasciare in pace il mio amico Ben>>.
Loro mi fissarono un attimo e poi iniziarono a ridere.
<<E tu chi sei?>>disse uno di loro, il più grosso. <<La sua mammina?>>.
Quello alla sua destra prese la parola. <<Così peggiori solo le cose. Ha deciso di mandare te a difenderlo eh? Più checca di quanto pensavo>> disse e gli altri risero. La rabbia continuava a crescere ma dovevo rimanere lucida se volevo aiutare Ben.
<<Sarà pure una checca, ma sicuramente è più uomo di voi, che fate i forti solo perché siete in quattro! Voi non avete nessun diritto di perseguitarlo, brutti viscidi ignoranti!>> urlai. E addio cercare di non farsi sopraffare dalla rabbia.
Quello che aveva parlato all'inizio si alzò ed io iniziai a tremare dalla testa ai piedi. In che situazione mi ero messa!
<<Senti un po', ragazzina. Ma chi ti credi di essere! Ringrazia che sei una donna, sennò a quest'ora ti avevo già riempito di schiaffi>>.
Certo, con quei vermi solo la violenza funzionava, le parole non servivano a niente tant'erano ignoranti.
Li squadrai per bene.
Non venivano sicuramente al college, altrimenti almeno uno di loro l'avrei riconsciuto. Avevano tutti e quattro una giacca di pelle, il capo della combriccola portava una bandana in testa. Tutti e quattro portavano vestiti rovinati e sgualciti. Crescere in una famiglia ricca ti faceva riconoscere subito chi aveva bisogno di soldi, e loro sicuramente ne avevano, di soldi. Erano ragazzi di strada, si capiva.
<<Facciamo così>> dissi, con un sorriso amabile. <<Io non chiamo la polizia e non vi denuncio per abuso...>>.
<<Abuso? Quale abuso?>> gridò il capo, che si avvicinò pericolosamente Alla mia faccia mentre gli altri tre si alzavano.
Presi aria nei polmoni e inizia a gridare.
<<Aiuto! AIUTO! Qualcuno me li cacci di dosso!!>>.
Un paio di teste si voltarono nella mia direzione e il barista all'interno del locale uscì a controllare.
<<Cosa succede qui? Cosa state facendo a questa povera ragazza? Chiamo la polizia?!>>.
<<No! La ragazza ha capito male, noi volevamo solo chiederle un informazione>> disse il capo banda, con aria fintamente innocente. Fortunatamente il proprietario del bar non era stupido e mi guardò, alzando un sopracciglio.
<<Oh, ho avuto una reazione esagerata. Vogliono solo chiedermi una cosa. Ma la prego, resti nei paraggi. Mi sentirei più sicura>> dissi, con la voce più innocente e amabile possibile e lui, imbarazzato annuì. Poi, dopo aver lanciato un'occhiataccia minacciosa ai quattro, entrò dentro.
<<Che cazzo fai, ragazzina?>> mi gridò il ragazzo, stringendomi il polso. Io gli lanciai un'occhiata al polso e lo strattonai.
<<Vi do mille dollari se lasciate stare Ben e giurate di non importunarlo mai più>> dissi, d'un fiato.
Il capo della banda mi fissò sbalordito.
<<Se nonostante io vi dia i soldi scopro che rompete ancora il cazzo a Ben, vi denuncio per stupro. E il barista qui sarà un testimone. È la mia parola contro la vostra, cioè una banda di delinquenti>>.
Lo sguardo del capo banda cambiò da sbalordito a pensieroso e infine, sembrò esser passato all'ammirazione.
<<Sei una tosta eh, anche se non sembra>>.
<<Accetti, si o no?!>> chiesi impaziente. Non vedevo l'ora di Cacciarmi quegli esseri viscidi davanti.
<<1000 dollari l'uno>> mi contropropose il capo banda.
Cazzo, quattro mila dollari.
Ma me lo potevo permettere.
<<Okay!>>.
<<La solita troia ricca>> borbottò uno di loro e io lo ignorai, mentre stringevo la mano al suo capo banda.
<<Ricordati il mio avvertimento>>.
<<Sono un uomo di parola>>.
<<Uomo, non direi proprio. Un uomo non si comporterebbe in modo così squallido >>. Lui aumentò la stretta sulla mia mano.
<<Attenta a come parli, ragazzina. Essere ricca non vuol dire che puoi avere tutto>> sputò lui.
<<No, infatti. Ma ho appena comprato te e la tua banda. Domani sera vi farò trovare un assegno in questo posto e poi voi quattro sparirete dalla mia vita e da quella di Ben. Buon proseguimento>> dissi e me ne andai.

Sperai di aver fatto la cosa giusta per consentire a Ben di poter sentirsi meglio e più al sicuro. C'erano delle lacune nel mio piano, ma non volevo pensarci. Mi bastava che gli stessero lontani.

Ero quasi arrivata a casa quando mi squillò il telefono. Lo presi dalla tasca dei jeans e vidi che Fred mi stava chiamando.
Ero un po' arrabbiata con lui, anche se non ne avevo nessun diritto. Ero stata io nascondergli del bacio con David quindi non poteva sapere che saperlo con un'altra poteva provocarmi un minimo fastidio. Però sapeva benissimo che odiavo Freya. Sospirai.
Non riuscivo ad avercela con lui, mi sfiancava già abbastanza avercela con David, così risposi alla chiamata.
<<Ehi Jenny! Dove sei?>> disse Fred.
<<Ciao Fred. Ho cambiato idea, non vengo. Ho mal di testa>>.
<<Ah>> rispose semplicemente.
<<Vengo io da te allora>>.
Nonostante tutto, non avevo voglia di vederlo. Volevo solo andare a dormire.
<<Facciamo domani, okay? Ora voglio solo mettermi a dormire >> gli spiegai.
<<Mh, va bene allora. Ci vediamo domani a lezione>>.
<<Perfetto. A domani>> risposi e chiusi la comunicazione. Non avevo idea con quale faccia avrei guardato David il giorno dopo, sperai solo di non incontrarlo.

Arrivata a casa, Cristal e Julie erano nel letto di Julie, già in pigiama e stavano spettegolando. Mi sdraiai accanto a loro senza dire niente.
<<Com'è andata?>> mi chiese Julie.
<<Non è andata>> risposi.
<<Cioè?>>.
<<Se la stava spassando con un'altra. E indovinare un po' con chi? Con Freya!>> sbottai.
<<Che cosa?! Dopo quello che è successo?!>> esclamò Julie.
<<Perché? Che è successo?>> chiese Cristal e io lanciai un'occhiataccia a Julie. Lei e la sua bocca larga.
<<Niente, semplicemente non vanno d'accordo>> cercò di rimediare, ma Cristal aveva uno sguardo sospettoso.
<<Ma comunque non ci siamo incontrate. A quanto ho capito, Fred la stava mandando via sapendo del mio arrivo. Sapete, per non farci incontrare di nuovo>> dissi, mandando un'occhiata eloquente a Julie.
<<Poteva dirtelo che David se la spassava con lei >> disse Cristal.
<<E perché? Lui non sa cos'è successo prima e dopo Natale>>.
<<Eh, in effetti...>>.
<<Ma si Jen... meriti di meglio di uno che se la fa con una come Freya!>> disse Julie.
<<Questo è poco ma sicuro>> borbottai e lasciammo cadere il discorso.

Con te o senza te. COMPLETA DA REVISIONAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora