Capitolo 9

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Giovedì 2 febbraio

Piansi per un tempo interminabile, tanto che alla fine ero stupita di non aver allagato la stanza. Sarebbe stato così bello poter espellere la rabbia e la frustrazione insieme alle lacrime... ma purtroppo era impossibile. Le emozioni rimanevano aggrappate saldamente al mio cuore nonostante i fiumi che scorrevano dai miei occhi, cercando di spazzarle via. Invano.

Niente poteva farmi stare meglio in quel momento. Tutte le mie certezze se ne erano andate, lasciandomi sospesa nel vuoto, sotto di me un buco nero che minacciava di inghiottirmi se mi fossi avvicinata troppo.

"Dovevi immaginarlo" tentavo di consolarmi. "Quale altra spiegazione avresti potuto trovare? Solo qualcosa di innaturale avrebbe potuto condizionare il tuo sonno in un modo simile. Dovevi immaginarlo..."

Sì, era facile dirlo. Sapevo che era vero, avevo cominciato ad indagare consapevole che ciò che avrei trovato non sarebbe stato una spiegazione razionale, ma... ma in realtà non credevo di trovare alcunchè. Speravo, inconsciamente, di non trovare nulla. Ero sempre stata una ragazza dalla logica ferrea, amavo i libri fantastici, ma li leggevo sapendo della loro irrealtà. Trovarcisi immersa era tutta un'altra cosa.

Era terrificante.

Affondai le mani fra i miei capelli, tirandoli con forza. "May, smettila. È inutile piangersi addosso. Tu devi uscire da questo bagno e affrontare i tuoi problemi a testa alta" cercava di convincermi la mia coscienza, ma ad ogni tentativo la mandavo al diavolo, ricominciando a piangere. No, non ero un'eroina da romanzo. Non ero abbastanza forte per affrontare un cambiamento così radicale della mia realtà. Io non sopportavo i cambiamenti!

Sospirai. Ma non potevo nemmeno restare lì per sempre. In fondo al petto sentivo che volevo scoprire di più. Ero curiosa. Avevo anche paura di ciò che ancora non sapevo, questo sì, eppure volevo capire...

"Tu sì che sei decisa nelle tue scelte, May, brava. Sei solo una codarda." Ecco la mia vocina interiore che tornava all'attacco. Come potevo riuscire a consolarmi se lei non faceva altro che insultarmi?

«Semplice, non puoi. Se ti decidessi a uscire da questo maledetto bagno potrei aiutarti io.»

Ecco un'altra voce che stava cominciando a darmi sui nervi... Perché accidenti continuava a seguirmi? Quel giorno ero rimasta da sola con lui più volte che con qualsiasi altro ragazzo nel corso di tutta la mia vita. Ed ora eccolo tornare di nuovo!

«Sì, sono tornato, ma se non ti dai una mossa me ne andrò e ti lascerò a morire di stenti, non preoccuparti.»

«Ok. Addio» replicai con veemenza. L'ultima cosa che volevo fare era parlare con lui. Avrei preferito un bel manuale in cui fosse spiegata tutta la faccenda: un libro sarebbe stato molto più chiaro, affidabile e sicuramente educato.

«Sono molto addolorato del fatto che le mie maniere siano poco consone alla vostra regale persona, ma vi avverto che se non vi alzerete immediatamente dal pavimento e non uscirete dalla vostra cella butterò giù la porta a calci.»

"Cafone"

«Ah, siete in vena di insulti? Ok, mi farò venire in mente qualcosa di originale per ricambiare la vostra cordialità. »

Alzai gli occhi ormai asciutti al cielo. La questione del leggere i pensieri era davvero invadente. E irritante. Ma forse dipendeva solo dalla sua arroganza. «Fa' pure» gli risposi.

Percepii la porta dietro di me vibrare e rotolai lontano da essa, sbattendo contro il bordo della vasca. «Ma sei impazzito?!» esclamai.

«Ti avevo avvertita. Allora, ti decidi ad uscire o continuo?»

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