capitolo 40.

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Appena metto piede nella mia città, vengo investita da una strana ed inquietante umidità: l'aria sa di inverno, il clima caldo del Texas è svanito e ha lasciato spazio ad una nube di grigia monotonia.
Io, Ari e Leila siamo ancora una volta stordite dal fuso orario, soprattutto io che questa notte non ho chiuso occhio con Blake, quindi credo che appena arriverò a casa mi addormenterò e mi sveglierò domattina.
Sono stanchissima.

-allora ci vediamo domani a scuola.-
Dice Ari, controllando gli orari del suo pullman. È arrivato e lei deve andare via, ma ci vedremo domani in quella prigione.
-a domani.-
Diciamo in coro, per poi separarci anche noi due.
Il mio primo pensiero cade sui compiti che non ho svolto e che devo assolutamente recuperare: sgarro una volta, i prof se ne accorgono e magicamente tutto arriva ai miei genitori che mi puniscono. Evitiamo.

Come promesso, dopo aver salutato mia madre e mio padre, corro in camera ed inizio a fare i compiti di chimica: tutto mi sembra così noioso e strano, le lettere si attorcigliano nella mia pupilla, e mi addormento pesantemente senza nemmeno aver finito uno stupido esercizio.

La mattina.

Il telefono squilla insistentemente, facendomi svegliare di soprassalto e con il cuore che galoppa come un cavallo ad una gara di corsa. Non è la sveglia, è semplicemente Blake che mi sta chiamando di prima mattina.

-pronto?-

rispondo, grata che non sia una videochiamata. Ho un aspetto così orribile e spaventoso che preferisco tenere nascosto a lui.

-buongiorno! Sei a scuola? Come procede?-

lancio uno sguardo confuso all'orologio appeso alla parete che segna le undici e mezzo, questo vuol dire che mia madre mi ha chiamata come ogni mattina, io le ho risposto che sarei arrivata, lei si è fidata di me, è andata a lavoro, ma io sono rimasta nel letto a poltrire.
Mi sento come se fossi appena uscita da un ibernazione. Il pavimento è freddo, infatti faccio un saltino per raggiungere al più presto il tappeto in questa mattina invernale.

-ci sei?-
Mi sono dimenticata di star parlando con Blake al telefono. Salto di nuovo e incastro tra la spalla e l'orecchio il cellulare.
-si, si, non sono andata a scuola. Sono nei casini!-
Lui cerca di aiutarmi, ma quando perdo la testa è finita, la concentrazione svanisce. Ci salutiamo ed io cerco di trovare una situazione: ma è troppo tardi, mia madre è già tornata.
.

Ovviamente, dopo una lunga discussione con mia madre, le conclusioni sono che lei andrà via ed io sono in punizione, quindi non avrò la casa libera, anzi, non so proprio dove starò. Si è arrabbiata tantissimo, sembrava da esorcizzare e come sempre ha esagerato troppo!
-e allora dove starò?-
Chiedo esasperata dalla situazione. La frustrazione è davvero alta.
-da un mio collega. Ha una figlia della tua età, viene nella tua stessa scuola, scommetto che andrete d'accordo.-

Sgrano gli occhi e incrocio le braccia al petto, irata e pronta a ribattere sulla sua decisione: io non ho intenzione di condividere le mie cose con una sconosciuta per una settimana! In più le ragazze della mia scuola sono tutte abbastanza irritanti nei miei confronti: sono invidiose, dispettose e altri dettagli che urterebbero chiunque.
-non provare a protestare, signorina. Prepara la valigia.-
Sibila in tono autoritario e deciso che mi trasmette mille brividi. Non oso ribattere.

Mia madre parcheggia in un posto privato di una grande e ricca villa. È dieci volte quella di Blake, infatti rimango sbalordita davanti a tutto quel lusso e quelle cose che non posso nemmeno permettermi di guardare.
-scendi.-
Ordina, ed io le faccio il verso appena si gira. Se vi state chiedendo se mi stia sentendo bene dopo aver fatto questa bambinata, la risposta è un grande e rotondo sì.
Mi accoglie un ragazzo di diciannove anni che mi sfoggia un sorriso sghembo e divertito davanti a tutto il mio imbarazzo che è possibile percepire a pelle.

Mia madre inizia a parlare con il padre e confabulano sotto voce, mentre io mi guardo intorno tutta rossa in viso.
-sono Dylan.-
Sobbalzo appena mi parla e mi rivolge una stretta amichevole di mano.
-sono Carol.-
Voglio mantenere le distanze perché mi sembra un ragazzo troppo simile a Manu, ed io non voglio più avere a che fare con uno come lui.

Intanto, mentre ci guardiamo imbarazzati e senza niente da dire, il telefono squilla.
-Blake!-
Rispondo come se fosse la mia ancora di salvezza. Forse ho urlato troppo il suo nome, infatti mia madre si gira arrabbiata e mi fa segno di darle il telefono.
Questo è troppo.
La ignoro e racconto tutto al mio fidanzato. Ovviamente quella donna mi deve rovinare la vita e con uno scatto mi prende il telefono e se lo infila in borsa, per poi allontanarsi a passo veloce: non avevo nemmeno finito di parlare con lui, ho pure lasciato la conversazione a metà.

-ti odio.-
Urlo, in preda alla rabbia. La famiglia mi guarda allibita, e poi tentano di parlarmi ma io sono abbastanza sicura di non voler intraprendere rapporti di amicizia con questa gente, quindi ignoro ogni cosa che pronunciano.

Entriamo dentro, e Dylan si siede vicino a me sul divano mentre i genitori avvertono che vanno a fare una commissione, si raccomandano di non fare casino e di fare i bravi. Ci lasciano da soli. Deglutisco e inizio a pensare a cosa potrebbe farmi questo ragazzo.
-non so perché, ma mi attrai.-
Si morde il labbro e si avvicina sempre di più a me. Scorro di un posto continuando a fissare il pavimento, spaventata sempre di più.

-come amica, intendi.-
La voce mi trema, ma lui in un attimo è sopra le mie labbra. Le cerca avidamente, sento che la mia dignità sta svanendo velocemente come la sua mano che percorre il mio corpo.
Cerco di liberarmi dalla sua presa, ma sono in trappola. Urlo, mi dimeno, ma lui non mi lascia.
Le lacrime iniziano a scendere, lui è sopra di me ed io cerco di cadere dal divano. Inizio a rotolare e insieme cadiamo, ma il suo attaccamento è morboso: è difficile togliermelo di dosso. Continua a baciarmi, ma io gli tiro un calcio e mi alzo.

Ho diversi segni violacei sopra il collo, ma non mi ci soffermo.
Raggiungo il bagno, in cui trovo subito il phon: unico punto di riferimento in una gabbia d'oro.
Lui bestemmia e ritorna da me, ma io mi giro e il phon lo colpisce in piena testa.
Sento il tonfo per terra, ho ancora gli occhi offuscati dalle lacrime e le immagini delle sue mani lungo il mio corpo.
Non mi preoccupo del suo corpo svenuto per terra, mi precipito giù dalle scale asciugandomi le lacrime.
Sono emotivamente a pezzi, non ce la faccio veramente più. Ho bisogno di Blake, ma lui non c'è ora.

Esco dalla casa. Niente più lacrime, niente di niente. Sono stanca, sono stufa, non ne posso più.

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Ehii.
Scusate l'assenza, ma sono stata male in questo periodo. Fortunatamente non ho gli esami, ahahah.
Vi piace la storia?
Voi Avete gli esami? Oggi avete fatto la prova di italiano?
Come è andata?

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