Mercoledì 1 febbraio
Nella mia mente ci fu come un'esplosione. Rividi davanti agli occhi la scena del mio sogno, le fiamme che mi inghiottivano, una volta dopo l'altra, e il caldo, il caldo che mi aderiva alle ossa, il fumo che mi riempiva i polmoni... il respiro mi si bloccò in gola, come era successo in classe, e boccheggiai in cerca di ossigeno. «Devo... è urgente...» balbettai, e con uno strattone mi liberai dalla presa di Juliette.
Corsi al primo piano, inciampando continuamente con i tacchi che Lyn mi aveva obbligata ad indossare, aggrappandomi al corrimano per non cadere a terra. Raggiunsi il primo piano con il petto che bruciava e i battiti nelle orecchie.
Davanti a me si stendeva un lungo corridoio in ombra. Sui suoi due lati si aprivano innumerevoli porte, tutte identiche fra loro, intervallate da foto d'epoca, in bianco e nero, senza cornici. L'edificio doveva essere molto vecchio, a giudicare dall'organizzazione degli spazi: le camere erano disposte in modo da essere parallele, una di fronte all'altra. Lì, finalmente, trovai il silenzio.
Mi appoggiai al muro, buttando indietro la testa e riprendendo finalmente a respirare. C'erano così tante cose che non capivo... Perchè il sogno stava cominciando a catturarmi anche da sveglia? Perchè era così reale? E perchè cavolo continuavo a combinare guai qualsiasi cosa facessi?! Ero davvero una calamita per le figuracce... Forse sarebbe stato meglio farmi rinchiudere in un ospedale psichiatrico e chiudere con tutta la faccenda. Basta indagini, basta sogni strani...
Sospirai sconsolata. La realtà era che non riuscivo a farne a meno. Volevo sapere cosa mi stava succedendo, se ero effettivamente pazza o se avevo ragione. Ma come avrei potuto capirlo? Mi ero impegnata con tutta me stessa, avevo partecipato ad una festa nonostante la repulsione che mi provocava solo per trovare delle prove, e tutto ciò che avevo ottenuto erano parole misteriose e occhiate indecifrabili.
"Mi arrendo. Non c'è nient'altro che io possa fare..." pensai con rammarico. Mi asciugai una lacrima e feci per tornare di sotto.
Una voce mi fermò, ancora una volta. Chiusi gli occhi. Allora era vero: mi stava seguendo.
«Presto capirai, May. Vorrei che non accadesse, ma so che succederà.»
Lo guardai di sottecchi. Ewan mi osservava dalla soglia di quella che doveva essere la sua camera, appoggiato allo stipite della porta con una spalla, la camicia semiaperta sul collo e gli occhi duri come il ghiaccio. Come una barriera.
«Non eri ad un appuntamento?» lo presi in giro, mentre cercavo di trattenere i singhiozzi. Quando ero arrabbiata mi veniva sempre da piangere, e ciò mi faceva infuriare ancora di più.
Fece un mezzo sorriso. «Non fingiamo. Ormai è inutile. Credo che tu abbia già capito che per questa sera sono troppo occupato per pensare a cose simili.»
Risi con amarezza. «Perché devi controllarmi?»
«Anche.»
Sbuffai. «Beh, hai sprecato il tuo tempo. Non è successo niente di anomalo, mi dispiace.»
«Solo perchè non puoi vedere la realtà dei fatti. Non ancora.»
Stavo cominciando a spazientirmi. Quel ragazzo non faceva altro che confondermi. Continuava a rivelarmi pezzi di verità, mi porgeva la mano dicendo di volermi aiutare per poi ritrarsi e smentire il tutto. Era impossibile da capire, da inquadrare o anche solo da sopportare. «Allora mostramela tu, la realtà dei fatti!»
«Te l'ho detto. Non è ancora il momento giusto.»
Diedi un calcio al muro, irata. Ero stanca, stanca di essere presa in giro, stanca dei suoi commenti criptici e dei suoi sguardi enigmatici. E le lacrime erano davvero difficili da trattenere, negli ultimi tempi. Lo sentii avvicinarsi, lentamente, ed io mi feci ancora più vicina al muro.

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Dreamkeepers
Fantasía«Un mondo di bugie e sotterfugi, dove gli incubi diventano realtà e dove il sangue detta legge. Ecco dove vivo. E dove vivrai anche tu se non mi starai lontana.» Owldale è tutto, fuorché un paese movimentato. Non c'è nulla che riesca a turbare la tr...