Capitolo 25

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Ansia.
Quella mattina mi ero svegliata ansiosa.
E parecchio incazzata.
Per Ben, per David e Freya. Perché sì e basta.
Mi feci una doccia frettolosa e legai i capelli in una treccia ordinata e strettissima. Anche la mia treccia aveva l'aria incazzata quella mattina.
Mi truccai più pesantemente del solito, quella mattina le mie occhiaie erano inguardabili.
Indossai un vestito beige con le calze color carne e delle parigine in lana nera sopra, presi il cardigan di Julie in tinta con il vestito dal suo armadio e scesi di sotto, mentre Julie sistemava la colazione con cura maniacale e Cristal stava stravaccata sul divano a guardare una vecchia replica di Sailor Moon in TV.
<<Che ci fai già sveglia tu?>> le chiesi, prendendo un toast dal piatto al centro che aveva posizionato Julie, prendomi così uno schiaffetto sulla mano da parte di Julie, che mi fece ricadere il toast nel piatto, perché ancora non aveva finito di preparare la colazione e io sbuffai.
<<Ho fame!>> mi lamentai ma lei mi ignorò, degnandomi solo di un'occhiataccia.
<<Devo abituarmi al letto nuovo>> mi spiegò Cristal, sbadigliando.
Io scrollai le spalle e sistemai la borsa con le lezioni del giorno. Si iniziava proprio alla grande, avevo lezione fino alle 17 quel giorno, quindi significava fermarsi a mangiare il cibo odioso della mensa. Yhuuu.
Così, quando la colazione fu pronta, mangiai fino a scoppiare. Mi sarei portata anche qualche toast da mangiare al posto del cibo della mensa, ma li finimmo tutti.
Salutammo Cristal e io e Julie ci avviammo per l'università.
<<Jen, è da stamattina che emani un'aura negativa. Calmati, che non ti fa bene>> disse Julie.
<<Si nota assai che nervosa?>> le chiesi titubante.
<<Direi di si. Ma andrà tutto bene, mandami un SOS se la situazione si fa insostenibile okay?>> chiese e le sorrisi in risposta, mentre attraversavamo il campus.

Nel complesso, le lezioni stavano proseguendo abbastanza bene, mi erano mancate! Prendere appunti e ascoltare gli insegnanti aveva un effetto rilassante e mi distraeva da ciò che accadeva fuori dalle aule.

Arrivata l'ora di pranzo mi incontrai con Julie al solito tavolo vicino all'albero dove io e David tante volte avevamo studiato e scherzato tra un'ora e l'altra.
Chissà dove si incontrava con Freya.
Aaaah, non mi doveva interessare!
Poco dopo ci raggiunsero Fred, Patrick e per la mia grandissima gioia, David, che si sedette davanti a me, come a farlo apposta.
Maledetto stronzo.
Julie mi strinse forte la gamba che stavo facendo tamburellare sotto il tavolo e mi fece male.
<<Ahia cazzo>> sbottai, facendo girare tutti. Avvampai e borbottai sottovoce delle scuse veloci. Con la coda dell'occhio vidi David ridacchiare e mi innervosii ancora di più. Stranamente, piuttosto di evitare il suo sguardo e far finta di nulla, lo fissai apertamente.
Lui era un po' sorpreso dal mio comportamento, io che riuscivo difficilmente a guardare negli occhi la gente per più di 5 secondi, ma non deviò lo sguardo. Sostenne il mio finché non mi resi conto che stavo trattenendo l'aria e alla fine dovetti cedere. Mi guardava con un'arroganza tale che mi faceva venire voglia di infilargli la testa dentro il purè di patate che stava mangiando. Io, in compenso, non avevo più fame. Avevo solo voglia di dolci e in quella mensa non c'era traccia di zuccheri, così mi alzai di scatto e tutti mi fissarono di nuovo.
<<Ci vediamo dopo>> dissi semplicemente e mi allontanai.
<<Dove vai?>> mi chiese Fred.
<<Ora torno>> risposi, senza dare ulteriori spiegazioni.
<<Vengo con te>> disse Julie e io annuii,  ma in quel momento arrivò Will, che sembrava arrabbiato così le dissi di rimanere con lui e mi allontanai da sola, felice di avere un po' di tranquillità.
Oltrepassai il Toto's pieno di studenti che non volevo incontrate e mi avviai al bar un po' più avanti. Mi sedetti nel gazebo, ordinai un muffin al cioccolato e una ciambella glassata da portare e iniziai a sistemare gli appunti di quella mattina.
<<Julie>> esclamò una voce, e io alzai lo sguardo leggermente spaventata, finché non vidi chi mi stava salutando.
<<Josh!>> dissi a mia volta, alzandomi e salutandolo.
<<Che piacere incontrarti di nuovo>>.
<<Anche per me!>> esclamai, sinceramente. Josh mi trasmetteva emozioni positive. Sì, l'avevo incontrato una volta sola, ma era bastato per farmelo stare simpatico a pelle.
<<Offre la casa, allora!>> disse, appoggiando il mio ordine sul banco.
<<Oh, grazie>> risposi sedendomi, lui mi imitò e si mise di fronte a me.
<<Quindi fai il pasticcere qui?>> chiesi.
<<Faccio di tutto, qui. Il bar è mio>>.
<<Ah beh, per essere arredato da un uomo, è molto raffinato>> scherzai e lui fece finta di arrabbiarsi.
<<Ehi, ho molto gusto io per l'arredamento! Vedessi casa mia>> rimbeccò, con un tono leggermente permaloso che mi fece ridere.
<<Sai, anche mio padre ha questa dote, chiamiamola così, per arredare le case. L'arredamento della nostra l'ha scelta quasi completamente lui, mia madre ha avuto poca voce in capitolo. Come sempre, del resto>> conclusi con una risatina.
La sua espressione si era leggermente incupita, ma non sapevo perché.
Si scusò, entrò dentro e uscì dopo due minuti con una caraffa di succo all'ananas e due bicchieri.
<<Ti piace il succo all'ananas?>> chiese, senza guardarmi.
<<Scherzi?!>> esclamai. <<È il mio preferito>>.
Gli si illuminarono gli occhi e mi versò il succo.
<<Pensavo che voi ricchi beveste cose più raffinate>> mi punzecchiò lui.
Io misi su una finta aria di sufficienza e alzai il mignolo della mano che reggeva il bicchiere. <<Sì caro, ma per una volta trasgredisco le regole>> dissi, imitando l'accento inglese e lui rise fortissimo. Poi, tornando seria, aggiunsi: <<Non sono una snob, ricca si, ma non snob. Un po' come te. Anche tu sei ricco, ma non mi sembri snob>>.
<<Cosa ti fa pensare che io sia ricco?>> chiese lui.
<<Hai un bar modaiolo tutto tuo! Di certo i soldi non ti mancano>>, lui scrollò le spalle.
<<Suppongo di dover ringraziare mio padre, per questo. Mi ha dato lui i soldi per aprire il bar, che all'inizio era un buco. Poi piano piano mi sono allargato ed ecco qui il mio impero>> ridacchiò lui mentre io mangiucchiavo il mio muffin.
<<Per questo non hai continuato gli studi? Per metterti in proprio?>>.
<<Esatto>> rispose.
<<È bello che i tuoi ti abbiamo appoggiato. I miei sarebbero morti se avessi detto loro di non voler continuare gli studi>>.
<<"Appoggiato" è una parola grossa. Mio padre si accontenta di non vedermi in mezzo alla strada, quindi sgancia i soldi solo per non sentirmi lamentare. Per quanto gli riguarda, potrei anche aver aperto un bordello>> disse sprezzante e io rimasi stupita da quelle parole. Quale padre si interessava così poco del proprio figlio, comprandolo con i soldi? Il mio era severo e attaccato all'etichetta, ma almeno si interessava a me.
<<Scusami>> disse lui. <<Non dovevo parlare così>>.
<<Tranquillo>> lo rassicurai. <<Quindi non sa che hai aperto un bar?>>.
<<No, lo sa. È venuto anche a guardarlo e mi ha dato una mano con l'esterno>> disse, indicando il gazebo sofisticato in cui eravamo seduti. I camerieri entravano e uscivano dall'interno grazie a dei campanelli sul tavolo, che se premuti suonavano direttamente all'interno con il tavolo corrispondente.
<<Aha!>> esclamai io. <<Allora non hai fatto tutto da solo, beccato! Anche se pensavo fosse stata più una donna ad aiutarti, magari tua madre>>.
<<All'inizio l'idea era quella>> disse.<<Poi si è ammalata. Ed è morta>>.
Spalancai gli occhi, stupita. Com'ero stata indelicata! Stupida, stupida, stupida! Non sapevo nemmeno che dire, sentivo gli occhi bruciarmi.
<<Va tutto bene, Jen. È successo qualche anno fa>>.
<<Mi dispiace tantissimo>>. Non sapevo cos'altro dire, ero troppo imbarazzata.
<<Lo so, ma comunque parliamo d'altro>>. La conversazione riprese lentamente finché non mi resi conto che era passata un'ora buona da quando ero lì, e che mi ero persa le prime lezioni del pomeriggio.
<<Cazzo!>> esclamai.
<<Posso darti un passaggio con la macchina>> propose lui.
Non avevo voglia di tornare a lezione a metà pomeriggio, ormai era andata. Wow, non avevo mai saltato una lezione in vita mia se non quando stavo male.
<<No, va bene così. Se vuoi darmi un passaggio a casa accetto volentieri però!>> esclamai ridendo e lui accettò.
<<Aspetta che chiedo il permesso al capo. Ah già, sono io il capo>>.

Con te o senza te. COMPLETA DA REVISIONAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora