Capitolo 5

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71 giorni prima

«E saraaai, veloce come veloce è il ventooooo! Un uomo vero senza tiiimooooreeee!»

«Oli, ti prego.» lo supplicai fingendo un pianto, seduti sulla spiaggia verso mezzogiorno.

«Potente come un vulcaaaano attivoooo!» continuò lui a cantare imperterrito. «Mulan, Tommo! Mulan è un must, quella canzone è troppo bella! E dopo che l'ho risentita ieri sera, non riesco a togliermela dalla testa.»

Sbuffai roteando gli occhi al cielo, e poi cominciai ad ignorarlo per concentrarmi su Ariel che aveva appena preso un'onda.

Era da sola questa volta a cavalcarla, ed era decisamente enorme!

Si mosse armoniosa e veloce sulla cresta, e stavo per mettermi due dita in bocca per fischiarle in segno d'approvazione quando con un movimento brusco ed imprevisto, cadde in acqua e l'onda la sommerse.

Mi alzai rapidamente in piedi e, con una mano davanti agli occhi per coprirmi dal sole, cominciai ad osservare la distesa d'acqua aspettando che riaffiorasse sana e salva.

«Che è successo?» mi chiese Oli, scattando affianco a me.

«Ariel. È caduta.» spiegai meccanicamente.

La cercai con gli occhi per tutto il tempo, e più passavano i secondi più cominciavo a preoccuparmi; quando vidi due sagome lontane che riconobbi come Chase e Lola avvicinarsi verso il punto in cui era caduta Ariel, cominciai seriamente ad andare nel panico e mi avvicinai a riva.

Esattamente un secondo dopo, Ariel riaffiorò prendendo una boccata d'aria a pieni polmoni ed io mi ritrovai a fare lo stesso, con una mano sul petto per lo spavento.

La sentii urlare qualcosa che non capii in direzione dei suoi amici, e quando cominciò a nuotare verso riva mi accorsi che stava piangendo.

«Ariel!» la chiamai, avanzando un po' per andarle incontro.

I suoi singhiozzi si fecero più udibili quando fu solo a pochi metri di distanza da me.

«Ti sei fatta male?» le chiesi, preoccupato. «Perché stai piangendo?»

Quando, invece di rispondermi, si alzò in piedi, lo capii; nella mano destra reggeva un pezzo della sua tavola, esattamente spaccata a metà.

Uscì dall'acqua e la lanciò sulla sabbia, poi piegò un ginocchio e si slacciò il laccio che le teneva la caviglia legata all'altro pezzo di tavola.

Lanciò con rabbia tutto lontano, con le lacrime che le arrivavano alla gola ormai, ed io la guardai incapace di dire o fare qualsiasi cosa.

«Ariel...» ripetei solamente in un sussurro, avvicinandomi di un passo per prenderle il braccio.

«No.» disse bruscamente, ma quando si girò a guardarmi la sua espressione si addolcì un pochino. «Lasciami da sola, per favore.» mi pregò, e subito dopo avanzò lungo la spiaggia ed uscì da essa, dirigendosi chissà dove con le braccia conserte, il volto basso e il petto che sussultava ad ogni singhiozzo.

Chiamai Calvin e noleggiai una jeep decappottabile, molto usate nell'isola.

«Cosa diavolo vuoi fare?» mi chiese quando parcheggiai davanti ad un negozio di tavole da surf. «Non credo si possano aggiustare, queste cose.»

Balzai giù senza neanche aprire la portiera, e mi fiondai dietro per scaricare i due pezzi della tavola di Ariel.

«Vuoi semplicemente aiutarmi senza fare domande?» feci innervosito. «Porta dentro l'altro pezzo.»

Haze||Louis TomlinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora