Si incamminano verso l'ingresso e, man mano che si avvicinano, Clarke comincia a notare i gazebi colorati disposti nell'ampia area verde, i sentieri altrettanto colorati. Una cacofonia che sembra avere uno strano senso.
Abbassa gli occhi e nota che i marciapiedi su cui stanno camminando sono stati dipinti con disegni astratti, in alcuni punti sbucano raffigurazioni di ogni genere. Il suo sguardo analizza le pareti degli edifici disposte ai lati, basse strutture i cui muri sono tappezzati di murales, vividi, colorati, ma soprattutto disegnati con grande maestria.
"Chi li ha fatti?" si lascia sfuggire Clarke osservandoli sorpresa.
"E stata un'idea di Lincoln Whittle, il responsabile del centro. Era stufo di dover ripulire i muri bianchi dai graffiti e ha deciso di farli diventare delle tele bianche per gli artisti locali."
Clarke lo osserva sbalordita, rendendosi conto per la prima volta che quel luogo, forse, non è ciò che immaginava.
Superano un paio di gazebi che fanno da copertura a dei tavoli da pic-nic e raggiungono l'edificio che, se Clarke non ricorda male, dovrebbe ospitare la mensa per i meno abbienti e la zona ricreatorio. Anche in quell'area ci sono molte panchine all'ombra degli alberi e di alcune vele colorate appese strategicamente. Sotto una di esse un nutrito gruppo di persone sembra averli visti.
Vengono loro incontro dei ragazzi poco più adolescenti, sembrano una massa vociante anche se non sono più di 6/7. Sono di diverse etnie e fanno subito dei cenni nella loro direzione.
"Ehi Bellamy era ora che ti presentassi!" esclama uno di loro, forse il più vecchio del gruppo.
"Sono stato impegnato." risponde laconico l'uomo
"Lo vediamo!" ribatte qualcuno fra i risolini degli altri mentre la loro attenzione si punta su di lei.
"Andate a cambiarvi, arrivo subito!" ordina loro Bellamy e i ragazzi, stranamente, obbediscono senza fiatare e senza smettere di guardarla di sottecchi e mormorare fra loro.
Clarke vorrebbe chiedere subito spiegazioni a Blake ma la sua attenzione viene calamitata dai tre adulti, un uomo e due ragazze, ancora seduti attorno ad uno dei tavoli da pic nic.
L'uomo si alza in piedi, un sorriso rilassato sulle sue labbra, ha la carnagione scura, la testa rasata e un paio di tatuaggi tribali sbucano dalle maniche corte della maglietta. Ha un fisico statuario e, anche se il suo atteggiamento appare subito cordiale, l'impatto del suo imponente fisico lo rende comunque una persona che incute rispetto e timore.
"Siamo onorati che lei abbia deciso di venirci a far visita signorina Griffin, se avessimo saputo che sarebbe passata oggi avremmo organizzato qualcosa, sono Lincoln Whittle, responsabile dei Gardens" le dice allungando la mano mentre si presenta.
La giovane risponde alla stretta di mano "mi chiami pure Clarke e mi dia del tu " non può fare a meno di dirgli affascinata dal sorriso solare dell'uomo. "Non si preoccupi se non ha preparato nulla, mi basterà vedere come vanno le cose qui" risponde tentando di mantenere un contegno professionale anche se Blake, con quell'improvvisata, l'ha presa completamente in contropiede.
"Beh allora la lascio in buone mani io ho un altro impegno" le dice accanto a se Bellamy che con un sorriso canzonatorio sulle labbra la saluta e si avvia verso l'edificio, lasciandola completamente in balia di quello sconosciuto.
Mentre Blake supera le panchine viene raggiunto dalle parole di una delle due ragazze sedute. "Potresti presentarci la tua amica," lo apostrofa la ragazza con la coda sorridendo.
"Ci penserà Lincoln e voi due dovreste andare a fare lezione invece di perdere tempo"ribatte subito lui.
"Noioso" gli urlano in coro le due prima di scoppiare a ridere.
"Come sempre" scherza lui unendosi alla risata.
Appena Blake si allontana, l'attenzione delle ragazze e di Lincoln si calamita nuovamente su Clarke.
"Beh, direi che possiamo cominciare il giro con le prime presentazioni" indicando con un cenno della testa le due ragazze che si stanno avvicinando "Lei è Rebecca Ryes, per tutti Raven, la nostra insegnante di informatica e addetta alla manutenzione. Se c'è un problema con i computer o con qualunque macchinario è lei la persona da chiamare!" la informa indicando la giovane ragazza di origine ispanica.
Clarke la osserva e si sente scrutata a sua volta, come se la stesse pesando, si presentano ma la giovane ha quasi la sensazione che lei sia ancora sotto esame per qualcosa che non sa.
"Lei invece è Octavia Blake, si occupa dei corsi di autodifesa ed è ufficialmente la picchia duro del centro, se c'è una rissa è lei la persona adatta da chiamare," afferma Lincoln. Il suo sorriso si allarga ancora di più quando la giovane si stringe un attimo contro di lui in un spontaneo abbraccio "A già, è anche la mia fidanzata."
Dai meandri della memoria, emerge il ricordo delle conversazioni con Bellamy, quindi lei è sua sorella pensa scrutandola con più attenzione. Non somiglia molto al fratello, porta i lunghi capelli castani, più chiari del fratello, raccolti in una coda alta, il suo incarnato è delicato. Due occhi verdi calamitano subito la sua attenzione. La sta soppesando come ha fatto in precedenza Raven e Clarke comincia ad indispettirsi, odia quelle situazioni.
Si irrigidisce al pensiero che Bellamy abbia potuto parlare di lei, di loro, ma soprattutto che la stiano giudicando.
La sua stretta di mano è amichevole ma formale come il suo sorriso tirato.
Sa di essersi messa sulla difensiva ma lì, in quel luogo, si sente completamente spaesata.
Poche battute ancora e poi le ragazze si allontanano per raggiungere il complesso dove è sparito anche Bellamy poco prima.
"Cominciamo il giro?" chiede a quel punto Lincoln rivolgendosi a lei. "Hai qualche preferenza da dove cominciare?"
Clarke scuote la testa, sempre più confusa.
"Oggi è domenica per cui gran parte delle attività del centro sono sospese, se vuoi possiamo vedere le aule e parlare con qualcuno dei ragazzi," le dice mentre si incamminano fra i viali "Mi dispiace che gli ambulatori siano chiusi," indicando la mano l'edificio dall'altra parte del parco, di fronte al centro ricreativo "Ma di certo tua madre te li avrà fatti già vedere"
Clarke si blocca sconcertata "Mia madre?" chiede, pentendosi immediatamente delle sue parole.
"Beh, ormai sono tre anni che l'intera gestione del poliambulatorio è in mano sua. Da quando Jake è venuto a mancare, la presenza di Abby è stata fondamentale, quanto quella di Bellamy e Kane"
Un profondo senso di confusione, delusione, dolore e altro si fa strada nella mente e nel cuore della giovane. Ma soprattutto il senso di tradimento e di esclusione nei confronti di qualcosa che sembra essere importante per così tante persone che la circondano.
Per un istante vorrebbe scappare, trovare una via di fuga da quel luogo, da quello che sta cominciando a intuire sui Gardens, dal senso di sofferenza che si sta facendo strada dentro di lei ma si fa forza e decide di continuare quella visita.
"Mi dispiace, io e mia madre non ci vediamo molto negli ultimi tempi, sai siamo molto impegnate" cerca di riparare a mo si scusa "Quindi aggiornami tu, se puoi" chiede Clarke, la sua voce leggermente tremante. Il responsabile la osserva un istante, la scruta con attenzione, forse riesce a leggere di lei più di quanto si aspetta. Annuisce lentamente.
"Sarà un piacere, ma bloccami se parlo troppo, se comincio a raccontare che cos'è e come gestiamo i Gardens mi lascio prendere la mano" le dice sorridendole gentile.
La giovane ricambia il sorriso mentre si incamminano comunque verso la struttura degli ambulatori.
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All in - scommessa vincente (COMPLETA - In Revisione)
FanfictionClarke Griffin ha il peso dell'azienda di famiglia sulle proprie spalle, una responsabilità che ha sempre voluto ma non così presto e non nel modo in cui è avvenuto. Pensava di avere il controllo sulla propria vita e conoscerla ma ogni cosa le sta...