Capitolo 62

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Martedì 21 febbraio

Ewan

Non sentii nulla, all'inizio. Avevo osservato con il respiro in gola il pugnale di Miles colpire a morte una delle guardie, avevo osservato le reazioni sconvolte dei presenti e avevo visto il Consigliere accasciarsi, cereo in volto e circondato da un drappello di persone. Non avevo sentito, tuttavia, alcun suono. Né, tantomeno, mi ero reso conto di aver utilizzato i miei poteri. Ancora una volta.

Solo dopo quella che mi parve un'eternità riuscii finalmente a distinguere i rumori della battaglia dalle grida di terrore. Terrore nei miei confronti, realizzai presto, perché avevo ucciso il Consigliere senza nemmeno sforzarmi. Lo avevo ucciso senza muovere un dito. Era bastato un pensiero fulmineo e in quel momento avrei quasi preferito averlo rivolto al giovane Jones, ancora in piedi nella sua postazione. Gli lanciai uno sguardo, sotto agli occhi sconvolti e spaventati dei membri del Consiglio. Non me li staccavano di dosso, potevo percepirli bucarmi la schiena, ma non dovevo far caso a loro. Era appena scoppiata una guerra.

Miles mi sorrise, un ghigno freddo molto più conforme al suo nome rispetto all'espressione di falsa cortesia che assumeva sempre. Poi, si gettò nella folla, una spada al fianco.

Quello era il mio problema principale. Non avevo molte armi, avrei dovuto farmi bastare quelle che avevo recuperato nelle prigioni e, forse, rubarne qualcuna combattendo. Non suonava affatto allettante, ma così era. Mi ero trovato in situazioni peggiori.

Sentii una mano posarsi sulla mia spalla e mi voltai di scatto, il braccio sinistro alzato a coprirmi il petto. Mi ritrovai davanti due occhi blu pieni di panico, alla vista dei quali abbassai simultaneamente il coltello. «Kenny, mi hai fatto prendere un colpo.»

Lui si passò una mano fra i capelli, mentre con l'altro braccio continuava a tenere stretta a sé l'amica svenuta di May. «Lo so, scusa, io... Maledizione, non so cosa fare. Non ho il mio arco con me e con il corpo a corpo sono un disastro. Devo proteggere Amber e so che tu devi andare a supportare Rhyme, sei il nostro miglior combattente, ma io...»

«Kenny, ehi. Va tutto bene» lo fermai, prendendolo per le spalle. Mi guardai intorno un paio di volte prima di trascinarlo dietro al bancone di legno, facendo segno anche ad Amber, tremante dietro di lui, di fare lo stesso. Delle ragazze non c'era traccia, ma sperai che Juliette stesse tenendo al sicuro May fino al mio arrivo. Mi accucciai quindi davanti a entrambi, mentre estraevo dalla mia cintura due pugnali. «Non sono molto, ma sono poco rifornito al momento» dissi, facendo una smorfia. «Vi basteranno a proteggervi fino alla fine dello scontro. Non so come andrà a finire, non voglio mentirvi. Potremmo non... non rivederci più dopo questo discorso e io voglio dirvi che, beh, senza di voi sarei stato perso. Quindi, grazie. Di tutto.»

Kenneth abbassò lo sguardo a quelle parole, ma non lo ripresi come avrei invece fatto in una diversa situazione. Aveva dei validi motivi per avere paura, quella volta. Lo attirai a me appena lo sentii singhiozzare e lo strinsi in un abbraccio, le mani affondate nei suoi capelli per impedirgli di staccarsi. «Non abbiamo speranze, vero?» mi domandò dopo un po', tirando su con il naso.

Lo lasciai andare. Passai lo sguardo da lui, con gli occhi lucidi, a sua sorella, che si stava abbracciando le ginocchia con lo sguardo perso puntato a terra. Non avrei mai voluto tirarli di nuovo in una simile situazione, ma c'era uno scopo più alto in gioco, che andava oltre le nostre semplici vite. Tuttavia, sapevo anche che se avessi dovuto perderli, non sarei mai più stato lo stesso. A quel punto sorrisi, le labbra tremanti, ricordando le parole di un Ewan più giovane e con un peso molto minore sulle spalle. «C'è sempre una speranza, Kenny. Possiamo ancora farcela» mormorai.

Dalla luce comparsa nei suoi occhi compresi che anche lui aveva rivissuto lo stesso momento nei suoi ricordi. Ci scambiammo un ultimo sorriso, entrambi sul punto di scoppiare, prima di dividerci, forse per sempre.

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