Capitolo 61

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Martedì 21 febbraio

«Ho un'introduzione da fare, prima di cominciare il mio discorso. Spero di non annoiarvi troppo» ridacchiò Ewan, sistemandosi meglio sulla sedia. Aveva un'espressione imperturbabile di cui non riuscivo a capacitarmi. Era fuggito dalle prigioni? L'avevano liberato? Come poteva essere così tranquillo di fronte a una possibile condanna a morte?

Il Consigliere, d'altro canto, era rosso in volto, i pugni serrati sul tavolo di fronte a lui. La maggior parte dei presenti bisbigliava con i vicini, creando un fastidioso brusio nella grande sala. Potevo sentire distintamente alcuni commenti poco gentili e altri di estremo stupore.

«Come ti pare, Blackwood. Ormai hai reso questa seduta una pagliacciata.»

«Lieto di avere il suo permesso. Come dicevo, questa non è la prima volta che mi ritrovo in questo posto, dalla medesima parte. Mi accusate di cosa, per la precisione?»

Edmund Jones sfogliò alcune carte, per poi rivolgere lo sguardo infuocato ancora in direzione di Ewan. «Tu e la tua famiglia avete sottratto al Consiglio il controllo su un suo membro e avete mentito sulle sue capacità. Inoltre, tu sei accusato dell'omicidio di un Archiviatore.»

Ewan annuì. «Sembra essere esatto. Tuttavia, avrei alcune precisazioni da porre al suo giudizio. Ad esempio, le circostanze in cui il suddetto omicidio è avvenuto. Ero stato sequestrato. Mi avevano legato nei sotterranei di casa Jones, la casa della vostra famiglia, Consigliere. Mi stavano torturando.»

«La procedura era stata approvata dal Consiglio. Meritavi quella punizione.»

Lo sguardo del ragazzo si indurì, sostituendo il sorrisino ironico che aveva tenuto fino a quel momento. Lo osservai di sottecchi, preoccupata per una sua possibile crisi. Se fosse successo qualcosa di simile a due anni prima l'avrebbero ucciso all'istante, ne ero certa. «No, non la meritavo. I Jones hanno usurpato per primi la nostra proprietà. Io ho solo rimesso in equilibrio i patti.»

«Non ne hai le prove, ragazzino» si intromise Alistair con tranquillità.

«Esattamente, Blackwood. Non hai le prove. E noi abbiamo bisogno di prove attendibili» rincarò il Consigliere. Sorrise, incrociando le braccia robuste. «Quindi? Hai finito?»

Ewan era teso come una corda di violino, ma solo io potevo percepirlo. Esternamente sembrava uno dei tanti spettatori all'udienza, indifferente e annoiato. «No di certo. Quindi, voi avete bisogno di prove. Ovviamente i miei ricordi non basterebbero, perché è trascorso troppo tempo, giusto? Nel mio caso sì, anche se dubito trattereste allo stesso modo un vostro consanguineo. Tuttavia, torniamo a noi. Ammetto le mie colpe nel non essere riuscito a trattenere dei poteri che tenevo sopiti da anni, da quando voi stesso, in questo stesso tribunale, mi avete istigato a usarli –»

«Sei solo un bugiardo!» esplose l'uomo. «Se hai ucciso quegli uomini è stata solo colpa tua. Avremmo dovuto eliminarti già da tempo, sapevo che la prigione non ti avrebbe giovato in alcun modo.»

«Oh, mi ha giovato molto, invece. Ho imparato molto su questo mondo, su come funzionano le cose nel Consiglio. Ho anche imparato che sono i richiedenti l'Archiviatore a doversi prendere la responsabilità della sua salute. Non è forse così? Alistair, avresti dovuto prendere ulteriori precauzioni. È risaputo che un Guardiano sotto tortura psichica non è in grado di controllare i suoi poteri. Dunque, volete forse dire che la colpa dell'omicidio è stata mia e non, piuttosto, di chi non si è preso la briga di contenere i danni? Mi risponda lei, Consigliere» concluse Ewan con un sorriso angelico a coprire un ghigno. Ero senza parole per quell'uscita improvvisa. Dove aveva trovato quelle informazioni tutto d'un tratto? Era escluso che ne fosse già a conoscenza.

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