Lunedì 20 febbraio
«Basta, io me ne vado.»
«Oh, e dove avresti intenzione di andare, di grazia? Forse Sua Altezza non si è accorta di essere in un altro continente?»
«Ewan, taci. Ovvio, a meno che tu non voglia essere dato in pasto ai piccioni, una volta arrivati a Venezia. In tal caso, continua pure.»
«Molto divertente. Davvero. Esilarante» commentò il diretto interessato, lasciandosi cadere con ben poca grazia sul marciapiede umido. «Sia ben chiaro che non sei l'unica ad essere sul limite della sopportazione.»
Juliette sbuffò, con gli occhi volti al cielo. «Il limite l'ho superato all'incirca un'ora fa, quando la tua Veggente ha sbattuto la sua testa svampita contro la mia bellissima faccia.»
«Ehi, è stato un incidente!» obbiettai, incrociando le braccia sul petto. «E comunque, se voi la smetteste di litigare ogni cinque minuti, forse la mia testa non sarebbe poi così svampita.»
Ero sfinita, e non soltanto per il tempo trascorso seduta su di un sedile duro come un sasso. Più che da questo, dipendeva dai gemelli. Quei due insieme erano insopportabili. Non avevano smesso di rimbeccarsi a vicenda per tutta la durata del viaggio in treno, discutendo di argomenti di fondamentale importanza come, ad esempio, la possibilità di utilizzare uno spazzolino da denti come oggetto contundente. A dir poco entusiasmante. Peccato che io volessi soltanto dormire e recuperare le ore di sonno che avevo perso quella notte. Già, peccato, per me.
Ewan girò un poco il capo, quel tanto che bastava per guardarmi di sbieco. «Come siamo nervosetti oggi.»
«Potrei ucciderti, tanto sono nervosa» concordai.
«Sarebbe interessante vederti provare. Sicuramente più interessante che restare qui ad aspettare come degli idioti.»
Sospirai. «Miles me la pagherà cara. Era tanto difficile trovarci un accompagnatore puntuale?»
«Si sta impegnando molto, per noi. Non è colpa sua» si intromise Amber, appollaiata sull'unica panchina nel raggio di kilometri. Non avevo idea di dove fossimo, di preciso. Sapevo solo che dovevamo trovarci in Francia, in una città che mi sembrava si chiamasse Coquelles, o qualcosa del genere. Non ero mai stata brava con le lingue. Miles ci aveva assicurato che un suo amico sarebbe venuto a prenderci appena arrivati, ma era già passata un'ora da quel momento e ancora non avevamo visto anima viva. Amber sembrava essere la sola a non avere perso ogni residuo di pazienza.
«Effettivamente ha ragione» fece Kenneth, mentre sbadigliava fin quasi a slogarsi la mandibola. Borbottò qualcos'altro fra sé, per poi stendersi addosso alla sorella. Amber roteò gli occhi, ridacchiando. «Sembri un gatto.»
«Perchè sono adorabile?» domandò allegramente il ragazzo.
Ewan storse la bocca in un sorriso malvagio. «No, perché sei capace di dormire ovunque. Dai, alza quel fondoschiena dalla panchina!» disse, per poi tirare con forza l'amico verso di sé.
Kenneth rotolò a terra, mugugnando insulti contro l'altro ragazzo. «Sei un deficiente...»
«Sono molte cose, tra cui una delle sette meraviglie del mondo. Pensavo lo sapessi.»
«Ti renderò una delle sette politiglie disgustose del mondo, allora» replicò il ragazzo dai capelli rossi, trascinando Ewan a terra con sé, nel bel mezzo del prato.
Dovevo ammettere che vederli azzuffarsi come due bambini era adorabile, in un momento di tensione come quello, ma non mi sembrava il caso di farci notare. Mi guardai intorno. Strade macchiate di pioggia, negozi con le vetrine serrate. Nessun passante. Quel posto sembrava deserto.

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Dreamkeepers
Fantasía«Un mondo di bugie e sotterfugi, dove gli incubi diventano realtà e dove il sangue detta legge. Ecco dove vivo. E dove vivrai anche tu se non mi starai lontana.» Owldale è tutto, fuorché un paese movimentato. Non c'è nulla che riesca a turbare la tr...