Capitolo 56

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Lunedì 20 febbraio

Rimasi paralizzata. In piedi, davanti agli scaffali stracolmi di oggetti esotici, con la gola chiusa per lo stupore. Mi sembrava che ogni parte del mio corpo si fosse tramutata in un blocco di marmo, cristallizzata nella sua posizione originaria.

Fowles. Quel cognome lo conoscevo bene. La terza famiglia fondatrice, ormai estinta e dimenticata dai ranghi del Consiglio. Ma, forse, non del tutto svanita.

Non avrei mai immaginato di farne parte. Mia zia mi aveva avvisata del fatto che mia madre fosse una Guardiana, del fatto che fosse scappata per salvarmi, ma ricordavo ancora della sua assenza negli Annali. Avevo pensato che non fosse un membro molto importante della Comunità, se l'avevano eliminata del tutto. Ora comprendevo la verità: il Consiglio aveva preso la sua fuga come un affronto. Non avevano mai creduto alla sua morte. E io avevo reso vano ogni suo sforzo.

«Deve essere uno scherzo» stava borbottando Juliette, quando finalmente ritornai alla realtà. «Non è nemmeno capace di leggere nel pensiero. Non ha i più semplici poteri di un Guardiano. Come può essere una Fowles?»

«Ragazzina, non osare darmi della bugiarda. Te ne pentiresti.»

«Oh, che paura» commentò Juliette, ma questa volta a bassa voce. La padrona del negozio aveva una presenza maestosa, anche senza guardarla. Potevo percepirla, alle mie spalle, in tutta la sua regale e potente aura. Mi voltai lentamente, insicura sulle gambe tremanti, e la guardai negli occhi. Non era vecchia come avevo immaginato. E non era nemmeno la classica signora acida e pettegola. Quella donna non si poteva descrivere a parole, semplicemente perché non esisteva un termine con cui esprimere la forza che emanava da ogni singolo poro. Eppure, era solo una donna di mezza età, con qualche ruga di espressione intorno agli occhi e le sopracciglia aggrottate. Capelli ricci di un rosso sbiadito incorniciavano la sua carnagione pallida, come se non uscisse spesso dal suo negozio. Portava ancora i segni di una bellezza particolare, non esattamente nei più comuni canoni, ma che ispirava forza e mistero. Se non fosse stato per questo dettaglio e per i suoi occhi indagatori sarebbe stata una donna come tutte le altre. Ma non lo era affatto. Era potente, più di quanto sarei mai potuta diventare. Potevo sentire i suoi poteri emettere scosse di elettricità nell'aria.

«Lei... conosceva mia madre?» balbettai.

Margot distese le labbra sottili in un sorriso di scherno. «È quello che ho detto, mi pare. Non sei molto sveglia, per essere sua figlia. Devi aver preso da tuo padre.»

Corrugai la fronte. «Sono solo sorpresa. Non ho mai conosciuto i miei genitori e solo da pochi giorni ho scoperto l'identità di mia madre. Anche se, evidentemente, non sapevo ancora tutto.»

«Non è possibile conoscere tutto di una persona. Avrà sempre un lato oscuro che non ti mostrerà mai. Non credi anche tu, giovane Blackwood?»

Ewan, rimasto fino ad allora in silenzio, si aprì in una risata grondante di ironia, ma non replicò. Forse non la riteneva degna di risposta.

La donna scosse i ricci voluminosi e ci voltò le spalle, dirigendosi verso un panneggio rosso e oro, seminascosto fra due scaffali. Con un segno della mano ci fece segno di seguirla. «Se proprio devo raccontarvi la verità, preferisco farlo con qualcosa sotto i denti. Venite.»

«Venite, venite...» le fece il verso Juliette, cominciando ad incamminarsi dietro di lei. «Siamo qui da due minuti e già la odio.»

«Perchè, esiste qualcuno che non odi?» sbuffò Kenneth, alzando gli occhi al cielo.

«Me stessa, ovviamente.»

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