Capitolo 57

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Martedì 21 febbraio

Posai il cucchiaino ancora pulito sul piattino di ceramica, liberando un sospiro sconsolato.

Mezz'ora. Eravamo tutti lì, ormai. Riuniti nel salotto di Margot per una colazione fin troppo abbondante, sembrava che nessuno, tranne me, avesse notato la sua mancanza. Eppure era passata già mezz'ora da quando Juliette, l'ultima di noi, aveva sceso le scale. Ma lui, lui non si era ancora fatto vedere.

Deglutii a vuoto, mentre mi spostavo all'indietro per posare la schiena contro l'imbottitura soffice del divano. Avevo sbagliato qualcosa. Non sapevo esattamente di cosa si trattasse, in realtà, ma provavo nel petto una profonda sensazione di inadeguatezza, come se fossi stata una bambina e mi fossi comportata male davanti ai miei genitori. Con la sola differenza che io non ero più una bambina, non avevo dei genitori e la persona che temevo di aver ferito era lontana anni luce dall'avere un contegno educato.

Mi rendevo conto dell'assurdità dei miei pensieri, ma non potevo fare a meno di avere paura. Paura di perderlo, ora che, finalmente, sembrava avermi concesso di oltrepassare le sue barriere. Paura di rimanere ancora esclusa dal suo abbraccio, lontana dal suo odore, dal suo sorriso sghembo e dalle sue battutine sarcastiche. Era stato tutto così improvviso, talmente inaspettato da renderlo simile ad un sogno. Ed io temevo tanto di risvegliarmi nella dura e cruda realtà. Insomma, andiamo, perché mai Ewan avrebbe dovuto cedere, dopo anni passati a tenere chiunque a distanza di sicurezza dal suo cuore? Perché io avrei dovuto essere diversa?

Ma il problema maggiore era un altro. E se si fosse pentito? E se, dopo avermi baciata, avesse capito di aver compiuto un grave errore? Sarebbe potuto succedere, no? Preso dalla rabbia, sul momento, poteva aver perso il controllo sulle sue azioni. Magari aveva solo voluto sfogarsi. Mi era sembrato così titubante, quasi spaventato...

"E le cose che ti ha detto, May? Quelle come le spieghi?" insinuò la mia voce interiore, sibillina, portandomi a scuotere la testa. Sentivo che mi stava evitando. Non poteva essere altrimenti.

«May? Non mangi?»

Mi riscossi dai miei pensieri, tornando d'istinto ad afferrare il cucchiaino come se, con quello in mano, potessi dare la parvenza di aver mangiato chissà cosa. Ma io avevo lo stomaco chiuso, non potevo farci niente. Tutti quei dolci, solitamente tanto invitanti, e la teiera di tè fumante non facevano altro che stimolarmi la nausea. Dio, sembravo quasi una ragazzina inesperta alla sua prima cotta. Cosa che, pensandoci bene, non era poi così sbagliata.

Distesi le labbra in un sorriso tirato, giusto per camuffare i miei pensieri tormentati. Avevo provato a nasconderli, come mi avevano insegnato a fare durante gli allenamenti, e il fatto che Amber non mi fosse ancora saltata al collo, entusiasta per il mio bacio con Ewan, mi lasciava intendere che i miei poteri stessero funzionando a dovere. «Non ho mai molta fame la mattina. E oggi, in particolare, non ne ho affatto. Sarà per colpa del viaggio, chissà» asserii, nel tentativo di sembrare il più sincera possibile.

Margot tuttavia non scollò i suoi occhi dai miei, per niente convinta. Sotto il suo sguardo mi sembrava sempre di essere nuda, completamente esposta al suo volere. Era una Guardiana potente, avrebbe potuto costringermi a confessare contro il mio volere in meno di un secondo, ma non sembrava intenzionata a farlo. Probabilmente più per rispetto nei confronti di mia zia che dei miei.

Amber si allungò sul divano per posare una mano sul mio ginocchio, con un sorriso rassicurante in volto. «Se non hai fame ora possiamo fermarci a mangiare qualcosa più tardi. Ci sono tante pasticcerie qua in giro.»

«Grazie Amber. Credo... credo che farò così.»

«Sicura di stare bene? Sembri pallida come un lenzuolo» brontolò Juliette dal fondo di una grossa poltrona, mentre sorseggiava il suo tè con noncuranza. Il verde dei suoi occhi fu una pugnalata per il mio cuore confuso, tanto che non riuscii a rispondere con prontezza alla sua domanda. Fortunatamente, a lei non sembrò importare molto, dato che con un'alzata di spalle tornò a dedicarsi alla sua bevanda. Con tutta probabilità mi stava considerando pazza. Non che in altri casi pensasse bene di me, questo è ovvio.

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