La dottoressa Blake era una donna sulla quarantina, bionda, con una coda di cavallo alta sulla testa e gli occhi azzurri. Sembrava leggermente più giovane della dottoressa Anderson ma senza dubbio aveva un'aria molto più seria e professionale di quest'ultima.
«Ariel!» mi sorrise raggiante non appena varcai la soglia del suo studio, tentennando.
Si alzò in piedi e mi strinse subito la mano, prima che mi indicasse la sedia davanti alla scrivania e mi dicesse di accomodarmi.
«Facciamo due chiacchiere prima, okay?» mi disse, cercando di mettermi subito a mio agio, nonostante sapessi che le "due chiacchiere" non riguardassero argomenti frivoli.
Aprì la cartelletta che le diedi e cominciò a controllare le ecografie precedenti per poi leggere i vari esiti degli esami, con la fronte leggermente corrucciata per la concentrazione.
«Avevi un ciclo regolare prima dell'incidente?» mi chiese, tenendo gli occhi sui fogli.
«Sì.» mi schiarii la gola. «Negli ultimi due anni prendevo la pillola, ma l'avevo cominciata con il solo scopo anticoncezionale, non avevo alcun problema che mi portasse a prenderla.»
Lei annuì lentamente, chiedendomi varie cose tra cui se prima della pillola mi ricordassi se il ciclo mi venisse regolarmente ogni ventotto giorni o avessi un tempo di un mese esatto, fino a terminare con il chiedermi il nome della pillola che avevo assunto in passato. Risposi a tutte le domande, comprese quelle riguardanti l'ultimo periodo e sui sintomi di questo mese in cui stavo aspettando il ciclo, i quali erano completamente assenti: neanche un leggero mal di pancia.
«Va bene, Ariel.» mi disse infine, chiudendo la cartelletta per poi sorridermi e alzarsi in piedi. «Ti chiedo di prepararti e stenderti sul lettino. Puoi svestirti dietro quel paravento.»
Feci come mi disse, lasciando i vestiti nel luogo apposito per poi tirarmi più giù la maglietta lungo le cosce per coprirmi il più possibile le parti intime, mentre attraversavo la stanza e mi sedevo sul lettino.
«Ti faccio appoggiare una gamba qui e l'altra qui.» mi disse, indicando con l'indice le due strutture rialzate poste rispettivamente a destra e a sinistra del lettino, continuando a sorridermi dolcemente per cercare di mettermi a mio agio. «Ti vedo molto agitata.» mi disse infine, mentre si infilava i guanti in lattice. «Cerca di rilassarti, Ariel. Okay?»
Annuii velocemente, chiudendo gli occhi per prendere un lungo e profondo respiro, cercando di calmare il battito accelerato del mio cuore. Tra pochi minuti avrei avuto il verdetto: tra pochi minuti avrei saputo se potevo definitivamente dire addio al costruire una famiglia con Louis, oppure no.
Mi avrebbe voluta ancora, una volta che non avrei potuto dargli dei figli? No, mi avrebbe sicuramente lasciata. Era un problema troppo importante, e il desiderio di Louis di volere altri figli era troppo grande per poter semplicemente passare sopra ad una cosa del genere.
In cuor mio, in fondo, ero talmente preoccupata per questa cosa che quasi speravo di avere già qualcosa che stava crescendo nel mio ventre; io e Louis avevamo avuto un rapporto completo senza alcuna protezione, un rischio, anzi, una vera e propria certezza di gravidanza per qualunque ragazza sana e fertile della mia età.
Quasi, nonostante fossi ancora giovane e per niente pronta a diventare madre, preferivo questo, ad una impossibilità di avere figli in futuro. E sapevo che era lo stesso per Louis.
Non ne avevamo parlato apertamente, ma era perfettamente a conoscenza del fatto che potesse esserci una possibilità che io potessi rimanere incinta, nonostante il mio ciclo ballerino, nel momento in cui aveva acconsentito a farlo senza precauzioni. Quindi, in fondo, sapevo anche che Louis non avrebbe proprio disapprovato se fossi rimasta incinta, anzi; voleva un altro figlio e lo voleva con me. Che fosse adesso o tra cinque anni, poco importava per lui.
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Haze||Louis Tomlinson
FanfictionMi chiamo Ariel Reed e ho ventidue anni. Vivo a Brisbane, in Australia, e sono stata in coma per nove mesi in seguito a un incidente. Mi sono ripresa abbastanza bene, il mio cervello non ha nessun difetto; riesco a fare tutte le cose che mi servono...