capitolo 41.

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La campanella suona ed io esco dalla scuola di cattivo umore. Ho avuto tre verifiche tra cui una a sorpresa: credo che sia andata proprio male. Non riuscivo a concentrarmi, la mia testa vagava e non poteva rimanere incollata sulla prova, era impossibile.

Il telefono squilla appena entro in casa, il tempo sembra rannuvolarsi: perfetto per il mio stato d'animo. Si sta per scatenare un temporale proprio come sta succedendo dentro di me, è buffo ma allo stesso tempo inquietante, è come se le mie emozioni viaggiassero in modo parallelo a ciò che mi circonda.

-Blake?-
Devo avere un aspetto orribile. Nessuno a scuola si è lasciato sfuggire l'occasione per ricordarmelo, hanno tutti notato le mie occhiaie scavate, la faccia stravolta e distrutta.
-Finalmente mi hai risposto! Mi hai fatto preoccupare. Ma cosa sta succedendo? Hai una faccia ... sembri uno zombie.-

Oggi mi sento particolarmente vulnerabile, tutto questo susseguirsi di delusioni mi stanno distruggendo piano piano. Mi irrita la sua osservazione anche se sono consapevole che lui non l'ha detto con malvagità o cattiveria.
-grazie, Blake.-
Ruoto gli occhi, arrabbiata.

-non fraintendermi! Sei sempre bellissima, ma sono preoccupato per la tua salute. Mi stai nascondendo qualcosa?-
Ovviamente non gli ho detto di ciò che è successo l'altro giorno, non voglio che lui ci stia male, e non voglio starci male io.

-no, sono solo un po' stanca. E poi mi manchi tanto.-
Una parte della frase è vera: non so cosa darei per averlo di nuovo qui, vicino a me. Sentire i nostri respiri fondersi, i baci caldi per riparare due cuori freddi; ma non è possibile.

-guarda il lato positivo, manca poco al mio trasferimento a Londra: due giorni. Poi staremo insieme per sempre.-
Mi mordo il labbro per non piangere.
-già, non vedo l'ora.-
C'è un lungo silenzio. Un inquietante silenzio.

-perché piangi?-
Dice lui, in maniera dura ma allo stesso tempo premurosa ed invitante.
-non sto piangendo.-
Rispondo prontamente, ma non lo convinco ovviamente.

-tu non stai bene. Smettila di nasconderlo.-
Non ho intenzione di cedere.
-sto bene!-
Ho la voce spezzata dal pianto, ormai è fatta.
-smettila di dirmi cazzate. Confessa.-
Non rispondo perché vengo completamente inondata dalle lacrime: ho la vista offuscata, un mal di testa fortissimo, il cuore a metà.
Lui continua ad incitarmi, ma io non ho la forza di dirgli tutto adesso perché so che non reagirebbe bene.

-Caro, voglio essere lì con te in questo momento. Ma non posso. Ti prego, l'unico modo per aiutarti è parlarne, fallo per me.-

Ha una voce riluttante ed io non posso più nascondere le emozioni contrastanti. Le parole mi scivolano di bocca come un lungo fiume, la mente si libera e sento un peso sullo stomaco alleviarsi lentamente, lasciandomi mille ferite sanguinanti.

Regna il silenzio, sento solo dei grossi e profondi respiri dall'altra parte del telefono.
-sei arrabbiato?-
Chiedo con la voce che tintinna esitante.
-non con te, ovviamente. Sono arrabbiato con me stesso. Da adesso non ti capiterà più niente, mi trasferirò il più presto possibile e mi prenderò cura di te una volta per tutte. Non devi preoccuparti.-

Adesso rimango io in silenzio, ma riesco a mormorare un "grazie" in tono sommesso.
Lo saluto, e ci diamo un buon proseguimento di giornata  in modo freddo e distaccato come se qualcuno avesse spaccato il nostro ponte che attraversava la distanza.

Dopo aver pranzato, le mie amiche si sono presentate in modo irruente a casa mia.
-perché non rispondi al telefono?-
Questa domanda mi viene fatta sempre in questo periodo, io penso sempre alla stessa cosa ma la tengo per me:.
-perché l'ho spento.-
Rispondo velocemente, con un tono indifferente che maschera tutto ciò che sento dentro.
-ce ne siamo accorte.-
Fa Leila, ridacchiando.
-quali sono i tuoi programmi per oggi?-
Lisa si siede accanto a me, guardandomi profondamente negli occhi.

I miei programmi per oggi? La verità? Volevo guardare fuori dalla finestra ascoltando musica, ammirando la maestosità della pioggia e dei fulmini che si abbatte su questo piccolo ed indifeso terreno. Volevo guardarmi dentro, e le condizioni atmosferiche sono il mio dentro adesso.
Questo è troppo deprimente, non ho litigato con Blake e non ho motivo di stare così male, ma c'è qualcosa che non va in me: non capisco cosa, ma sento un bruciare sospetto.

-mah, niente di che. Voi?-
Rispondo, sempre con la solita indifferenza.
-volevamo fare un giro.-
Le guardo sgranando gli occhi: sono forse impazzite? Uscire con questo tempaccio! Hanno messo addirittura l'allerta meteo!
-ma voi siete fuori!-
Indico la mia grossa finestra.
Loro scoppiano a ridere di gusto, ma io non ci trovo niente di tanto divertente nel prendersi la febbre altissima e stare male anche fisicamente, come se il dolore morale non fosse abbastanza.

-lo sappiamo cosa è successo, ce lo hai detto oggi. Non devi deprimerti, è una cosa bruttissima, devi solo reagire e poi sei a cavallo, la vita non è tutta rosa e fiori, ci sono anche i momenti no. Se tu lo stai passando, noi ti vogliamo aiutare, ti stiamo gettando una corda, ma se tu non l'afferri non starai mai bene. E poi, cosa vuoi che sia un po' d'acqua! Noi siamo fatti d'acqua, non è niente di nuovo!
Ti giuro che staremo sotto ai portici ed entreremo sempre in mille negozi.-

Ari sa davvero essere brava con le parole, odio quando riesce a corrompermi con la sua lingua audace. Provo a ribattere e ad opporre resistenza, ma lei riesce sempre a rigirare la situazione e a far sembrare tutto spontaneo e per niente rischioso. Elimina la parte negativa, resta solo la parte positiva.
Alla fine accetto.

-sono contenta che tu sia uscita.-
Commenta Leila, mentre attraversiamo la strada attanagliata da gocce pesanti che cadono dal cielo.
-non sai quanto lo sia io.-
Dico in maniera ironica.
Accenna una risatina ed io faccio lo stesso, e mentre corriamo sotto alla pioggia londinese riusciamo ad accorgerci che la metà del gruppo è sparito.
La pioggia copre tutto, in più c'è una nebbia inquietante che mi rende impossibile capire dove mi trovo.
Sono in mezzo alla strada? Sono su un marciapiede?
Leila mi tiene la mano.

Sentiamo un taxi suonare alle nostre spalle e ci spostiamo dal nostro punto impaurite.
Ci guardiamo intorno e riusciamo a scorgere i capelli biondi delle gemelle e quelli folti di Ari.
Sono circondate da un gruppo di ragazzi: il mio primo intento è quello di scappare da altri guai, ma poi mi ricordo che loro per me avrebbero affrontato un killer se ne avessi avuto bisogno. Ed io farei lo stesso.
"Non fare la vigliacca"
Penso, avviandomi come un treno verso i miei nuovi problemi, perché sarà così, ne sono sicura.
Leila è rimasta indietro, ma riesco a sentire la sua mano stretta alla mia.

Per strada ora non passa nessuno, siamo solo noi e questi ragazzi.
-cosa state facendo?!-
Chiedo, guardando in faccia ogni presente. Uno ha un volto stranamente familiare.
-Harry?-
-Lo conosci?! Allora convincilo a lasciarci andare!-

Non ragiono più, cerco di elaborare la sua figura minacciosa e infuriata, ma cosa gli è successo?

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