Capitolo 38

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Guarda come mi hai fatto ridurre! A scrivere una lettera, come se fossimo nel 800!
Ma se non hai intenzione di rispondermi alle chiamate o ai messaggi, è l'unica cosa che posso fare. So per certo che se dovessi presentarmi a casa tua, finiremmo solo per litigare in maniera peggiore, e non me lo posso permettere.
Non ci sentiamo da due giorni, e non è tanto questo quello che mi fa male. Ma il non poterti sentire domani, dopodomani e chissà per quanto tempo ancora. Ho visto la freddezza con cui mi hai parlato di tuo padre e di tua sorella in questi giorni, e non voglio che tu parli e pensi a me con la stessa freddezza. E mi sono accorto che già ti sei rivolta a me in quel modo e mi ha distrutto.
Jennifer... ti ricordi quando a sei anni, ci siamo incontrati per la prima volta a scuola? Era una cosa piccola, più piccola della media di un bambino di sei anni, insomma. Con due codini alti boccolati e una finestrella in mezzo ai denti. Ti sei seduta accanto a me perché era l'unico posto libero.
Tremavi leggermente, spaventata da quel nuovo ambiente. Mi ricordo di averti guardata, eri spaventata ma cercavi di non darlo a vedere... eri così buffa.
Ci siamo rivolti la parola solo dopo la prima settimana di scuola, eravamo entrambi troppo silenziosi per fare il primo passo. Ti ricordo così curiosa durante le lezioni, con una bella grafia, ascoltavi rapita la maestra e non ti facevi distrarre da niente.
Ti ricordi cosa ti ho chiesto? "Scusa, non è che hai un fazzoletto? Mi sta colando il naso". E tu, timida come sempre, hai tirato fuori un pacchetto di fazzoletti di Barbie Raperonzolo tutto rosa. Io l'ho guardato e poi ho guardato te e ci siamo messi a ridere, senza motivo apprente. Una risata che solo due bambini di sei anni potevano capire.
Certo che i fazzoletti di Raperonzolo erano osceni...
"Odio il rosa" ti era sfuggito tra quella risata, eppure avevi sempre qualcosa di rosa. Eri strana già da piccola.
Da allora abbiamo iniziato a parlare.
Ti ricordi in terza elementare, quando tutti mi prendevano in giro perché la maestra di matematica mi voleva sempre accanto a a svolgere gli esercizi? Tutti mi chiamavano "il cocco della maestra" e tu hai rovesciato in testa a Jhonny, il bulletto della classe il tuo succo all'ananas per farlo smettere di tormentarmi.
E quando in prima media Susan Wels ti prendeva in giro perché lei aveva un accenno di tette e tu invece eri piatta come una tavola da stiro ed io gli ho messo una lucertola nello zaino, te lo ricordi?
Io mi ricordo tutto.
Mi ricordo quando in seconda media eravamo convinti di essere innamorati l'uno dell'altra perché stavamo sempre insieme, e ci siamo baciati. Quel bacio non ci è piaciuto per niente, ci ha fatto quasi schifo. Lì ci siamo resi conto della profondità e verdicità della nostra amicizia. Avevamo solo dodici anni, ed eravamo inseparabili. Non avevo sorelle in casa, eravamo solo maschi. Ma tu, tu eri e sei tutt'oggi come mia sorella.
Hai sempre messo una passione immane in tutto ciò che facevi, hai sempre voluto occuparti delle persone a te care, poche volte lasciavi che qualcuno si occupasse di te.
Ti ho visto trasformarti anno dopo anno, ho visto tutti i miei coetanei maschi guardare le tue trasformazioni ed essere ammaliati dalla tua gentilezza e dalla tua dolcezza. Quanti cuori hai spezzato! E ci rimanevi pure male, tanto eri sensibile... talmente sensibile da non riuscrire mai a dire "no". Ti ho vista sottostare senza ribattere alle regole di tuo padre, tutto pur di renderlo orgoglioso di te. Ma anche senza sottostare alle sue regole, Charlie avrebbe potuto benissimo essere orgoglioso della piccola donna che stavi diventando. Così goffa a volte, ti sei sentita spesso sbagliata e inadeguata. Ti sentivi fuori posto ovunque andassi. Passavi ore a leggere libri di tutti i generi, lo fai tutt'ora. Ti piacciono i fiori e spesso ti trovo incantata davanti ad un prato, combattuta se raccoglierli oppure lasciarli lì a fiorire nella propria bellezza, proprio come sei fiorita tu. Sempre allegra agli occhi degli altri, non ti sei mai fatta vedere triste o arrabbiata. Con quegli occhi così grandi da permettere di leggerci dentro qualsiasi cosa, per questo non hai mai guardato più di tre secondi le persone negli occhi. Lo fai tutt'oggi.
Ti ricordi la prima sigaretta insieme, la prima sbronza? La mia prima cotta? Samantha Stone. Ero perso di lei e delle sue tette. Avevo gli ormoni impazziti, e hai visto sfilare davanti a me decine di ragazze e non hai mai battuto ciglio. I nostri litigi duravano mezza giornata circa. Poi a 16 anni ti ho vista con occhi diversi per la prima volta, quando hai preso una sbandata per Daniel. Ti ho vista bella come non mai, animata da amore adolescenziale, eri forza della natura. Lì più che mai ho capito che dovevo proteggerti, che dovevo starti accanto. Tante volte ho asciugato le tue lacrime e maledetto il coglione di mio cugino. Ma ti sei sempre rialzata, più forte e fiduciosa di prima. Ma la tua ingenuità è spesso stata un difetto. Non ti permetteva di lasciarti vedere le cose con gli occhi della realtà. Sei sempre stata le mie 3 P: petulante, permalosa e presuntuosa. Quando vi siete lasciati tu e Daniel ho tirato un sospiro di sollievo, perché tu meriti un ragazzo che non ti chiuda le ali, ma che te le apra. Un ragazzo che ti faccia perdere la testa, che ti dia una relazione impetuosa, non monotona, ma viva ed esplosiva, come te e la tua risata. Daniel non era quel ragazzo.
Poi è arrivato David, e ti ho visto cambiare modo di guardarlo in così poco tempo. Lui ha portato in te una ventata di aria fresca, è stato come un uragano per le tue emozioni e sensazioni.
Ed io stavo per rovinare tutto. Dico stavo, perché non credo che la situazione sia irrimediabile.
E per me è arrivata Freya. Così sexy e accattivante... mi sono innamorato prima di rendermene conto e non ho condiviso con te questo passo importante. Sono stato uno stupido, uno stronzo. Me ne pentirò fino alla fine dei miei giorni.
Ti ho vista crollare, dopo la scoperta di avere un fratello, dopo le bugie di tuo padre. Sembrava quasi che non ce la facessi, ed invece ce l'hai fatta. Ti sei rialzata, come sempre.
Ed io non posso vivere senza di te, Jenny.
Ho bisogno del tuo supporto, perché in tutti questi anni tu ci sei stata sempre ed io voglio continuare ad esserci per te.
Ti chiedo, adesso, in nome di tutto ciò, di perdonare questo povero maschio coglione. Hai tanta forza dentro di te. Questa volta ti chiedo di usarla per perdonarmi.
Ti voglio bene.
Fred.

Con te o senza te. COMPLETA DA REVISIONAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora