Domenica 12 febbraio
Ewan
«Quanto ti pagano per i tuoi servigi, Archiviatore? No, davvero, qualsiasi cifra sarebbe troppo piccola. Non ho mai conosciuto nessuno di tanto efficiente, fra i membri del Consiglio. Ti ordinano di legarmi qui, di punirmi per chissà quale reato e tu stai per farlo, senza nemmeno chiederti se sia giusto. Complimenti, una così cieca fedeltà è quanto mai ammirevole...»
«Faresti meglio a tacere, Blackwood. Potrei provocarti un dolore atroce con un solo pensiero, non ti conviene infastidirmi ulteriormente.»
«Infastidirti? E da quando la mia voce sarebbe fastidiosa? Andiamo, non puoi...»
«Ti ho detto di fare silenzio!»
A quelle parole richiusi la bocca, inclinando il capo in un gesto di innocente quanto falsa confusione. Cercai di trattenere una risata, mentre sostenevo lo sguardo furibondo dell'Archiviatore, fermo davanti a me. Era ridicolo nella sua posa irritata: i piedi, ben piantati a terra, sbucavano al di sotto della lunga tunica solo con le punte, il suo pugno premuto contro la parete tremava visibilmente. Aveva appena colpito quella zona in un moto di rabbia, stanco di sentirmi blaterare a vanvera. Probabilmente pensava fossi soltanto molto stupido, o forse aveva intuito il mio piano, ma in ogni caso era parecchio divertente vederlo alterarsi, vedere la pelle del suo viso colorarsi di un rosso acceso e il suo respiro fuoriuscire brusco come vapore da una teiera.
«Sono felice di averti divertito, moccioso. Ma sarò ancora più lieto quando, fra pochi minuti, sentirò le tue urla di dolore espandersi nell'aria» sibilò alla fine l'uomo, volgendomi le spalle e tornando al suo tavolo. Stava lavorando su un grosso tomo da parecchio tempo, come se stesse rileggendo la procedura da eseguire. Non ero sicuro della mia ipotesi, ma non avevo intenzione di scoprirlo a mie spese, così avevo cercato senza sosta di fargli perdere la concentrazione. Avevo già subito quella punizione, una volta, e non era stato piacevole: per alcuni secondi, che mi erano parsi anni, avevo sperimentato sulla mia pelle e nella mia mente una sensazione tanto orribile da essere paragonabile soltanto alla morte. Avrei preferito mille volte una punizione fisica a quello strazio. Ricordavo ancora quel giorno, ricordavo quelle immagini strazianti, visicide come vermi, che si erano insinuate fra i miei pensieri, si erano annidate fra le ombre e, al momento giusto, erano esplose in tutto il loro orrore davanti ai miei occhi. Mai, mai avrei potuto dimenticare ciò che avevo visto, seppur per così poco. Ed ora che stavo per rivivere quelle sensazioni, forse per un periodo ancora più lungo, la paura era tornata a strisciarmi nelle ossa come un fluido gelido e disarmante.
Come mio solito, ero ricorso al sarcasmo come mia ultima spiaggia. Ci avevo provato, avevo provato a ritardare il momento che mi aspettava, ma sapevo fin da subito che, alla fine, non sarei riuscito a sottrarmici. Mi attendeva poco oltre, sulla soglia di un limbo di buio e di dolore, come la scheletrica figura della Morte attende le anime ormai perdute.
«I tuoi pensieri mi stanno irritando, ragazzino» mi interruppe l'Archiviatore in tono acido. Stava ancora sfogliando il suo libro con movimenti isterici, quasi sul punto di strappare le pagine.
Gli gettai uno sguardo di fuoco, ignorando per un attimo la copertura che mi ero costruito intorno fino a quel momento. Lo odiavo, odiavo tutti quelli come lui: lavoratori instancabili, servi del potere, operatori incoscienti di ingiustizie senza pari, uomini che non si facevano problemi a torturare un innocente fidandosi del giudizio di un singolo individuo, solo perché loro superiore. Il loro silenzio, la loro indifferenza davanti ai problemi dei più deboli, mi disgustavano più di ogni altra cosa. E lui, lui non era diverso.
Dovette percepire la mia rabbia perché mi indirizzò un'occhiata dubbiosa. Cercai di mascherare l'odio che immaginavo mi lampeggiasse ancora negli occhi, ma non ci riuscii granché. L'Archiviatore mi si avvicinò di nuovo, il volume sotto un braccio. Una volta giunto ad un passo dalla sedia a cui ero legato mi costrinse a sollevare il volto, premendo le dita ossute contro le mie guance. «Ti credi migliore di me, non è così?»
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Dreamkeepers
Fantasy«Un mondo di bugie e sotterfugi, dove gli incubi diventano realtà e dove il sangue detta legge. Ecco dove vivo. E dove vivrai anche tu se non mi starai lontana.» Owldale è tutto, fuorché un paese movimentato. Non c'è nulla che riesca a turbare la tr...