CAPITOLO 97

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RODRIGO
Sono tornato a Londra da qualche giorno, ed è come se non mi trovassi più qui, come se mi mancasse qualcosa, e quel qualcosa è proprio lì...
Me ne sono andato da Boston senza avvisarla.  Della mia partenza ne sono a conoscenza solo i suoi zii, e nessun altro.
Non ho voluto riferirle che sarei partito quanto prima, perché non mi andava di vedere nei suoi occhi tristezza, né tanto o meno qualche traccia di lacrime.
Nonostante tutto tra di noi si sia rotto, ma so per certo che non è mai finito.  Qualcosa c'è ancora.  Quel che un giorno era un amore grande, esiste ancora, bisogna solo trovarlo.
Sono tornato a Londra per sbrigare delle carte. 
Sono stato ingaggiato dalla sua famiglia per fare delle ricerche su suo padre, mancheranno ancora poche ore e finalmente saprò la verità.
Da qualche giorno a questa parte, facendo delle ricerche, o come il sospetto che la morte della madre di Tamara sia stata causata da un infarto, a causa di una forte depressione per qualcosa che solo lei sa. 
Da come penso di aver capito, suo marito la ricattava, siccome lei era venuta a conoscenza della sua relazione con una ragazza più giovane.  Ricatti e violenze, sarebbero stati parte della causa della sua morte.
Tutti i miei sospetti prenderanno finalmente vita non appena arriveranno quelle maledette carte, e potrò dire di avercela fatta nel mio intento, ovvero quello di buttarlo in cella,  ovunque esso sia.
Mentre sono nel mio studio ad attendere che arrivino le carte, a scuotere i miei pensieri è proprio il cellulare.
"Pronto?"
"Sono io" dall'altra parte riconosco la sua voce.  Una voce debole, fievole, quasi come se fosse un sussurro.
"È successo qualcosa Tamara?" cerco di mantenere un tono sicuro e tranquillo, ma sono tutto al di fuori che tranquillo in questo momento.
Sentire la sua voce mi fa sempre un certo effetto, soprattutto quando è così triste per chissà quale ragione.
"Ho saputo, perché non me lo hai detto?" sputa d'un tratto. 
Mi immagino la sua espressione, triste e con le lacrime agli occhi, ma nonostante tutto non lo fa percepire...
"Cosa potevo dirti Tamara?  Non siamo più niente, non è mio diritto avvisarti dove vado, quando e con chi" 
Dall'altra parte la sua voce si è frenata, percepisco solo il suo respiro e i suoi sospiri.
"L'ho fatto per non farti stare male.  Oramai il mio posto è qui, io ho una vita qui a Londra, e siccome non mi vuoi più nella tua, e neanche in quella di mia figlia, è giusto sia così" prendo parola.
In fondo ciò che ho detto è vero, stare li mi avrebbe fatto solo del male.
"Sai bene come ci eravamo lasciati l'ultima volta.  Come puoi far finta di nulla dopo quello che è successo?" Questa volta il suo tono è alterato, pieno di rabbia.
Come dimenticare l'ultima volta che ci siamo visti?  Noi due siamo come fuoco e paglia, come benzina e fiamma.. Non appena siamo vicini, bruciamo.
"Non possono aggiustarsi le cose in quel modo Tamara, lo sai anche tu.  Non siamo solo quello.  Io ti ho parlato, mi sono aperto a te, ma sembra che a te tutto ciò non freghi, continui a mettere muri su muri. Magari mi sbaglierò, ma non vuol dire io non sia stato male o che non abbia sofferto quanto te."
"Hai ragione, ma capisci anche me" sospira
"Ti ho capita e mi sono preso le mie responsabilità, ma chi capisce me, Tamara?"
Dall'altra parte cala nuovamente il silenzio, e giuro di sentire dei singhiozzi, spero di essermi sbagliato.

"Dottor Silver, sono arrivate le carte che lei attendeva"  dalla porta d'un tratto entra la mia segretaria
"Lascia tutto qui Carol" le faccio segno sulla scrivania, dopodiché va via dallo studio.

"Va bene allora stacco, buon lavoro"  A ricordarmi di essere ancora al telefono è la sua voce, che dopo aver parlato riattacca immediatamente, senza darmi tempo di proferire parola.
"Beato chi la capisce" sussurro tra me e me.
Dopo essermi preso cinque minuti a fissare quelle carte, finalmente prendo il coraggio e le apro, trovandoci dentro ogni mio sospetto fondato, ogni prova, ogni verità, ogni fonte di certezza, ogni cosa...
"Finalmente, cazzo, finalmente" esclamo, alzandomi dalla sedia e recandomi verso lo studio della mia segretaria.
"Carol, preparami tutti i documenti e le carte sul caso Mekesy, immediatamente" le ordino, entrando nel suo ufficio mentre lei era volgarmente seduta sulla sua poltrona a telefono.
Non appena mi vede, riattacca subito e ritorna dritta sulla schiena.
"Certo dottor Silver, arrivo subito da lei" mi fa uno dei suoi occhiolini ammicanti, dopodiché fa il suo dovere.
Noto come mi ammicca ogni volta, ma ne ho le palle piene. Ammetto di essere stanco di lei, dei suoi modi per farmi cascare ai suoi piedi. Se solo avessi una segretaria nuova, la manderei via a calci in culo.
Qualche ora dopo, il mio turno è terminato, e finalmente ritorno a casa..
"Ragazzo, era ora" mio padre è seduto sul divano a leggere una delle sue riviste.
"Ho un caso molto particolare tra le mani, che mi sta a cuore e devo fare il possibile per portare risultati" dico in tono determinato, quasi con rabbia.
Da me dipende ancora una volta la sua felicità.  Sapere che suo parte sia la causa della morte di sua madre, la renderebbe triste, questo si, ma scoprire che verrà arrestato grazie a me, penso sia un sollievo...
"Oh Vedo che ti stai dando da fare ragazzo, sono orgoglioso di te" mio padre si alza dal divano e mi da una pacca sulla spalla, sparendo poi di sopra...
Dopo un pò decido di chiamare le persone interessate di più al caso, ovvero la famiglia di Tamara...
"Dottor Silver, come mai chiama a quest'ora?" la voce profonda del signor Arci non tarda a rispondere.
"Arci, ho le carte, i sospetti di cui ti parlavo, si sono fondati del tutto" sorrido fra le parole.
"Davvero?  E quindi questo cosa significherebbe?"
"Che ben presto quel bastardo dovrà vedersela col carcere" ridacchio vittorioso.
"wow wow wow, che notiziona" lo sento ridacchiare.. "Lei sa niente?"
"Non ancora, non le ho ancora parlato di nulla. Vorrei essere io a farlo se mi permette"
Non vorrei essere la causa di un'altra mancanza di rispetto, non ancora, non di nuovo...
"È giusto così, la devo lasciare ora.
La ringrazio per tutto Dottor Silver, ci vediamo presto qui" ci salutiamo, per poi attaccare.
Tra qualche giorno ritornerò a Boston, per procedere con la ricerca e subito dopo procedere per l'arresto.
Prima di tutto, però, devo parlare con lei, devo informarla di ciò che sta accadendo...
"Pronto?" dall'altra parte, oltre la sua voce, sento dei mormorii, segno che non è sola.
"Tamara, sono io"
"Hai cambiato numero?"
"È di mio padre. Comunque ti ho chiamata perché devo parlarti"
"Un attimo" ..."Ragazzi vado un attimo di sopra, torno subito.  Sasha fai mangiare Aisha per favore" la sento dire, dopodiché ritorna a parlare con me....
"Di cosa si tratta Rodrigo?"
"Di tuo padre" sputo tutto d'un fiato.
Ho paura di come potrà prenderla questa volta.

Quando Meno Te Lo AspettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora