Capitolo 13 (parte 1)

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7 anni prima

"Generale Pike, non mi aspettavo di vederla" se non fosse per pura educazione e per il rispetto che mio padre nutriva per lui chiuderei la porta in faccia a quell'uomo e a ciò che rappresenta.

"Posso entrare?" chiede sbirciando oltre la porta dove si vedono solo le scatole che sto riempiendo con i ricordi di una vita mia e della mia famiglia. Tentenno un istante poi gli apro.

"Non le posso offrire molto, se vuole ho ancora del thè ghiacciato"

"Non mi tratterrò a lungo, ero solo venuto a salutarti ed essere certo che avessi preso la decisione giusta" risponde fissandomi. So che ormai le cicatrici delle ferite sono passate eppure lui sa vedere oltre.

"Non tornerò indietro, mi sono congedato e non rimetterò più piede nell'esercito"

"Sei un ottimo militare Bellamy, potresti fare carriera, non farti fermare da ciò che è avvenuto nell'ultima missione"

Sento la rabbia infiammare il mio corpo, mi scosto da lui nel tentativo di controllarmi.

"Mi dispiace Signore ma la mia decisione è irrevocabile." Rispondo sperando che il mio messaggio sia chiaro e irrevocabile.

"Sai che queste cose possono accadere che ci sono decisioni dall'alto che non possiamo discutere..." ma lo interrompo prima che lui continui.

"Conosco l'esercito, è stata tutta la mia vita finora, sono perfettamente consapevole di come funzionino le cose ma, se mi permette, non sono più in grado di accettarle".

Pike scuote il capo, lui come altri non riescono a capire, come potrebbero, forse lo hanno dimenticato tempo fa o forse non è mai interessato loro.

"Non voglio più servire per un paese che vede le morti di civili e propri militari come gli effetti collaterali di un errore che rinnegano" mormoro consapevole che l'uomo non dirà nulla, non può dire nulla, farlo significherebbe ammettere che la loro è stata inutile missione nata da un errore degli analisti.

"No, non posso accettarlo" ribadisco parlando più a me stesso che a Pike, sono uno dei pochi superstiti di quella missione, i miei commilitoni sono tornati dentro delle bare e decine di civili sono morti nella loro terra. Un funerale frettoloso senza alcun onore, accusati di colpe che non gli appartengono. Familiari che non potranno mai sapere cosa è realmente successo ai loro mariti, figli, fratelli perché ogni cosa è secretata. No, quello è un mondo che non posso più accettare, non dopo quello che ho visto, quello che sono stato costretto a fare con l'inganno.

ORA

"Ehi ti svegli o no? Se continui così quei due ce la faranno pagare fino alla prossima partita" esclama Lincoln lanciandogli il pallone da Basket contro il petto.

Bellamy lo fa ruotare fra le mani, il ragazzo di Octavia ha ragione, di solito non hanno problemi a battere Miller e Brian quando giocano due contro due. Sono entrambi più forti e alti eppure stanno perdendo.

Fa un paio di palleggi cercando di ritrovare la concentrazione mentre Miller gli si fa sotto, tenta un paio di finte, riesce quasi a superarlo ma gli stoppa il passaggio prima che riesca a passarlo a Lincoln.

Sente arrivare da dietro un paio di fischi e risate "Ehi Blake, cosa c'è, l'Arpia ti sta facendo lavorare troppo e non hai più energie?" riconosce la voce di Murphy.

"Dobbiamo dirgli che hai bisogno di una vacanza per poterla sopportare?" rimarca qualcun altro forse Jasper

Bellamy vorrebbe girarsi verso gli amici e rispondere ma proprio in quel momento riceve un passaggio da Lincoln che ha recuperato palla, prova un tiro da tre e per fortuna entra. Arrivano dei fischi, questa volta di sorpresa, dagli altri che in quel momento stanno osservando la partita mentre stanno finendo di preparare il Barbecue.

Ricominciano a giocare, le ultime battute prima di cena. Il profumo della carne sulla griglia si spande nel giardino posteriore di casa Blake, la musica rock fa da sottofondo al rumore dei palleggi e dei canestri, le risate e le battute dei ragazzi accompagnano le loro prodezze sotto il cesto.

Riescono a vedersi tutti insieme raramente, i turni e gli impegni li tengono spesso separati ma, quando possono cercano sempre di passare del tempo assieme e, come da abitudine la casa di Bellamy, il più grande fra loro, è diventato il punto di riferimento per tutti.

"ragazzi è pronto!" la voce di Octavia è il segnale per gli ultimi passaggi prima di concludere la partita che, con gran costernazione di Bellamy, viene vinta da Miller e Brian. Caso più unico che raro.

Sa che è colpa sua, ormai da diversi giorni la sua mente è da un'altra parte e questa cosa non lo lascia in pace.

Vede Lincoln avvicinarsi a sua sorella e darle un bacio, lei lo allontana ridendo. Vederli insieme di solito lo rincuora eppure in quel momento sente solo un senso di perdita che non capisce.

"Di certo dovrò ringrazia l'Arpia se oggi abbiamo vinto, con la fusione e tutto sarà più intrattabile del solito" esclama Miller dandogli una spinta scherzosa con la spalla. "Si chiama Clarke" si ritrova a mormorare Bellamy ma non abbastanza forte da farsi sentire dal ragazzo.

"E da quando?" si volta di scatto verso la voce femminile dietro di lui. È Raven che le si è avvicinata portandogli una birra.

Il ragazzo prende la birra e ne beve un sorso per non rispondere.

"Prima o poi ne parleremo" gli dice solamente scrutandolo poi si allontana.

La osserva, osserva tutti loro, chiedendosi perché ora gli da fastidio se la chiamano a quel modo.

Si siede su una delle sedie a sdraio, sorseggia la birra ma la sua mano corre al cellulare che ha lasciato poco distante. È da una settimana che non la sente, è una settimana che sa che non è uscita. Sa il motivo ma questo non lo fa sentire meglio.

Ricorda ogni singola parola che gli ha rivolto quando, il giorno dopo la firma dell'accordo, dopo averlo chiamato nel suo ufficio, gli ha detto che il loro accordo era decaduto.


All in - scommessa vincente (COMPLETA - In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora